Robert Redford: in pochi sanno quello che ha fatto per gli animali e oggi dobbiamo ricordarlo più che mai

Ci sono storie che raccontano un uomo oltre la sua carriera, momenti che rivelano passioni e battaglie che hanno accompagnato tutta la vita.
Appena si nomina Robert Redford, la mente corre subito al mito del cinema, all’attore e regista che ha lasciato il segno a Hollywood.
Eppure, lontano dalle luci e dai tappeti rossi, c’era un uomo che cercava la sua serenità in mezzo ai cavalli. Con la sua scomparsa, il 16 settembre 2025 a 89 anni, è riemerso con forza quel lato più intimo della sua vita: l’amore sincero per gli animali e l’impegno costante nel difenderli.
Le prime emozioni di un bambino curioso: ecco cosa faceva davvero Robert Redford
Non era nato in un ranch e non veniva da una famiglia abituata ai cavalli. Eppure, da bambino, Robert aveva provato un’attrazione irresistibile. Raccontava che il primo contatto fu quasi banale: un giro su un pony, accompagnato da un addetto.
Nulla di speciale agli occhi degli altri, ma per lui fu come aprire una porta che non si sarebbe mai più chiusa. Crescendo, quella curiosità divenne voglia di avvicinarsi davvero al mondo equestre. A quindici anni, durante un’estate in Colorado, iniziò a lavorare in una stalla: non per soldi, ma per imparare. Puliva, strigliava, osservava. Non cercava soltanto l’ebrezza della cavalcata, ma la relazione silenziosa fatta di fiducia e rispetto.
L’incontro con Rising Star
La svolta arrivò anni dopo, sul set del film “The Electric Horseman”. Accanto a lui c’era un cavallo, Rising Star, che colpì profondamente l’attore. Finite le riprese, non riuscì a separarsi da lui e decise di portarlo a casa. Restarono insieme per quasi vent’anni, un legame che andava oltre il semplice ricordo di un film.
Poco tempo dopo, Redford acquistò un ranch nello Utah, circa trenta acri di terra ribattezzati Horse Whisper Ranch. Lì i suoi cavalli potevano riposare durante l’inverno e lì lui trovava la sua fuga dai rumori di Hollywood.
Non è un caso che uno dei suoi film più celebri, “L’uomo che sussurrava ai cavalli”, fosse proprio dedicato a questa relazione speciale. Redford lo interpretò e lo diresse nel 1998, mostrando al mondo come il rapporto tra uomo e cavallo non fosse solo sport o spettacolo, ma comunicazione profonda. Più che un film, era una dichiarazione d’amore a uno stile di vita semplice, fatto di ascolto e natura.
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La lotta contro i macelli
Accanto alla carriera artistica, Redford ha sempre alzato la voce per difendere i cavalli destinati al macello. Parlava di loro come di simboli di libertà, parte integrante della storia americana. Riteneva inaccettabile che venissero abbattuti per il consumo umano e per anni ha sostenuto leggi e campagne per fermare questa pratica crudele. Per lui non era solo una battaglia animalista, ma una questione di dignità: “Non possiamo tradire chi ci ha accompagnati per secoli”, ripeteva.
Oggi il suo ricordo non appartiene solo agli appassionati di cinema. Vive anche in ogni cavallo che ha amato, nei ranch in cui ha lasciato il cuore e nelle battaglie che ha combattuto.
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