Il muro di droni è nel futuro dell’Unione. La timeline è però incerta: tra un anno o chissà

Settembre 27, 2025 - 18:30
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Il muro di droni è nel futuro dell’Unione. La timeline è però incerta: tra un anno o chissà

Bruxelles – Il muro di droni si farà. Quando e come è ancora da definire. Dall’incontro a Helsinki del commissario europeo alla Difesa, Andrius Kubilius, con i Paesi del fronte est dell’UE è emerso un elenco di priorità. L’ex primo ministro lituano, in conferenza stampa insieme al ministro della Difesa finlandese, Antti Häkkänen, ha sottolineato come “l’Europa deve concentrarsi sull’implementazione di strumenti per la sorveglianza. In questo campo siamo ancora insufficienti. Dobbiamo poter intercettare i droni di piccole dimensioni”.

Proprio questi velivoli, anche nella giornata di oggi, hanno insidiato lo spazio aereo danese, obbligando le autorità locali a chiudere l’aeroporto di Aalborg, nel nord del Paese. La risposta europea dovrebbe essere un muro di droni che, dalle parole del commissario, dovrà avere tre elementi: “capacità di rilevamento, capacità di intercetto, capacità d’impatto”. Il progetto ha però ancora tempistiche incerte, lo stesso Kubilius ha parlato di un anno, ma tutto dipenderà da dove questo progetto inizierà e con quali caratteristiche.

Tempi da definire

Non sembrano saperne di più, per ora, neanche gli amministratori delegati di due società europee leader nella difesa. Jaanus Tamm, dell’azienda estone di sorveglianza DefSecIntel, e Sven Kruck, della società tedesca leader nella produzione di droni Quantum, sono intervenuti in una conferenza stampa organizzata dalla società di consulenza politica dell’ex segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen.

La preoccupazione, per Tamm, è non sapere ancora quando e come: “Bisogna capire quali caratteristiche dovrà avere questo strumento. Per implementare determinati elementi bastano poche settimane, per altri diversi mesi”. Sulla stessa lunghezza d’onda, Kruck: “La difesa dovrà essere multiruolo, per rendere più sostenibile economicamente l’abbattimento di un drone. La decisione, però, deve essere su quali capacità operare”.

La questione è anche economica. La Polonia, per intercettare la ventina di droni che a inizio settembre hanno violato il suo spazio aereo, ha utilizzato missili dal valore di milioni di euro. I velivoli avevano invece costi di produzione intorno alle migliaia di euro. Per questo Kubilius ha fatto notare come l’Unione Europea si stia impegnando a creare vantaggi fiscali per chi vuole investire in difesa. “Nel Consiglio Europeo di ottobre i leader discuteranno su come agire – ha aggiunto il commissario –. Noi stiamo facendo la nostra parte, oltre al successo dei prestiti SAFE, stiamo lavorando alla conclusione di progetti di partenariato tra Paesi che potranno unirsi per produrre armamenti e beneficeranno di sgravi fiscali”.

Il tempo, però, scorre. Ne è preoccupato l’ex segretario generale dell’alleanza atlantica, Anders Rasmussen: “La NATO non può mettere a repentaglio la sua credibilità di alleanza difensiva non intervenendo. Abbiamo sottovalutato Putin. Lui sta testando la nostra compattezza, non possiamo permetterci di avere ancora una volta un approccio attendista”. Il consiglio di Rasmussen, ora senza ruoli operativi nell’alleanza atlantica, è di “abbattere i droni che entrano nel nostro spazio aereo per dare un messaggio chiaro a Putin”.

Il lavoro degli sherpa

La macchina europea si muove. Tra riunioni con i leader, la NATO e le società produttrici, le decisioni sono ora, per ammissione di Kubilius, in mano agli sherpa: diplomatici di alto livello che agiscono da rappresentanti personali dei capi di Stato o di Governo. Sul tavolo sembrano esserci diversi sviluppi possibili, con focus più su un’area o su un’altra. Non è ancora chiaro però quale percorso verrà scelto.

Certo le preoccupazioni di questi Paesi hanno ragioni geografiche evidenti. La Finlandia confina con la Russia per 1.300 chilometri, e l’ex premier lituano ha ricordato che “anche la Lituania ha gran parte del suo confine condiviso con Russia e Bielorussia (circa 1.000 chilometri, ndr)”.

L’efficienza Ucraina

Per un giro in realtà maledetto del destino, coloro che potrebbero dare una grossa mano a sviluppare questo progetto sono gli ucraini. “Dobbiamo imparare molto dall’Ucraina – continua Kubilius – non solo per la tecnologia che ha a disposizione ma per la capacità di creare un ecosistema. Gli ucraini hanno un’incredibile interconnessione tra chi produce i sistemi di difesa, chi li usa e chi sviluppa i software tecnologici e analizza la loro efficacia. Questa spirale li porta sempre a migliorare”. Un’efficienza stimolata dall’esigenza di difendersi dall’invasore russo.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia