Soncini: «La sinodalità per un laicato maturo e competente»

Settembre 20, 2025 - 08:00
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Soncini: «La sinodalità per un laicato maturo e competente»

L’Arcivescovo, nella sua Proposta pastorale, affronta il tema dell’autorità nel contesto di una Chiesa che vuole essere sinodale. Come coniugare questo rapporto da sempre complesso? «La Proposta centra l’attenzione sull’esercizio dell’autorità, che generalmente viene interpretata in relazione al presbitero, con una dinamica sinodale che si riferisce al processo di ascolto e di discernimento del popolo di Dio. La questione è affrontata nel capitolo terzo, delineando l’idea che un’accentuazione sulla sinodalità possa, in qualche modo, sminuire la funzione del presbitero. Rispetto a questo sospetto e dubbio, l’Arcivescovo dice chiaramente che la sinodalità, al contrario, esalta la funzione del sacerdote e non la mortifica»: Valentina Soncini, docente e segretaria del Consiglio pastorale diocesano, avvia da questo punto fermo la sua riflessione riguardo al tema della relazione tra autorità e sinodalità, richiamando il Documento finale del Sinodo dei Vescovi, cui fa costante riferimento anche l’Arcivescovo nelle sue pagine.   

La sfida è riuscire ad andare oltre i personalismi nell’esercizio dell’impegno nella Chiesa?
Mi sembra che i passaggi che vengono identificati siano molto chiari: c’è una dimensione di ascolto e di discernimento dell’autorità, che è preparatoria ed è la possibilità che l’autorità stessa svolga il suo ruolo di sintesi e di deliberazione. Il documento mi sembra che metta in luce bene questo punto quando dice che, talvolta, vi è un fraintendimento tra la funzione consultiva e deliberativa degli organi di partecipazione ecclesiale, quasi che il consultivo significasse: si può anche ascoltare, ma a deliberare, poi, ci pensano altri. Quando invece il consultivo e il deliberativo hanno un intreccio profondo in una concezione comunionale della Chiesa, tutti sono a servizio del Vangelo cercando di comprendere i doni dello Spirito in atto nella storia, e il Vescovo deve poter decidere per mettersi a servizio di tale dinamica, non per far valere qualche cosa che accade altrove, a prescindere dal popolo di Dio. Questo mi pare molto interessante perché punta al cuore del processo del discernimento che la sinodalità evoca, mette in gioco, richiede che avvenga.

Valentina Soncini

Come laica e donna, ha la sensazione che qualcosa sia mutato in profondità riguardo alla sinodalità?
L’Arcivescovo raccoglie l’invito – e lo dice espressamente – a portare nelle Chiese locali la dinamica vissuta nel Sinodo. È evidente che questa dinamica funziona se è intesa in modo comunionale; se invece, da un lato, c’è un presbiterio che teme di perdere posizione, prestigio o il controllo della situazione e, dall’altro, un laicato che non ha un’idea chiara, comunionale di Chiesa, ma pensa che si sia lì per svolgere funzioni e ruoli occupando spazi, sicuramente non funziona.

La nostra Chiesa da tempo ha avviato cammini sinodali concreti con i Gruppi Barnaba e le Assemblee Sinodali Decanali. A che punto siamo?
Devo dire che ho una percezione un poco parziale di questi processi, nel senso che non sto vivendo, in questi anni, una piena responsabilità ecclesiale come in altri momenti della mia esperienza – Soncini è stata per due mandati presidente dell’Azione Cattolica Ambrosiana, ndr -, ma sicuramente mi pare di poter cogliere una forte accentuazione sul tema della sinodalità a ogni livello. Una dimensione, allo stesso tempo, molto importante e che incontra difficoltà e ostacoli: siamo di fronte a qualcosa che chiede una trasformazione forte dei nostri processi ecclesiali, ma che certamente è in atto. Colgo tale dinamica a partire dal Consiglio pastorale, nel quale sono presenti alcuni membri in quanto moderatori delle Assemblee territoriali sinodali. Posso dire che vi sono esperienze molto vivaci e ricche, per cui l’Asd sembra realizzare l’incontro tra l’intra e l’extra ecclesiale sulla base di ambiti come per esempio la scuola e la salute. Al contempo, si registra una sorta di distanza tra le Asd e ciò che continua ad accadere nelle parrocchie, come se i due processi non abbiano ancora trovato un punto di incontro virtuoso. È interessante rilevare come tutto sia partito nel 2018 dal Sinodo minore Chiesa dalle Genti, che aveva messo in evidenza la debolezza del Consiglio pastorale decanale e la necessità, dunque, di lasciarsi ulteriormente interrogare. Si è messa la questione a tema e, via via, tra il Consiglio pastorale diocesano e quello presbiterale si è posta quella attenzione che ha portato alla nascita della dimensione delle Assemblee sinodali territoriali, il cui volano sono stati i Gruppi Barnaba.

Il rapporto tra articolazioni ecclesiali – per esempio l’Ac – a servizio del Vescovo, può configurarsi anche come una relazione tra auctoritas e sinodalità?
Al punto 93 del Documento finale sono dettagliati i tre passaggi A, B, C per dire come dovrebbe avvenire un procedimento di consultazione, ascolto, intervento di chi dà un parere nell’ambito dei processi ecclesiali e il compito dell’autorità. Rileggendo questi punti ho trovato una dinamica che mi sembra di aver sperimentato più volte in Azione Cattolica. Un’associazione che si pone a servizio della Chiesa senza essere uno yes man, portando un contributo grazie alle proprie competenze, esprimendo con serietà la propria posizione, ma sapendo di dire la penultima parola, perché l’ultima parola la sintetizza il Vescovo. Questo servizio mi ricorda “Gli obbedienti in piedi” di Vittorio Bachelet e il cardinale Martini quando, nei suoi ultimissimi Consigli pastorali diocesani, aveva tratteggiato la figura del consigliere come colui che si sente parte di quello che consiglia  – non fa finta -, ma si dice disponibile a mettersi al servizio di quella che sarà la decisione. Questo è lo stile di un laicato maturo.

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