Stranieri sul fronte della povertà, più famiglie e richiedenti asilo


Il numero di stranieri che si rivolgono ai servizi di Caritas Ambrosiana è in aumento negli ultimi anni. Lo conferma l’ultimo Rapporto sulla povertà, con percentuali significative: tra i richiedenti aiuto, si è passati dal 60,9% nel 2022 al 65,5% nel 2024. «Dal Dossier emerge uno spaccato piuttosto nuovo con i dati del Servizio accoglienza immigrati – dice il responsabile Pedro Di Iorio -. Da due anni e mezzo circa notiamo un progressivo aumento di persone che arrivano da Paesi latinoamericani, in particolare Perù (29,1%), Marocco ed Egitto, con la richiesta di protezione internazionale».
Per queste popolazioni raggiungere l’Europa è più facile: viaggiano in aereo, fanno scalo per esempio in Olanda o Spagna, e arrivano in Italia perché non c’è l’obbligo di visto da richiedere all’ambasciata. Il loro arrivo è regolare, equiparato al turismo che consente agli stranieri di restare per 90 giorni sul nostro territorio evitando «i viaggi improponibili delle rotte balcaniche, o la traversata del deserto del Niger e la Libia fino al mare».
È un percorso privilegiato, che però ha sempre un costo, ammette Di Iorio. «Abbiamo notato nel 2024, e quest’anno ancora di più, che c’è una forte migrazione di nuclei familiari. Un fenomeno nuovo, perché una volta partiva solo il più forte, adesso arrivano intere famiglie con figli, nuclei monogenitoriali con uno o due minori in età prescolare, anche con disagio psichico».
Su 2115 stranieri che si sono rivolti al Sai, circa 1500 erano richiedenti asilo. «Arrivano da noi irregolari per chiedere protezione internazionale perché questo è stato identificato come l’unico strumento per potersi eventualmente regolarizzare – chiarisce il responsabile -, con tutte le incertezze del caso, perché non è detto che la richiesta sia accolta». È comunque una finestra accessibile per diritto e che «allunga la vita», perché per alcuni mesi mette al riparo i migranti dal rischio di essere espulsi, dato che sono “richiedenti” in attesa di una risposta. Tra loro c’è un’elevata percentuale di giovani, oltre il 20% di età compresa tra i 15 e i 24 anni, numerosa anche la fascia 25-34 anni, il che significa «una crescita quasi esponenziale di irregolari neet, che non lavorano, non studiano e non partecipano a percorsi formativi».
«Sono in un limbo – continua Di Iorio -, che però li porta a lavorare in nero, iscriversi alla scuola di italiano». Il numero di persone irregolari non è mai stato così elevato negli ultimi anni: bisogna tornare al 2008, quando è stata introdotta la sanatoria, tanto che oggi il 65% di stranieri presenti si sono regolarizzati grazie a quella “finestra”.
La richiesta di protezione internazionale non è un contenitore per chi emigra per lavoro, turismo o studio; infatti il rischio che un migrante corre se resta nel proprio Paese o se vi rientra deve essere motivato. «Il rischio è correlato alla discriminazione, alla rappresentanza politica avversa, ai maltrattamenti intrafamiliari, ma questo è da provare, il racconto non basta».
Al Sai risulta che il Perù non sia un Paese sicuro: diverse narrazioni condivise e raccolte lo testimoniano. Quando i migranti presentano la richiesta di protezione internazionale confidano nelle lentezze dell’iter amministrativo-giuridico, intanto ottengono il permesso di richiedenti asilo e possono iniziano a lavorare e ricevere la tessera sanitaria, anche se poi vivono in strada.
Perché ai peruviani dovrebbe essere riconosciuta la protezione internazionale dato che il loro non è un Paese in guerra? «È vero che non c’è uno stato di belligeranza interna, però ci sono guerriglie, bande armate che emigrano da altri Paesi e compiono azioni di estorsione, minacce e omicidi, quindi c’è un rischio reale. Tuttavia non è facile dimostrarlo per le famiglie, anche se arrivano con la denuncia presentata alla polizia o con referti dell’ospedale».
I dati nazionali e regionali di Ismu sul tasso di irregolari si discostano sensibilmente in difetto: questo perché probabilmente sfuggono alla ricerca le persone che si rivolgono ai Centri di ascolto e ai Servizi di Caritas ambrosiana (Sam per i senza dimora e Sai per gli immigrati). Non tenere conto di questi canali cui si rivolgono gli stranieri, non consente di avere dati aggiornati su un fenomeno in crescita (e non inferiore rispetto agli anni precedenti), specie per quanto riguarda il flusso migratorio da alcuni Paesi come il Perù.
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