Scarsa manutenzione stradale: il Comune deve risarcire

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Le amministrazioni sono sempre più in ristrettezze, ma questo non significa che non continuino ad essere responsabili verso i propri cittadini: in caso di scarsa manutenzione stradale il Comune deve risarcire i danni subiti.
Già perché ai Comuni si impongono delle priorità ed una di queste è la salute pubblica. Sta di fatto che il Tribunale di Lecce ha recentemente emesso una sentenza che farà giurisprudenza a favore di molti cittadini, ma anche frequentatori occasionali, turisti, che si sentono in pericolo, soprattutto anziani che debbano percorrere le strade più malmesse e poco illuminate. La sentenza ha condannato il Comune per la caduta di un pedone, la motivazione è stata la responsabilità oggettiva del custode.
La sentenza
Un marciapiede buio e un gradino nascosto possono costare caro a un’amministrazione comunale. Con una recente sentenza, nello specifico la n. 2380 del 31 luglio scorso, il Tribunale di Lecce ha condannato un Comune a un cospicuo risarcimento danni in favore di un pedone caduto su di un gradino di un marciapiede invisibile per la scarsa illuminazione, in un angolo al buio. Il Comune è stato ritenuto responsabile dell’accaduto. la motivazione è stata sviscerata in una doppia motivazione: un dislivello non ben manutenuto presente nella pavimentazione, una non sufficiente illuminazione pubblica.
I fatti
La ‘storia’ riguarda un incidente avvenuto in orario ormai notturno e in una nota località costiera, che in estate vive di turismo balneare. Un pedone è inciampato su uno scalino di circa quindici centimetri, che di fatto era impossibile da vedersi a causa di un “cono d’ombra” proiettato dai lampioni. Il tribunale, acquisite le varie perizie tecniche, ha individuato in questa situazione una vera e propria insidia stradale, con l’aggravante di essere localizzata in una zona molto frequentata da turisti, quindi da persone che solo occasionalmente percorrono quel tratto e non ne conoscono le insidie.
Qual è la norma di riferimento che ha determinato la sentenza?
La sentenza del tribunale ha quale riferimento normativo l’articolo 2051 del Codice civile, che disciplina la responsabilità derivante da ‘cose’ in custodia che causino danni ad altri. La responsabilità a cui fa riferimento la norma citata è ‘oggettiva’ vale a dire non serve vi sia prova di qualche colpa o negligenza del Comune.
In questo caso basta che il danneggiato possa dimostrare il nesso causale tra la “cosa”, nello specifico il marciapiede difettoso e buio e il danno subito, in questo caso la caduta e le lesioni dimostrate da cartelle cliniche e da registro del pronto soccorso. Inoltre, secondo il Giudice, non si è trattato di un “caso fortuito”, ovvero un evento che l’amministrazione comunale non poteva prevedere né di un accadimento inevitabile, di conseguenza niente scusanti e piena responsabilità per l’Ente.
Qual è stata l’entità del risarcimento?
Da queste considerazioni è derivato l’accoglimento della domanda ed il riconoscimento per l’infortunato di un risarcimento complessivo di oltre 11mila euro. Il Giudice ha quotato questa somma tenendo conto di due livelli di danneggiamento alla vittima. Ha inserito un valore di circa 8.800 euro per il danno non patrimoniale, calcolato sulla base di un’invalidità permanente del 4%. Ha poi sommato altri 2.900 euro per il danno patrimoniale, relativo a spese mediche e altre perdite economiche conseguenti all’infortunio.
Le motivazioni del giudice
Secondo la sentenza (n. 2380/2025), la responsabilità dell’ente è evidente sotto più profili. Il Comune, in qualità di custode della strada e del marciapiede, avrebbe dovuto prevedere la potenziale pericolosità del dislivello. Aveva quindi il dovere di intervenire per rimuovere l’anomalia, riparando la pavimentazione. Nelle more dell’intervento, avrebbe dovuto quantomeno installare un’idonea segnaletica di preavviso o delle barriere di sicurezza, specialmente considerando l’alta frequentazione dell’area.
La disattenzione del pedone ha cambiato le cose?
Inutile la strategia difensiva del Comune che aveva puntato il dito contro il pedone, accusandolo di negligenza e chiedendo l’applicazione del concorso di colpa anche in fase risarcitoria. Anche questa eccezione avanzata dall’Ente risulta respinta. Infatti a discolpa del pedone, il cui comportamento è stato ritenuto ininfluente sono state acquisite fotografie e testimonianze della scena dell’evento.
Proprio sulla base di queste informazioni raccolte e delle fotografie prodotte, il giudice ha ritenuto che il gradino andasse definito una ’insidia nascosta’, non visibile né prevedibile in termini di possibili danni, proprio a causa della scarsa illuminazione. A nulla sarebbe bastata la cosiddetta ‘ordinaria diligenza’ nel comportamento del passante, proprio perché in la pericolosità del luogo non era immediatamente percepibile.
Uno dei precedenti più diretti
Sempre a Lecce, in località Spiaggiabella la cronaca locale aveva riportato con grandi titoli di giornali una notizia simile.Il Comune di Lecce era stato condannato, doveva risarcire un’anziana caduta in bici in una buca piena d’acqua. Era il non troppo lontano pomeriggio del 15 novembre del 2018. Intorno alle ore 16.30, lungo via Itaca nella marina di Spiaggiabella quando una signora di 80 anni aveva riscontrato diverse fratture a seguito di una caduta.
Per l’anziana erano davvero pochi dubbi sulla causa dell’incidente, visto che la signora era solita percorrere lunghi tratti in bici. Gli accertamenti hanno individuato la colpa nella presenza, proprio in quel tratto stradale di un danno stradale. Su via Itaca Lido i tecnici hanno riscontrato un dislivello dovuto a un profondo taglio longitudinale, che l’amministrazione non aveva né segnalato né adeguatamente restaurato.Al sopravvenire della signora in bici, il danneggiamento era nascosto da acqua piovana che non permetteva di vedere la reale pericolosità della buca.
Un grande risarcimento
La prima sezione civile del tribunale di Lecce ha condannando l’amministrazione comunale a risarcire l’anziana con oltre 51mila euro. La tesi secondo la quale una signora anziana e con una vista non più perfetta non doveva avventurarsi in bivcicletta, tesi del tutto negata dalla giudice: “Se una simile tesi fosse corretta – si legge in uno dei passaggi chiave della sentenza – si affermerebbe che una persona anziana, ancora in condizioni fisiche idonea a farla andare in bicicletta, si debba astenere dall’uso del mezzo a causa della presenza di dislivelli su cui il Comune ha omesso di intervenire”.
Fondamentali per il giudizio finale, anche in questo caso, prove testimoniali e fotografiche.
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