Hai avuto un nuovo figlio? Scopri se puoi di pagare meno alla tua ex

Ottobre 16, 2025 - 12:00
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Hai avuto un nuovo figlio? Scopri se puoi di pagare meno alla tua ex

lentepubblica.it

Avere un nuovo figlio non consente automaticamente di ridurre l’assegno di mantenimento ai figli del primo matrimonio: serve un reale cambiamento economico e l’autorizzazione del giudice, altrimenti si rischia una condanna penale ai sensi dell’art. 570-bis c.p.


Hai appena avuto un altro figlio e, oltre all’emozione per il lieto evento, stai pensando di poter ridurre l’assegno di mantenimento verso i figli del primo matrimonio. Beh, fai attenzione, perché la legge tutela sempre e prima di tutto l’interesse dei minori. Pertanto, la creazione di una nuova famiglia non basta per diminuire le somme dovute all’ex coniuge. Anzi, se tagli l’importo senza intervento del giudice può costituire un reato.

Infatti, ai sensi dell’art. 570-bis c.p., chi sospende o riduce di propria iniziativa il mantenimento può essere perseguito penalmente, con il rischio concreto di una condanna fino a un anno di reclusione. La ratio risiede nella volontà del legislatore di tutelare l’interesse del minore, che prevale sempre su quello del genitore.

Un nuovo figlio non basta: serve un reale cambiamento economico

Secondo la giurisprudenza italiana, per ottenere una riduzione dell’assegno occorre dimostrare un mutamento oggettivo e non volontario della situazione economica.

L’art. 337-quinquies c.c. consente infatti al giudice di modificare le condizioni economiche di separazione o divorzio solo “in presenza di giustificati motivi”. Ciò significa che chi chiede la modifica deve provare che, dopo la sentenza o l’accordo, sia sopraggiunta una variazione effettiva e duratura delle proprie disponibilità economiche.

Si può trattare, ad esempio, di perdita involontaria del lavoro, riduzione del reddito, o nuove spese necessarie e non evitabili. La nascita di un figlio rientra in queste ipotesi solo se comporta un impatto reale sul bilancio familiare e non deriva da una scelta consapevole che riduce volontariamente la propria capacità contributiva.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14114 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale, secondo cui “La formazione di un nuovo nucleo familiare non può tradursi in un pregiudizio per i figli di precedenti relazioni.

In altre parole, le nuove responsabilità genitoriali non possono andare a detrimento di quelle già esistenti nei confronti dei figli nati da precedenti unioni.

Pertanto, i nuovi oneri familiari vengono presi in considerazione solo se inevitabili e non frutto di una libera scelta economica.

Come chiedere la riduzione dell’assegno

Ad ogni modo, per ottenere una riduzione, devi rivolgerti al Tribunale che si è pronunciato sulla separazione o sul divorzio, depositando apposito ricorso.

Si tratta di una procedura semplificata, regolata dal rito unitario introdotto dalla riforma Cartabia, che consente di chiedere la modifica delle decisioni economiche già prese.

Il ricorso può essere congiunto, quando entrambi gli ex coniugi concordano sulla riduzione, oppure, quando uno dei due si oppone, il giudice applicherà le norme previste dagli artt. 473-bis e seguenti del Codice di procedura civile, disponendo accertamenti sui redditi, verifiche fiscali e, ove necessario, indagini patrimoniali.

I documenti da presentare

La domanda dev’essere corredata da una serie di documenti, tra cui i più importanti sono:

  • dichiarazioni dei redditi e CU degli ultimi 2 anni, utili a dimostrare la variazione economica rispetto al momento della separazione;
  • ISEE del nuovo nucleo familiare, che rappresenta i carichi e le spese effettive;
  • certificato di nascita del nuovo figlio;
  • documenti relativi a spese obbligatorie, come ad esempio mutuo, affitto, costi scolastici o sanitari);
  • prove della convivenza stabile;
  • comunicazioni INPS o aziendali, per attestare l’eventuale perdita del lavoro o la riduzione non volontaria del reddito.

Quando il giudice può dire no

Il tribunale può rigettare la richiesta se ritiene che la variazione economica sia temporanea, solo apparente o volontaria. Il principio cardine, infatti, è quello della responsabilità genitoriale: chi ha già obblighi di mantenimento non può diminuirli per effetto di scelte volontarie.

Da quando decorre la riduzione

Anche se la domanda viene accolta, la riduzione non ha effetto retroattivo. Il nuovo importo decorre dalla data della decisione del giudice e non dal momento della nascita del figlio o della presentazione del ricorso.

Le somme già versate rimangono dovute e non possono essere recuperate, perché destinate a soddisfare bisogni immediati dei figli o dell’ex coniuge.

Come si calcola il nuovo importo

Il criterio guida resta quello della proporzionalità, per cui ogni genitore contribuisce al mantenimento in misura proporzionale alle proprie risorse economiche e al tempo di permanenza del minore.

In fase di revisione, il giudice tiene conto dei seguenti elementi:

  • tenore di vita del figlio prima della modifica;
  • capacità lavorativa e reddituale attuale del genitore obbligato;
  • presenza di nuovi figli o carichi familiari effettivi, purché non derivanti da scelte volontarie.

L’impatto dell’Assegno Unico Universale

Tra i fattori valutati sempre più spesso dai tribunali c’è anche l’Assegno Unico Universale (AUU) introdotto dal d.lgs. 230/2021. Trattandosi di un contributo economico stabile riconosciuto alle famiglie con figli, può incidere sul calcolo del mantenimento, poiché costituisce una voce di reddito aggiuntiva per il nucleo familiare.

Il giudice può tenerne conto per riequilibrare la ripartizione tra i genitori, soprattutto se l’AUU è percepito dal genitore convivente con i figli. Tuttavia, questo importo non sostituisce il mantenimento, ma funge solo da fattore correttivo per evitare squilibri economici.

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