Transizione 5.0, verso il nuovo incentivo: il nodo delle risorse e la partita di giro di Transizione 4.0

POLITICHE PER L’INDUSTRIA
Transizione 5.0, verso il nuovo incentivo: il nodo delle risorse e la partita di giro di Transizione 4.0
Le risorse per il piano Transizione 4.0 presenti nella proposta italiana per la rimodulazione del PNRR serviranno ad alimentare l’extra spesa già sostenuta. In questo modo saranno liberate risorse nazionali per finanziare il nuovo incentivo per il 2026, che sarà più semplice e svincolato dalle regole di Bruxelles.

Ha suscitato non poca perplessità la decisione del Governo di riutilizzare una parte dei fondi provenienti dalla prossima revisione del PNRR per finanziare Transizione 4.0, considerando che l’esecutivo si era detto a più riprese impegnato a scrivere un nuovo incentivo, per il 2026, che fonderà gli attuali piani Transizione 4.0 e Transizione 5.0, entrambi a scadenza.
In realtà lo spostamento di risorse verso Transizione 4.0 non dovrebbe servire a rifinanziare il piano per nuovi investimenti, come poteva apparire dalla lettura del dossier della cabina di regia della Presidenza del Consiglio, ma a sostenere l’extra-spesa sostenuta nel periodo finanziato dal PNRR 2020-2022 (superiore ai fondi appostati all’epoca dal PNRR), liberando così risorse nazionali per le prossime misure di politica industriale.
Il futuro post-PNRR: verso una maggiore semplificazione
Per il 2026 ci sarà quindi una nuova misura, che prenderà il posto delle attuali Transizione 4.0 e Transizione 5.0 e dovrebbe vedere la luce nei decreti fiscali collegati alla manovra di bilancio o nella legge di bilancio. L’incentivo sarà quindi alimentato da risorse di bilancio, svincolate dalle scadenze e dalle complessità burocratiche del PNRR.
Le lancette di Transizione 5.0 dovrebbero fermarsi a 2,5 miliardi, come anticipato dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. “Dopo le difficoltà iniziali, in questi ultimi mesi Transizione 5.0 sta assorbendo 300 milioni al mese. Da novembre 2024 siamo a circa 2,2 miliardi prenotati – che sono di più di quanto Industria 40 assorbì nel primo anno, che furono meno di 900 milioni. Stimiamo quindi che per dicembre saranno assorbiti circa 2,5 miliardi”, ha detto il ministro in occasione di un incontro con Confindustria.
Per quanto riguarda la misura che entrerà in vigore dal 2026 l’intenzione è di superare le rigidità del modello attuale, facendo tesoro dell’esperienza maturata con il PNRR. L’obiettivo è definire un quadro normativo più agile, stabile e di più semplice applicazione per le imprese.
Sul tavolo c’è una revisione generale dell’impianto incentivante, che manterrà il suo focus sul doppio binario della digitalizzazione e della sostenibilità ambientale. Gli aspetti tecnici della misura non sono ancora stati definiti, ma dovrebbe esserci una maggiorazione per i progetti che raggiungeranno risultati in chiave green, sebbene con meccanismi significativamente semplificati.
Per la parte relativa ai beni strumentali Governo e associazioni di categoria stanno lavorando a un “restyiling” degli allegati A e B.
Per la parte green si va invece verso l’eliminazione degli attuali scaglioni di risparmio energetico: potrebbe bastare il raggiungimento di una soglia minima di efficienza per accedere a un’unica classe di incentivo, snellendo così calcoli e procedure.
L’assenza del finanziamento comunitario dovrebbe poi permettere di non tener conto del principio europeo del “Do No Significant Harm” (DNSH), aprendo così alla possibilità di applicazione della misura anche agli energivori.
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