I droni economici hanno incrinato l’egemonia secolare del carro armato

Settembre 16, 2025 - 14:30
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I droni economici hanno incrinato l’egemonia secolare del carro armato

Da quando esiste la guerra contemporanea, i carri armati sono stati l’emblema della potenza militare. Colossi d’acciaio progettati per sfondare linee nemiche, resistere al fuoco di artiglieria e dare alla fanteria una corazza mobile dietro cui avanzare. Nell’immaginario collettivo, dal fronte occidentale della Seconda guerra mondiale al deserto dell’Iraq, il carro armato era la macchina che decideva la battaglia se non addirittura la guerra. In Ucraina però questa certezza si è leggermente incrinata. L’arrivo massiccio di piccoli droni economici e manovrabili in prima persona ha trasformato per sempre il modo di combattere. È la combinazione di semplicità, precisione e accessibilità a rendere questi droni devastanti perché riescono agilmente a insinuarsi tra i cingoli, centrare una botola o precipitare sulla torre dall’alto, dove le corazze sono più sottili.

Per capirci non ha tanto senso ripescare l’abusata metafora di Davide contro Golia, ma pensare al drone come una specie di insetto guidato a distanza, che va a cercare il punto debole del frutto. E non si ferma finché non lo trova. Per questo motivo il carro non può più agire da solo, ma diventa utile soltanto se immerso in un ecosistema più ampio: ricognizione aerea amica che individui le minacce, guerra elettronica capace di disturbare i segnali nemici, artiglieria pronta a coprire l’avanzata, difese antiaeree a corto raggio che proteggano il cielo basso. 

Il risultato di questo cambiamento si vede sulle sagome dei nuovi mezzi corazzati: torri ricoperte di gabbie metalliche, reti tese come pergolati sopra lo scafo, catene penzolanti a difesa delle prese d’aria, tappeti di gomma fissati ai lati. Accorgimenti improvvisati, spesso rudimentali, che servono a una sola cosa: costringere l’ordigno a esplodere prima di raggiungere la corazza vera e propria. In prima linea si è capito subito che nessun veicolo, neppure un Abrams americano da dieci milioni di dollari, può sopravvivere senza queste protezioni contro droni che costano meno di uno smartphone.

Come spiega in un interessante approfondimento il New York Times, nel 2022 i carri russi sono stati colpiti soprattutto da missili anticarro occidentali, progettati per perforare la torre dall’alto. Le prime gabbie saldate erano un tentativo grezzo di fermare quel tipo di minaccia. Nel 2023 la vera svolta: l’esplosione dei droni FPV, manovrati con un visore come in un videogioco e capaci di infilarsi in ogni punto cieco. Allora sono arrivate nuove protezioni: reti a capanna, catene, scudi reattivi e spuntoni per agganciare i fili dei droni guidati via cavo. È una rincorsa continua tra chi attacca e chi difende. Ogni nuova tattica di un lato genera una contro-misura dell’altro. E in questa rincorsa, più che la qualità del singolo mezzo, conta la capacità di adattarsi in tempo reale.

Le perdite di carri armati in Ucraina, documentate migliaia di volte da video e immagini, mostrano che senza protezioni e supporto i tank sono bersagli lenti e prevedibili. Molti dei modelli russi hanno un difetto fatale: le munizioni sono stivate in un anello sotto la torre, così un colpo preciso scatena esplosioni che disintegrano l’intero veicolo. Ma nemmeno i mezzi occidentali sono immuni. Quando gli Abrams americani sono arrivati a Kyjiv, nell’autunno 2023, le truppe ucraine li hanno subito bardati con reti, piastre aggiuntive e schermature per cingoli e botole. Senza, sarebbero stati spazzati via come gli altri.

L’industria militare si è adeguata in fretta. L’Europa ha riaperto linee di produzione e avviato programmi di ammodernamento delle flotte. Francia e Germania puntano sul progetto MGCS, che immagina il carro del futuro non come un singolo veicolo ma come un sistema di sistemi: mezzi con e senza equipaggio, collegati da sensori e architetture digitali comuni. Intanto, paesi come la Polonia hanno comprato centinaia di tank sudcoreani, preferendo la disponibilità immediata alla promessa di modelli futuri. La Russia, logorata da perdite enormi, non può permettersi rivoluzioni tecnologiche: continua a modernizzare la vecchia famiglia T, aggiungendo corazze, reti e schermature anti-drone. È la strategia della quantità: avere sempre più carri di quanti il nemico riesca a distruggere.

Non bisogna però cadere nel tranello opposto. Ovvero che i droni possano sostituire completamente artiglieria e aviazione. Non è così. In prima linea i droni infliggono perdite costanti, ma solo una parte di quelli lanciati arriva a bersaglio, perché la Russia ha costruito un sistema difensivo a più livelli: guerra elettronica che disturba i segnali, batterie antiaeree che abbattono i quadricotteri, protezioni fisiche come reti sopra trincee e veicoli. Il risultato è che i droni da soli raramente abbattono difese solide. La loro funzione è un’altra: logorare, spingere il nemico a consumare risorse, costringerlo a scoprirsi. Poi entrano in gioco artiglieria, missili o aerei con munizioni guidate, capaci di infliggere danni su larga scala. È la combinazione che conta, non la sostituzione.

In generale dalle battaglie in Ucraina emergono tre linee di sviluppo militare. Le armi, con un progressivo spostamento verso sistemi automatici di medio calibro contro droni e fanteria, missili anticarro montati esternamente e la possibilità di sparare da dietro coperture guidando il tiro con droni od osservatori avanzati. La protezione, che non può più limitarsi alla corazza frontale ma deve distribuire difese a 360 gradi, con sistemi attivi che intercettano minacce in volo, comparti separati per le munizioni, fumogeni che schermano anche dall’alto. L’energia, perché i carri devono alimentare sensori, radar, disturbatori e sistemi elettronici sempre più esigenti, e per questo si punta a trasmissioni ibride, capaci di fornire elettricità, autonomia e silenziosità tattica. La tecnologia da sola non basta. La guerra elettronica interrompe le comunicazioni, i campi minati multilivello rallentano ogni avanzata, e senza addestramento integrato carri e fanteria diventano facili bersagli. 

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Redazione Redazione Eventi e News