Copenhagen abbandona la sinistra dopo 122 anni: socialdemocratici perdono la capitale

Novembre 21, 2025 - 09:00
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Copenhagen abbandona la sinistra dopo 122 anni: socialdemocratici perdono la capitale

lentepubblica.it

Per la prima volta dal 1903, i socialdemocratici non guideranno più Copenhagen: la cittadinanza abbandona la sinistra dopo 122 anni, ma è molto interessante scoprirne le ragioni.


Lo shock è arrivato all’alba, quando la candidata del partito, Pernille Rosenkrantz-Theil, ha ammesso una sconfitta storica che ridisegna gli equilibri politici non solo della capitale, ma dell’intero Paese.

Il risultato delle elezioni amministrative e regionali, svoltesi martedì, conferma un arretramento significativo per la formazione della premier Mette Frederiksen. Pur restando il partito più votato a livello municipale, i socialdemocratici hanno registrato un calo netto: dal 28,4% ottenuto nel 2021 al 23,2% attuale. Una perdita superiore alle previsioni, come ha riconosciuto la stessa premier con evidente amarezza, sottolineando che “il declino è maggiore del previsto” e che sarà necessario analizzare le cause di questo arretramento.

Un modello che si incrina

Negli ultimi anni, la linea politica di Frederiksen ha attirato l’attenzione internazionale. Il suo governo socialdemocratico – uno dei pochi ancora in carica nell’Unione Europea e spesso indicato come modello anche da settori del centrosinistra britannico – ha combinato una forte attenzione al welfare con politiche drastiche contro l’immigrazione.

Un approccio che, secondo molti analisti, ha spostato il baricentro del dibattito politico danese, ma che ora sembra presentare un conto salato proprio nelle aree urbane più dinamiche e multiculturali del Paese.

Copenhagen, città cosmopolita e progressista, ha punito questa impostazione. La capitale vive da tempo trasformazioni demografiche e sociali che la rendono distante dalle posizioni sempre più rigide adottate dalla leadership socialdemocratica in materia di accoglienza e sicurezza. Non è un caso che Frederiksen, commentando la sconfitta, abbia comunque richiamato la questione della criminalità legata a “persone provenienti dall’esterno”, a conferma di una linea dura che non ha trovato riscontro tra gli elettori della metropoli.

La crisi del centrosinistra non si ferma alla capitale

Il terremoto politico non riguarda solo Copenhagen. In altre realtà considerate tradizionalmente sicure per i socialdemocratici – come Frederikshavn, Køge, Fredericia, Gladsaxe e Holstebro – il partito ha subito arretramenti significativi. Una mappa del potere locale che si sgretola e testimonia come la delusione verso il partito sia diffusa e non confinata alle grandi città.

Parallelamente, forze che in passato sembravano in declino hanno ritrovato slancio. Il Partito del Popolo Danese, schieramento di estrema destra, ha registrato un incremento dal 4,09% al 5,9%. Nelle aree rurali, inoltre, si è affermata con forza una formazione relativamente nuova ma sempre più influente: i Democratici Danesi (DD). Questi risultati confermano una crescente polarizzazione tra città e campagne, dove le priorità degli elettori sono spesso radicalmente diverse.

Le ragioni del malcontento

Frederiksen ha attribuito parte del calo di consenso all’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, in particolare degli alimenti, e al divario sempre più marcato tra zone urbane e rurali. Ma gli osservatori ritengono che la causa principale sia da ricercare nelle politiche nazionali, diventate un fattore determinante anche in una tornata amministrativa. L’affluenza del 69,2% – più alta rispetto alle precedenti elezioni locali – indica un coinvolgimento crescente e un desiderio di partecipazione spinto dalle grandi questioni di interesse pubblico.

In molte aree del Paese, inoltre, è stata decisiva la situazione abitativa. A Copenhagen, dove gli affitti hanno registrato un aumento del 20% in un solo anno, la questione della casa è diventata un’emergenza quotidiana per migliaia di residenti. Una pressione che ha alimentato frustrazione verso la gestione locale e nazionale e ha contribuito a orientare il voto verso alternative percepite come più sensibili al problema.

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