Intervista con Claudia Koll: “Ciò che conta nella vita è vivere il momento presente con profonda intensità”

“È per me fondamentale vivere delle amicizie profonde, libere e autentiche che mi consentano di essere me stessa fino in fondo, in una relazione con una persona che è diversa da me ma che mi vuole bene, mi accetta e mi accoglie come sono, pur nella diversità”. E proprio da una profonda amicizia è nato “Qualcosa di me. Dialogo con un’amica” (Tav editrice), l’intenso libro di Claudia Koll, con la prefazione di Giovanni Salonia e la postfazione di Ezequiel del Corral.
L’autrice, in occasione del Giubileo del 2025, che coincide anche con i venticinque anni dalla sua conversione, racconta come l’incontro con Dio abbia trasformato la sua vita. Non è solo una testimonianza, ma anche l’opportunità per conoscere meglio la sua storia e un invito a fare esperienza della misericordia e della pace di Dio.
Attrice di teatro, cinema, televisione, regista, insegnante e counsellor professionista avanzato, in questa intervista Claudia Koll ci ha parlato del suo libro, ma anche dell’Associazione Le Opere del Padre, che si occupa di evangelizzazione e di progetti di solidarietà in Italia e in Africa, di come la maternità ha modificato la sua visione del mondo, regalandoci importanti riflessioni sulla società attuale nonché un ricordo di Nino Manfredi.
Claudia, nel libro “Qualcosa di me. Dialogo con un’amica” si racconta attraverso una conversazione con la sua amica Giulia. Com’è nata questa idea?
“È nata in occasione del Giubileo 2025, che è per me un anniversario: sono passati infatti venticinque anni da quando, durante il Giubileo del 2000, passai la Porta Santa a San Pietro, insieme a un’amica. Quel momento segnò l’inizio della mia conversione. Non potevo non condividere l’esperienza della scrittura di questo libro con un’altra amica”.
Il primo capitolo è dedicato all’amicizia, quanto è stata ed è importante per lei?
“Il valore dell’amicizia è importante, come si può capire dalla risposta precedente. Nell’amicizia ci sono vari livelli. È per me fondamentale vivere delle amicizie profonde, libere e autentiche che mi consentano di essere me stessa fino in fondo, in una relazione con una persona che è diversa da me ma che mi vuole bene, mi accetta e mi accoglie come sono, pur nella diversità. Cerco anch’io di essere un’amica così. E questa è l’amicizia che mi lega a Giulia, l’amica con cui ho scritto il libro. Nella diversità poi si scoprono, attraverso il confronto, punti di vista differenti che sono un’occasione per interrogarsi e per crescere insieme”.
Il suo cammino di conversione è iniziato con il passaggio della Porta Santa accompagnando un’amica in occasione del Giubileo del 2000. In questi 25 anni come è cambiata la sua vita e anche l’approccio verso la professione di attrice?
“La mia vita è più intensa, più viva, più ricca di significato e di relazioni, che con alcuni hanno portato a realizzare progetti comuni per il bene.
Come attrice mi sento più “umana” e anche più capace di raccontare il cuore dell’uomo attraverso i personaggi e le storie che interpreto”.
Nel libro racconta di aver rifiutato dei progetti lavorativi perché i ruoli proposti non la convincevano. Quanto coraggio ci vuole oggi a dire di no, a non omologarsi ma ad essere se stessi fino in fondo?
“Ci vuole coraggio, ma è un coraggio che viene premiato perché in questo modo la persona si rafforza nella propria identità e non scende a compromessi con se stessa. Questo è fondamentale per un’artista. La creazione artistica dovrebbe nascere da un atto d’amore, che è tanto più potente quanto più l’artista crede in quello che fa”.
Nella nostra società ci si ferma spesso all’apparenza, si tende a volte a “giudicare” le persone in base a stereotipi o ad aver timore del “diverso”, cosa si potrebbe fare secondo lei per abbattere questi pregiudizi culturali?
