Tutti contro il PPE e il PPE contro tutti, il Parlamento ‘punto debole’ dell’UE

Bruxelles – Tutti con tutti, a parole. Ma sempre a parole, quelle pubblicamente dette, tutti contro tutti. O meglio: tutti contro il PPE, e il PPE contro tutti. Il dibattito seguito al discorso sullo Stato dell’Unione mostra una Parlamento europeo traballante, litigioso, animato e forse addirittura lacerato da divisioni che a una prima occhiata appaiono difficili da superare. Il nervosismo del resto è palpabile, e lo scambio di accuse tra gruppi non è certo il miglior biglietto da visita per chi vorrebbe un’Europa protagonista in un momento di forti incertezze.
Il primo dato politico è che alla fine von der Leyen ottiene una fiducia condizionata. Liberali, verdi e socialisti accolgono gli annunci in materia di sostenibilità, politiche sociali, competitività, misure contro il governo israeliano per la situazione a Gaza, e ora esortano l’attuazione. L’appoggio politico è subordinato al rispetto degli impegni e la loro realizzazione, il patto politico sancito è questo. Sullo sfondo resta però una convivenza difficile, che emerge quanto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nella replica conclusiva, assicura di voler “lavorare per rafforzare la maggioranza pro-europeista, per me la sola possibile“.
‘No’ alla sfiducia: l’Europarlamento manda avanti von der Leyen. Ora spetta a lei decidere come
Dai socialisti (S&D) filtrano malumore per scelte compiute fin qui dal partito e dal gruppo dei popolari (PPE) per intese con l’estrema destra. Per questo Nicola Zingaretti chiede e pretende che Von der Leyen “rappresenti una sintesi tra un Consiglio condizionato dalle pulsioni nazionaliste e un parlamento a maggioranza europeista”. E’ questo un nuovo ‘no’ ad alleanze al di fuori dello spettro che comprende liberali (RE) e verdi. Anche Joao Cotrim de Figueireido, dai banchi di RE, avverte: “Renew Europe è qui per sostenere, ma la responsabilità è solo sua“, dice a von der Leyen. Il co-presidente dei Verdi, Bas Eickhout, è ancora più diretto nel suo affondo al capogruppo del PPE: “Signor Manfred Weber, se volete unità lavorante con il centro” invece che con sovranisti e conservatori.
I popolari mostrano le carte in tavola, una volta per tutte, chiarendo che a dettare le regole del gioco sono loro e che spetta agli altri decidere se accettarle o meno. “Spetta a voi scegliere” da che parte stare, “scegliere l’Europa competitiva e che gestisce l’immigrazione o l’Europa che si impantana nella burocrazia e nelle guerre commerciali?”, attacca e critica Jeroen Lenaerts, che rincara al dose: “A tutti gli attacchi che arrivano da socialisti, liberali e verdi faccio notare che stiamo ancora aspettando un chiaro impegno sulla nostra agenda. Per noi è il momento della verità”.
L’unità cercata da von der Leyen non appare all’orizzonte, si manifesta la necessità di provare ad andare avanti malgrado tutto, con equilibri instabili, alleanze traballanti e maggioranze nervose rimesse alla prova dei fatti che il prosieguo di legislatura inevitabilmente produrranno.
“Il Green Deal è stato concepito e auspicato in un’epoca geopolitica diversa. Oggi rappresenta un ostacolo troppo grande alla competitività europea”, taglia corto Nicola Procaccini (Fdi), che si allinea al PPE nella difesa dell’accordo sui dazi a riprova di convergenze su temi centrali per verdi e socialisti. Gli interventi sanciscono dunque le divisioni di un Parlamento dove l’UE rischia di smarrirsi, e che per questa Commissione rimane un campo minato.
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