Dall’Hiv all’oncologia, la roadmap di Gilead Sciences per il 2030

Settembre 30, 2025 - 07:30
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Dall’Hiv all’oncologia, la roadmap di Gilead Sciences per il 2030

Un trattamento in grado di curare quasi il 100% dei casi di epatite C diagnosticati. Lo sviluppo di un farmaco chiave per il tumore al seno e delle terapie Car-T, potenziale rivoluzione terapeutica per alcuni linfomi. E l’approvazione, prima da parte della Fda statunitense e poi dell’Ema europea, di un farmaco per la profilassi pre-esposizione (PrEP) contro l’Hiv, che potrebbe finalmente aiutare a dare il colpo di grazia all’epidemia. Sono solo alcuni dei trattamenti innovativi parte del portfolio di Gilead Sciences, colosso biofarmaceutico californiano, cui si aggiungono decine di altre molecole in fase di sperimentazione per la prevenzione e il trattamento di altre malattie infiammatorie, oncologiche, epatiche ed ematologiche.

L’obiettivo della biotech, posto per la prima volta nel 2019, è estremamente ambizioso: lanciare sul mercato almeno dieci terapie ‘trasformative’ – che abbiano cioè un impatto reale e misurabile sulla vita delle persone – entro il 2030. E, contemporaneamente, far sì che la loro distribuzione sia il più possibile equa e capillare, tenendo conto delle disparità economiche, sanitarie e sociali a livello globale. Per farlo, ha spiegato a Forbes Johanna Mercier, chief commercial officer di Gilead Sciences, bisogna continuare a spingere su innovazione, ricerca e sviluppo, stringere partnership strategiche con governi e fondi globali ed essere capaci di confrontarsi e adattarsi a uno scenario geopolitico complesso e in continua evoluzione. E questo momento, a metà del cammino, è una buona occasione per fare un punto su cosa si è fatto e cosa resta da fare: “Il 2025”, dice Mercier, “è stato un anno di svolta, in cui abbiamo consolidato due pilastri strategici fondamentali: da un lato le performance e i risultati ottenuti, dall’altro la propulsione sul fronte della ricerca e sviluppo, che ha prodotto dati cruciali”.  

Piegare la curva dell’epidemia di Hiv

Il punto di svolta più importante, quello che ridefinisce un’intera area terapeutica, porta il nome di lenacapavir: “Crediamo che, per la prima volta, possiamo dire di avere gli strumenti per piegare davvero la curva dell’epidemia di Hiv”. Il farmaco, riconosciuto come ‘innovazione dell’anno’ dalla rivista Science, ha richiesto 17 anni di sviluppo: si tratta, sostanzialmente, di una molecola che, somministrata a un soggetto sano, impedisce l’infezione. La sua forza rivoluzionaria non risiede solo nell’efficacia clinica del 99,9%, attestata dai due studi Purpose 1 e 2, ma nel modo in cui risolve il principale ostacolo alla prevenzione dell’Hiv, e cioè l’aderenza alla terapia. Le attuali opzioni di PrEP orale infatti richiedono l’assunzione di una pillola quotidiana. Un impegno gravoso, soprattutto per chi non è malato. “Assumere una pillola al giorno”, dice Mercier, “non si adatta allo stile di vita di una persona sana”.

I dati lo confermano: l’aderenza alla PrEP orale si attesta a poco più del 50%, ed è questo il principale motivo per cui, nonostante la disponibilità di farmaci efficaci, i nuovi casi di Hiv continuano ad aumentare, anche in Italia. Lenacapavir, invece, cambia radicalmente lo scenario, perché si somministra tramite iniezione solo due volte l’anno. “Una volta ricevuta la dose, si è completamente protetti per sei mesi: non ci sono casi di infezione perché ci si è dimenticati di prendere una pillola. E oltre alle considerazioni terapeutiche, ci sono anche quelle di farmacoeconomia: prevenire un’infezione di Hiv evita i costi a vita del trattamento e delle comorbidità associate, generando così un enorme valore per i sistemi sanitari nazionali”.

Naturalmente, un farmaco efficace da solo non basta: per essere trasformativa, un’innovazione deve essere accessibile. A questo proposito, la biofarmaceutica ha messo a punto una strategia di accesso globale stratificata e multilivello, basata su approcci diversi nei paesi a basso, medio e alto reddito, con l’idea di “lavorare con i governi, gli stakeholder e i gruppi di advocacy per garantire che le persone abbiano ovunque accesso al farmaco e che, di pari passo, i governi ne riconoscano il valore”.

Diversificare e innovare

In linea con questo obiettivo, la parola chiave è ‘diversificazione’, sia nelle aree terapeutiche che nelle scelte strategiche. “Un nuovo potente motore di crescita, che si è affiancato alla virologia, è per esempio l’oncologia”, commenta Mercier, “con il nostro farmaco, che si è rivelato fondamentale nel trattamento di forme aggressive di cancro, e con le terapie cellulari Car-T, di cui siamo riusciti a ridurre i tempi di produzione da 25 a 17 giorni. E poi c’è il terzo pilastro, quello dei trattamenti per le malattie infiammatorie”.

Tutto questo è reso possibile da una vocazione innovativa alla cui base c’è un impegno finanziario massiccio e costante: “Gilead reinveste tra il 20 e il 25% circa dei propri ricavi totali in ricerca e sviluppo, un investimento sostenibile solo a condizione che il valore delle innovazioni che portiamo sul mercato sia riconosciuto dai paesi in cui le lanciamo. Il nostro modello si basa su un ciclo continuo di innovazione ad alto rischio e ad alta ricompensa, che richiede una visione a lungo termine. Bisogna pensare a 10-15 anni, non solo ai prossimi tre”. 

L’Italia al centro della strategia

Nel 2025 ricorre anche il 25esimo anniversario dell’affiliata italiana di Gilead. “L’Italia”, commenta Mercier, “è una filiale per noi molto importante, che ha un peso notevole per l’Europa e per il resto del mondo”. Un’importanza strategica che si fonda su un ecosistema integrato che fa del nostro Paese un hub completo per la catena di valore dell’azienda, a partire “dall’eccellenza accademica e scientifica, dal valore dei ricercatori, dalla qualità degli studi clinici e dalla presenza di attività manifatturiere di altissimo livello”.

A corroborarlo sono i numeri: 154 centri clinici coinvolti, 90mila pazienti arruolati negli studi clinici dal 2013 e partnership manifatturiere con produttori italiani. Un radicamento che si traduce in un impatto economico e sociale molto significativo per il sistema Paese. Proprio per questo Mercier sottolinea l’importanza del dialogo con le istituzioni italiane, tra cui l’Aifa, non come semplice negoziazione sui prezzi dei farmaci, ma come partnership strategica. “Vorremmo continuare a lavorare a stretto contatto con il governo per sostenere un ecosistema che genera valore reciproco: innovazione per Gilead e crescita scientifica, economica e occupazionale per l’Italia”.

L’articolo Dall’Hiv all’oncologia, la roadmap di Gilead Sciences per il 2030 è tratto da Forbes Italia.

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