Duetto Schlein-Meloni, siamo “ai materassi” mentre M5S si sfascia e il Pd ribolle

Ottobre 19, 2025 - 16:00
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Duetto Schlein-Meloni, siamo “ai materassi” mentre M5S si sfascia e il Pd ribolle

Il linguaggio politico non può mai varcare certi limiti. Anche se sei Elly Schlein. Dovrebbe essere il giuramento di Ippocrate di quanti “abitano” in Parlamento.

Purtroppo non è più così. Le parole volano, gli insulti sono all’ordine del giorno, diventano abituali. Le regole sono andate a farsi benedire.

Ieri è stata la giornata che ha confermato queste violenze della politica. Ad accendere la miccia una inedita Elly Schlein che ad Amsterdam, durante il convegno dei socialisti europei, ha usato la clava invece delle parole.

Nel mirino il nostro governo, ma soprattutto Giorgia Meloni che guida da tre anni questo esecutivo. “In Italia la democrazia è a rischio”, dice alzando la voce davanti ad una platea che ascolta meravigliata.

Aggiunge con la stessa foga: “La libertà di parola è a rischio quando governa la destra”. Forse lega il suo pensiero al vile attentato contro Sigfrido Ranucci? Probabilmente, ma la connessione è difficile, quasi incomprensibile.

L’incendio esplode pochissimi minuti dopo. A risponderle è proprio il presidente del consiglio in persona che trasecola dopo aver letto la dichiarazione della segretaria del Pd: “È un puro delirio, vai in giro per il mondo a diffondere falsità sulla Nazione che dovresti rappresentare e  aiutare. Vergognati”.

Fra Schlein e Meloni come nel Padrino

Elly Schlein e Giorgia Meloni
Duetto Schlein-Meloni, siamo “ai materassi” mentre M5S si sfascia e il Pd ribolle – Blitzquotidiano.it (Elly Schlein e Giorgia Meloni nella Foto Ansa)

“Siamo ai materassi”, come sosteneva il protagonista del Padrino. Una rissa che non si sa dove andrà a finire se non si placano i bollenti spiriti dei protagonisti. “Elly è apparsa subito nervosa ancor prima di intervenire”, ricorda uno dei presenti alla riunione. Perchè? Non c’è dubbio che la segretaria del Pd non stia attraversando un periodo facile nonostante in Toscana il suo partito abbia confermato di non avere rivali vincendo con una schiacciante maggioranza.

Ma è all’interno dei dem che l’aria è quasi irrespirabile. I riformisti siedono sulla riva del fiume, ma non troppo. Si rendono conto che il campo largo vacilla, che i 5Stelle sono in declino, i voti diminuiscono e l’alleanza trema. Ormai, la bagarre non è più sotterranea, tutto avviene alla luce del sole.

Appendino prende cappello

In questo contesto già complicato si inseriscono pure le dimissioni di Chiara Appendino, vice presidente dei pentastellati ed ex sindaco di Torino. Sentenzia: “Siamo diventati una ruota di scorta dei dem, dobbiamo sottrarci, altrimenti non saremo più quelli di una volta”.

Parole durissime che vogliono significare quanto segue: siamo al contempo alternativa del sistema e puntello dello stesso. “Dobbiamo tornare al passato”, aggiunge orgogliosa. Dimissioni irrevocabili? Vogliono forse dire far nascere una nuova corrente che ridimensioni ancora di più il Movimento?

È un interrogativo a cui risponderanno i giorni a venire. Giuseppe Conte non apre bocca, sa perfettamente che potrebbe aver inizio il tramonto di un’idea che aveva raggiunto oltre il trenta per cento delle preferenze.

Poche ore prima dell’addio di Chiara Appendino, a chi gli chiedeva se la notizia avesse un certo fondamento rispondeva placidamente: “Io sono il presidente, dovrei essere il primo ad essere informato”. “Non ha saputo nemmeno buttare la palla in tribuna”, dicono i suoi amici- nemici che non sopportano più la sua tracotanza.

Commentava Leo Longanesi di Curzio Malaparte: è talmente pieno di se  stesso che ad un funerale vorrebbe essere il morto.

Allora, se la Schlein è nervosa la si può comprendere: se i 5Stelle si sfasciano e si dividono che fine farà il suo sogno di una grande alleanza a sinistra? Con la Appendino che non vuole essere un cespuglio del Pd tornando al passato.

L’ala riformista del Pd insorge: “Si può essere segretario di un partito senza mai diventare leader”. La frecciata ha un obiettivo ben preciso, non si possono nutrire dubbi.

Torniamo a sostenere quel che abbiamo scritto dianzi: se non si placano i toni, se il linguaggio dei protagonisti è quello di non essere avversari, ma nemici, il traguardo di diventare in Europa il Paese che conta si allontana precipitosamente. Il governo attuale è stabile, è il terzo in classifica per quanto riguarda la durata. Un record? No, non lo è, ma in termini economici non sfigura con gli altri. Se è così, non buttiamo via l’Italia.

Pensiamo piuttosto a Jannik Sinner che sembra aver ritrovato la forma di una volta. Ha stracciato  in due set il suo rivale Carlos Alcaraz, intascando un premio di circa sei milioni di dollari. In quanto a patrimonio è forse il campione del mondo o quasi.

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