Trump e Putin vogliono la fine dell’Ucraina, Zelensky e gli europei non si arrendono

Novembre 23, 2025 - 07:30
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Trump e Putin vogliono la fine dell’Ucraina, Zelensky e gli europei non si arrendono

Ci siamo cascati di nuovo. Il piano in ventotto punti concordato tra Mosca e Washington che potrebbe segnare una svolta nella guerra in Ucraina sembra l’ennesima replica di un copione già visto: la Russia prova a ottenere al tavolo ciò che non è riuscita a prendersi con le armi, e lo fa attraverso un testo che chiede a Kyjiv di pagare il prezzo della war fatigue americana.

L’ambasciator che porta pena è il solito improbabile Steve Witkoff, che continua a brigare come mediatore fra Stati Uniti e Russia anche se il suo ruolo, in teoria, sarebbe quello di inviato speciale in Medio Oriente e per le missioni di pace; ma qui il piano, come tutti quelli che lo hanno preceduto, più che una proposta di pace è una richiesta di resa dell’Ucraina concordata con la Russia. 

Questa volta, la tragica differenza è che sia Trump che Putin sembrano voler chiudere comunque la partita, ognuno per ragioni proprie, e imputare a Volodymir Zelensky la responsabilità di un eventuale rifiuto. Il presidente degli Stati Uniti ha detto al canale Fox News che l’Ucraina dovrà accettare il piano entro giovedì 27 novembre, il giorno del Ringraziamento, oppure perderà ancora più terreno in battaglia.

Dalla sceneggiata di Trump e del suo vice J.D. Vance a febbraio alla Casa Bianca, Zelensky ha tratto la lezione mediatica più importante: non apparire come l’unico ostacolo alla pace, evitando rifiuti secchi e rotture pubbliche, ribadendo con calma i principi irrinunciabili dell’Ucraina. Perciò il presidente ucraino ha parlato del piano di pace al telefono con Vance, come rivela Axios, ribadendo però al suo popolo che non può firmare una documento che comprometta la sovranità di Kyjiv.

Nel suo discorso durante il Giorno della Dignità e della Libertà, Zelensky ha pronunciato parole nette e chiare per chi conosce la situazione, ma non così aspre da prestarsi a lanci di agenzia indigesti per l’opinione pubblica americana: «Il nostro Paese potrebbe presto trovarsi davanti a una scelta estremamente difficile: sacrificare la nostra dignità oppure rischiare di perdere un partner fondamentale. Accettare una complicata lista di 28 richieste oppure affrontare un inverno che potrebbe essere il più duro finora, con tutti i pericoli che comporta».

Zelensky ha assicurato che Kyjiv continuerà a lavorare con gli Stati Uniti e con i partner europei «senza roboanti o affermazioni emotive», ma ha fissato la linea rossa: «Mi batterò affinché tra tutti i punti in discussione, almeno due restino non negoziabili: la dignità e la libertà del popolo ucraino. Perché tutto il resto — la nostra sovranità, la nostra indipendenza, la nostra terra, il nostro popolo, il nostro futuro — poggia su queste due basi».

Nessuna rottura, quindi, ma la scadenza di giovedì 27 novembre imposta da Trump rimane e bisognerà capire cosa succederà in questi giorni.

Qualcosa nella coalizione dei volenterosi si sta muovendo e la grande assente, come sempre, è l’Italia. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha organizzato una telefonata con il presidente francese Emmanuel Macron, il premier britannico Keir Starmer e Zelensky per discutere il piano americano. È stato il primo segnale che i governi europei non intendono limitarsi a prendere atto della proposta dei 28 punti. Secondo quanto riferito da Reuters, i leader europei hanno espresso apprezzamento per l’iniziativa diplomatica degli Stati Uniti, ma hanno anche fatto capire che alcuni aspetti della bozza non vanno bene così come sono.

Il punto più delicato riguarda la cosiddetta “linea di contatto”, ovvero la linea del fronte dove si incontrano le truppe ucraine e russe quotidianamente. Nel comunicato diffuso dopo la chiamata, i tre leader europei precisano che può essere un riferimento da cui partire, ma non può trasformarsi nella base finale per definire i nuovi confini, rischiando così di congelare l’avanzata russa sulle mappe. 

A questa posizione si è aggiunto, poco dopo, un secondo colloquio tra Zelensky, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. I due leader Ue hanno ribadito che «non ci sarà nulla sull’Ucraina senza l’Ucraina» e che l’Unione sostiene un accordo che tenga conto delle condizioni fissate da Kyjiv negli ultimi due anni. Hanno ricordato anche che i capi di Stato e di governo dell’Unione si vedranno al G20 per discutere una posizione comune prima del vertice Ue–Unione Africana.

La vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno ha proposto con un post su X «una grande manifestazione europea per l’Ucraina, per la pace, per la libertà e per la democrazia, insieme alle energie migliori del sindacato, della società civile, della cultura e del mondo sociale. Per un’Europa libera e forte. Per un’Ucraina libera e sovrana». Vedremo chi aderirà e se l’Italia sarà capace di sostenere la resistenza del popolo ucraino.

In attesa di vedere se questo piano finirà come i precedenti, forse varrebbe la pena di ascoltare le parole di Valerii Zaluzhny, ex comandante in capo delle forze armate ucraine, oggi ambasciatore a Londra, che intervenendo a un evento del New Statesman ha spiegato che un modo per sconfiggere la Russia esiste, ma richiede quello che l’Occidente finora non ha voluto fare. Secondo Zaluzhny la guerra non si decide più con un’operazione militare risolutiva, ma con la capacità di resistere e logorare l’avversario nel tempo. La Russia ha ormai trasformato la propria economia in un sistema orientato alla guerra, riorganizzando industria, propaganda e risorse umane per sostenere un conflitto di lunga durata. L’Ucraina può contrastare questa strategia solo se riesce a mantenere una mobilitazione sufficiente, un’economia in grado di supportare lo sforzo bellico, grazie anche a un sostegno politico coerente dell’Occidente.

Per Zaluzhny è necessario che gli alleati europei e gli Stati Uniti non alternino fasi di entusiasmo e stanchezza, ma mantengano un livello stabile di aiuti e una linea politica chiara. Ed è proprio questa continuità, più ancora di singole armi sofisticate, a determinare se l’Ucraina può affrontare una guerra di attrito contro un paese più grande e con risorse potenzialmente inesauribili come la Russia. La strada per la vittoria ucraina è chiara, ma dopo l’ultimatum di Trump è sempre più difficile da percorrere.

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