Tunisia: torrefazioni denunciano la concorrenza “sleale” del caffè importato illegalmente

Ottobre 11, 2025 - 17:30
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Tunisia: torrefazioni denunciano la concorrenza “sleale” del caffè importato illegalmente

Dietro l’aroma intenso del caffè tunisino si nasconde un retrogusto amaro: quello della concorrenza sleale e del contrabbando. Da circa tre mesi, le torrefazioni tunisine sono messe a dura prova dall’arrivo massiccio nel Paese di caffè importato illegalmente, venduto a metà del prezzo di quello regolamentato, e ormai diffusissimo in alcuni mercati e persino sui social network.

“È impossibile competere con un caffè venduto a 20 dinari (5,88 euro), quando il prezzo fissato per legge è di 34,5 dinari (10,15 euro) per quello locale e 37 (10,90 euro) per l’importato. Non c’è logica economica: è contrabbando puro”, dichiara a “Agenzia Nova” Wafa Atawi, presidente della Camera delle torrefazioni tunisine, affiliata alla Confederazione delle imprese cittadine (Conect). Secondo la dirigente, il traffico – presumibilmente proveniente dall’Algeria – sta mettendo in ginocchio le circa 480 torrefazioni registrate nel Paese. “Abbiamo presentato denunce al ministero del Commercio, alle Dogane e alla Guardia nazionale, ma i controlli si sono concentrati sulle imprese regolari. Intanto il caffè illegale continua a circolare liberamente anche online”, denuncia la dirigente.

In Tunisia il settore del caffè è rigidamente controllato dallo Stato. Dal 1962, l’Ufficio nazionale del commercio (Onc) detiene un ruolo quasi monopolistico nell’importazione del caffè verde, che acquista sul mercato mondiale e rivende alle torrefazioni nazionali a prezzo fissato dal ministero del Commercio. Le aziende private possono importare direttamente solo quantità marginali rispetto al fabbisogno nazionale, stimato intorno alle 30 mila tonnellate annue. Dopo tre anni di penuria, il governo tunisino ha concesso a un numero limitato di aziende l’autorizzazione all’importazione diretta. Nel frattempo si è formato un mercato parallelo, dove il caffè di contrabbando arriva senza controlli, venduto a metà prezzo e spesso confezionato con marchi stranieri non registrati in Tunisia. “Il recente sequestro di appena 50 chili è una goccia nel mare delle quantità che entrano ogni settimana”, ironizza Atawi.

Per capire meglio il fenomeno, “Nova” ha contattato diversi venditori online, comuni cittadini che fanno sponda tra i due paesi, e che assicurano la disponibilità del caffè a domicilio nella capitale e in altre regioni del Paese. “Ha lo stesso sapore del caffè italiano, ma costa la metà”, promette uno dei venditori raggiunto al telefono. Su TikTok e Facebook spopolano i video di commercianti improvvisati che mostrano furgoni carichi di confezioni di “Famico”, un marchio algerino venduto localmente a 250 dinari algerini (1,66 euro) per 250 grammi. L’azienda, con sede ad Algeri, non ha risposto alle richieste di commento. La società stessa potrebbe essere ignara di questo traffico transfrontaliero.

Il lungo confine tra Tunisia e Algeria, che si estende per oltre mille chilometri attraverso zone montuose e desertiche difficili da controllare, è storicamente teatro di una fiorente economia parallela dominata dal contrabbando. Questo commercio non registrato, che secondo le stime rappresenterebbe oltre il 40 per cento del totale degli scambi transfrontalieri, è spesso tollerato o informalmente regolato dalle comunità locali, le quali dipendono da questa attività per la propria sopravvivenza in assenza di alternative economiche legali. Le reti di contrabbando movimentano una vasta gamma di merci. La voce principale è il carburante algerino, venduto in Tunisia a prezzi notevolmente inferiori rispetto a quelli ufficiali, ma sono molto attivi anche i traffici di prodotti alimentari essenziali, beni di consumo, farmaci e cosmetici.

Le aree più sensibili e note per queste attività si concentrano nelle regioni di Kasserine e Kef in Tunisia, confinanti con le zone algerine di Tébessa e Souk Ahras, e nelle aree più desertiche di Gafsa e Tozeur. Particolare attenzione viene riservata anche ad alcuni tratti montuosi del massiccio di Chaambi, in passato utilizzati da gruppi jihadisti. Più che di “contrabbando criminale puro,” si tratta spesso di “zone grigie” dove la scarsa presenza statale favorisce l’economia informale come principale mezzo di sostentamento. Il 7 ottobre 2025, i ministeri della Difesa di Tunisia e Algeria hanno siglato un nuovo accordo di cooperazione militare che integra e aggiorna l’intesa del 2001. La quale già prevedeva esercitazioni congiunte, programmi di formazione e pattugliamenti coordinati lungo il confine comune, con l’obiettivo di contenere minacce transfrontaliere.

Secondo fonti doganali, l’Algeria non è un esportatore strutturale di caffè: al contrario, ne importa grandi quantità per coprire il proprio consumo interno. Secondo i dati bilaterali disponibili, la Tunisia ha importato ufficialmente dall’Algeria nel 2023 solo 13 tonnellate di caffè tostato, per un valore di circa 41 mila dollari — un volume irrisorio rispetto alle quantità che oggi circolano nel Paese. Il fenomeno si inserisce in un contesto economico delicato. Ad aprile 2025, il governo algerino ha calmierato i prezzi del caffè e di altri beni di largo consumo, fissando il prezzo di una tazza a soli 30 dinari algerini (0,20 euro). Una misura che ha reso il prodotto estremamente competitivo rispetto a quello tunisino e ha incentivato i traffici illegali lungo i valichi di frontiera. “È chiaro che il differenziale di prezzo e la mancanza di controlli efficaci ai confini favoriscono il contrabbando”, spiega Atawi, che sollecita maggiori controlli da parte delle autorità preposte.

“È paradossale”, osserva Maximilian Cerutti, proprietario del marchio italiano Caffè Italia in Tunisia: “L’Algeria non esporta caffè, eppure il nostro mercato ne è invaso. Come può entrare nel Paese una tale quantità di merce senza un importatore legale?”. Si interroga Cerutti, aggiungendo che la sua azienda produce caffè in capsule e quindi per ora ne ha risentito meno di questa situazione che resta per le torrefazioni tunisine incomprensibile. Mentre il caffè illegale si diffonde a basso costo, le torrefazioni tunisine lottano per sopravvivere, schiacciate tra speculazione, inflazione e concorrenza sleale.

Il presidente tunisino Kais Saied ha più volte ribadito la volontà di “smantellare le reti di speculazione e contrabbando”, denunciando “chi crede di essere più forte dello Stato”. Ma sul terreno, le torrefazioni lamentano un’azione ancora troppo timida. Le Dogane tunisine, contattate da “Nova” per un commento ufficiale, non hanno fornito risposte ufficiali. Tuttavia, secondo gli ultimi dati disponibili, nei primi sette mesi del 2025 sono stati sequestrati beni di contrabbando per oltre 138 milioni di dinari (circa 40 milioni di euro). Tra questi figurano carburanti, tabacco, oro, medicinali e generi alimentari.

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