PNRR e transizione verde: il “tagging climatico” entra anche nella sanità

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Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) non rappresenta soltanto la più grande iniezione di risorse pubbliche della storia recente italiana, ma è anche – e soprattutto – un banco di prova per la coerenza delle politiche nazionali con le grandi priorità dell’Unione Europea. Tra queste, la più stringente è senza dubbio la transizione ecologica, che la Commissione europea ha voluto garantire attraverso un meccanismo tecnico ben preciso: il “tagging climatico”.
Un vincolo europeo che cambia la progettazione
Il regolamento europeo che disciplina lo strumento del Recovery and Resilience Facility ha fissato un obiettivo chiaro: almeno il 37% delle risorse totali del PNRR devono essere destinate a misure con impatto positivo sugli obiettivi climatici. Non un impegno generico, ma un parametro numerico preciso, sottoposto a verifica da parte della Commissione a ogni richiesta di erogazione delle tranche di finanziamento.
Per rispettare questa condizione, ogni investimento deve essere classificato secondo il sistema di tagging climatico, che assegna un coefficiente in base al contributo offerto alla mitigazione o all’adattamento ai cambiamenti climatici:
- 0% se non vi è alcun contributo;
- 40% se il progetto dà un contributo parziale, ad esempio migliorando l’efficienza energetica senza eliminare del tutto le emissioni;
- 100% se l’intervento è pienamente orientato agli obiettivi climatici, come nel caso delle fonti rinnovabili o della riqualificazione energetica profonda.
Questo schema, apparentemente semplice, ha conseguenze rilevanti sul modo in cui vengono concepiti, progettati e realizzati gli interventi PNRR in Italia.
Il legame con il principio DNSH
Il tagging climatico non può essere letto isolatamente. È infatti parte integrante del più ampio principio DNSH (Do No Significant Harm), che obbliga ogni misura a dimostrare di non arrecare danni significativi all’ambiente.
Un progetto può anche avere coefficiente 0% – e quindi non contribuire alla transizione verde – ma non può in alcun modo peggiorare la situazione ambientale, generando nuove criticità.
Il DNSH si articola su sei criteri ambientali, ma due sono particolarmente rilevanti:
- Mitigazione dei cambiamenti climatici, che impone di evitare o ridurre le emissioni di gas serra;
- Adattamento ai cambiamenti climatici, che richiede di non aumentare la vulnerabilità di persone e infrastrutture a eventi estremi come alluvioni, ondate di calore o siccità.
Questo significa che anche settori apparentemente lontani dall’ambiente, come la sanità o la giustizia, devono essere progettati in una logica di sostenibilità.
Le Case di Comunità: sanità e sostenibilità a confronto
Uno dei capitoli più rilevanti del PNRR italiano riguarda il rafforzamento della sanità territoriale. Le Case di Comunità, previste in ogni regione, sono pensate come presidi di prossimità per garantire assistenza multidisciplinare, prevenzione e presa in carico dei pazienti.
Dal punto di vista sanitario, il valore di queste strutture è indiscutibile. Ma cosa accade se le guardiamo con gli occhi del tagging climatico?
Funzione sanitaria: coefficiente 0%
Se ci si limita a considerare la funzione socio-sanitaria, le Case di Comunità rientrano nel campo di intervento “infrastrutture per servizi sanitari” e ottengono un coefficiente 0%. Non contribuiscono direttamente né alla mitigazione né all’adattamento climatico.
Questo non significa che siano penalizzate: significa semplicemente che, nella contabilità europea, queste risorse non possono essere conteggiate nel raggiungimento del famoso 37%.
La svolta energetica: dal 40% al 100%
Lo scenario cambia radicalmente se la costruzione o ristrutturazione di una Casa di Comunità integra misure di efficienza energetica e sostenibilità ambientale.
Un edificio sanitario progettato come NZEB (Nearly Zero Energy Building), dotato di:
- impianti fotovoltaici integrati,
- pompe di calore ad alta efficienza,
- cappotto termico e infissi a taglio termico,
- sistemi domotici per la gestione intelligente dei consumi,
- soluzioni di resilienza climatica come drenaggi per prevenire allagamenti o schermature solari per ridurre il fabbisogno di raffrescamento,
può veder riconosciuta una parte rilevante della spesa con coefficiente 40% o addirittura 100%, a seconda del livello di ambizione e del campo di intervento in cui viene riclassificata la componente energetica.
La lezione del tagging climatico
Il caso delle Case di Comunità mostra bene che il tagging climatico non è solo un esercizio burocratico. È uno strumento di orientamento delle politiche pubbliche: obbliga amministrazioni e progettisti a pensare ogni investimento non solo in termini di funzione primaria (la salute, in questo caso), ma anche di coerenza con le grandi priorità ambientali.
Non tutte le opere del PNRR nascono per ridurre le emissioni o aumentare la resilienza. Ma tutte possono essere progettate in modo da non fare danni e, quando possibile, da contribuire attivamente.
In definitiva, la sfida del PNRR non è solo spendere bene le risorse, ma trasformare ogni progetto – anche una Casa di Comunità – in un tassello della transizione ecologica. Solo così l’Italia potrà rispettare gli impegni europei e, soprattutto, costruire infrastrutture che siano davvero a prova di futuro.
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