Ritardi nei visti per scienziati: un freno alla ricerca e all’innovazione

Settembre 29, 2025 - 19:00
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Ritardi nei visti per scienziati: un freno alla ricerca e all’innovazione

Il Regno Unito è storicamente considerato uno dei principali poli globali per la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica. Le sue università di eccellenza – come Oxford, Cambridge, Imperial College e UCL – attirano ogni anno migliaia di ricercatori provenienti da tutto il mondo. Tuttavia, negli ultimi mesi, la comunità scientifica britannica sta lanciando un forte allarme: i ritardi nei processi di approvazione dei visti per studiosi stranieri stanno minando la capacità del Paese di rimanere competitivo nella corsa globale per il talento scientifico.

Il ruolo dell’Academic Technology Approval Scheme (ATAS)

Uno dei principali ostacoli è legato al programma ATAS (Academic Technology Approval Scheme), un sistema di autorizzazione che richiede ai ricercatori stranieri che lavorano in ambiti scientifici sensibili – come l’ingegneria, la fisica, la chimica e la biotecnologia – di ottenere un’approvazione aggiuntiva dal governo britannico.
L’obiettivo dell’ATAS è prevenire che competenze e tecnologie strategiche possano essere utilizzate per scopi militari o di proliferazione di armi.

Sebbene la finalità di sicurezza nazionale sia comprensibile, il processo burocratico è diventato sempre più lento e complesso. Secondo dati raccolti da alcune università, i tempi di attesa, che in teoria dovrebbero essere di 30 giorni, si sono allungati fino a tre o quattro mesi, con conseguenze dirette sull’inizio dei progetti di ricerca.

Molti candidati si trovano così costretti a rinunciare alle offerte ricevute, preferendo Paesi che offrono procedure più snelle e prevedibili, come Germania, Paesi Bassi, Canada e Stati Uniti.

L’impatto sulle università e sull’economia britannica

Le università britanniche sottolineano che questi ritardi non sono solo un problema amministrativo, ma rappresentano una minaccia strategica per l’economia e la reputazione scientifica del Paese.
La ricerca scientifica è uno dei settori di punta del Regno Unito: il comparto “life sciences” da solo genera circa 94 miliardi di sterline l’anno, mentre l’industria tecnologica e farmaceutica dipende fortemente dalla presenza di ricercatori altamente qualificati.

Secondo Universities UK, l’associazione che rappresenta gli atenei britannici, il rallentamento dei visti sta già producendo effetti tangibili:

  • Progetti di ricerca internazionali vengono posticipati o cancellati, con perdita di finanziamenti da parte dell’UE, di partner industriali e di organizzazioni globali.
  • Gli studenti stranieri di dottorato scelgono sempre più spesso altre destinazioni per la loro formazione, riducendo le entrate derivanti dalle tasse universitarie internazionali, una voce cruciale nei bilanci degli atenei.
  • La reputazione del Regno Unito come hub scientifico globale viene messa in discussione, favorendo la concorrenza di Paesi emergenti come Singapore o Corea del Sud.

Un recente rapporto stima che, se il problema non verrà risolto, il Regno Unito rischia di perdere centinaia di milioni di sterline in investimenti nei prossimi tre anni, oltre a migliaia di posti di lavoro altamente qualificati.

Casi concreti: quando la burocrazia frena la scienza

Le testimonianze raccolte da ricercatori e università dipingono un quadro preoccupante.
Un biologo molecolare proveniente dall’India, vincitore di una prestigiosa borsa di studio presso l’Università di Cambridge, ha dichiarato di aver atteso oltre 100 giorni per l’approvazione dell’ATAS, perdendo la possibilità di iniziare il suo progetto nei tempi previsti. “Alla fine ho dovuto rinunciare e accettare un’offerta da un’università tedesca”, ha raccontato.

Un altro caso riguarda un progetto europeo nel campo delle energie rinnovabili, coordinato dall’Imperial College di Londra, che ha subito un ritardo di sei mesi a causa dell’impossibilità di far arrivare in tempo i ricercatori stranieri coinvolti. Questo ha portato alla perdita di parte dei finanziamenti europei, con grande frustrazione dei partner industriali.

Le cause del problema

Gli esperti individuano diverse cause che contribuiscono a questi ritardi:

  1. Brexit e fine della libertà di movimento – Dopo l’uscita dall’Unione Europea, anche i ricercatori europei devono affrontare procedure di visto più lunghe e complesse rispetto al passato.
  2. Aumento della domanda di ATAS – Con l’espansione di settori strategici come l’intelligenza artificiale e la biotecnologia, il numero di richieste è cresciuto rapidamente, ma le risorse dedicate alla gestione del programma non sono state potenziate.
  3. Controlli di sicurezza rafforzati – Il governo britannico ha intensificato i controlli per prevenire la fuga di tecnologie sensibili verso Paesi considerati a rischio, aumentando i tempi di verifica.
  4. Carenza di personale nei dipartimenti governativi – Tagli di budget e difficoltà di reclutamento hanno ridotto l’efficienza delle strutture che gestiscono le autorizzazioni.

Le richieste delle università e della comunità scientifica

Universities UK e altri organismi di rappresentanza chiedono al governo una serie di interventi urgenti:

  • Snellire le procedure ATAS, introducendo canali prioritari per progetti finanziati da enti di ricerca prestigiosi come UKRI o Horizon Europe.
  • Aumentare il personale dedicato alla gestione delle richieste, per ridurre i tempi di attesa a un massimo di 30 giorni.
  • Maggiore trasparenza sui criteri di valutazione e sulle tempistiche, così che ricercatori e università possano pianificare meglio i progetti.
  • Creare un sistema di visto speciale per i ricercatori di eccellenza, simile a quello adottato da altri Paesi, che riconosca il valore strategico di queste figure per la crescita economica e scientifica.

Le implicazioni future

Se il problema non verrà risolto rapidamente, il Regno Unito rischia di vedere eroso il proprio ruolo di leader scientifico globale. In un contesto di competizione internazionale crescente, talenti e investimenti si sposteranno verso Paesi che offrono un ambiente più accogliente e dinamico.
La ricerca scientifica non è solo un settore economico, ma rappresenta anche un elemento chiave per affrontare sfide globali come il cambiamento climatico, la salute pubblica e la sicurezza alimentare.

Come ha dichiarato la professoressa Sarah Mitchell, vice-rettore di una delle principali università britanniche:

“Ogni ritardo nella concessione di un visto non è solo una perdita per l’università, ma per l’intero Paese. La scienza è una corsa globale e chi si ferma, anche solo per pochi mesi, rischia di essere superato.”

Il Regno Unito ha costruito la sua reputazione scientifica su apertura, collaborazione internazionale e attrazione dei migliori talenti.
Oggi, però, queste fondamenta sono messe alla prova da barriere burocratiche che rischiano di trasformarsi in un freno allo sviluppo. Affrontare rapidamente i ritardi nei visti non è solo una questione amministrativa, ma una scelta strategica per il futuro del Paese, per garantire che Londra, Cambridge, Oxford e tutte le altre città universitarie rimangano centri di innovazione e scoperta a livello mondiale.

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Redazione Redazione Eventi e News