“Ci vuole quello che ho detto prima: la capacità di accogliere l’altro per quello che è e non cercare di “guardarsi allo specchio” attraverso gli altri. L’altro è sempre altro da me, non può essere come me ed è importante che ci sia un rispetto reciproco. Questo richiede un processo di crescita, un percorso di maturazione”.
Un incontro per lei molto importante è stato quello con Santo Giovanni Paolo II. Le va di raccontarci quel momento speciale?
“Nel libro ho raccontato di quando andai a un’udienza di San Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo e gli consegnai una mia lettera, dicendogli: «Santità, io sono un’attrice». Lui mi accarezzò con affetto [1].
Ho anche ricordato, tra l’altro, che San Giovanni Paolo II aveva partecipato, in Polonia, alla fondazione del “Teatro della parola” detto anche “Teatro rapsodico” che sottolineava l’importanza della parola nella recitazione. La Polonia era sotto l’occupazione nazista. Gli artisti, che non si adeguavano al regime, non potevano lavorare in teatro. Erano perseguitati. Lui e il suo gruppo facevano spettacoli negli appartamenti, nelle sacrestie… Non si potevano affidare alla scenografia e ai grandi effetti. Lavoravano quindi sul senso profondo del testo che andavano a interpretare, sulla parola e sulla voce [2].
Ho ritrovato in San Giovanni Paolo II, quello che cominciavo a sentire dentro: che l’attore può rendere viva la parola che interpreta, può renderla evocativa, capace di suscitare nell’altro emozioni e di comunicare un contenuto importante”.
Nel libro parla anche dello spettacolo teatrale “Il prigioniero della seconda strada”, che emozioni le ha regalato interpretare Edna?
“Come ho scritto nel libro, mi trovai a mio agio con questo lavoro perché mi piace la commedia e mi piace molto anche interpretarla.
Scelsi di vivere il personaggio di Edna e la sua relazione con il marito in una maniera tutta mia, credendo profondamente in quello che stavo facendo.
Non utilizzai la derisione, né la risposta a tono, non per questo entrai in un atteggiamento condiscendente o da vittima nel rapporto. Scelsi di vivere nel mio personaggio un amore equilibrato, adulto e sano. E lo feci senza cambiare le parole del copione, ma cambiandone il colore e il tono, togliendo l’acredine e mettendo l’amore” [3].
Nel libro ho anche raccontato di una sera in cui, interpretando Edna, sentii un peso tremendo e un dolore forte. Accadde in una scena in cui il marito, in preda alla sua sofferenza patologica, attaccava Edna in maniera nevrotica. Scoprii dopo che avevo intercettato la sofferenza di una persona del pubblico che stava vivendo una situazione simile. La connessione con il pubblico è misteriosa e profonda [4].
Edna mi ha anche regalato l’amicizia con Attilio Corsini, co-protagonista e regista dello spettacolo, che in seguito venne anche in Africa con me a girare un documentario, i cui proventi furono destinati a portare a termine la costruzione di un orfanotrofio in Burundi”.
Nella sua carriera ha recitato in diverse serie tv di successo tra cui “Linda e il brigadiere” al fianco di Nino Manfredi. Che ricordo conserva di lui?
“Ho il ricordo di un bravissimo attore. Era un “signore del cinema”, che sapeva sempre cosa fare davanti alla macchina da presa, ma non solo. Nino Manfredi sul set si comportava come una persona che stava a casa sua e sapeva come muoversi, cosa dire, come rapportarsi con tutti coloro che lavoravano con lui”.
Nell’omelia della Santa Messa in occasione del Giubileo degli artisti e del mondo della cultura 2025 Papa Francesco ha ricordato che “L’arte non è un lusso, ma una necessità dello spirito. Non è fuga, ma responsabilità, invito all’azione, richiamo, grido. Educare alla bellezza significa educare alla speranza”. Che ruolo possono avere le arti per smuovere le coscienze?
“Le arti possono fare molto perché hanno il potere di connettere la persona con la propria interiorità. La commedia, per esempio, può aiutare ad aprire il cuore con il sorriso e la risata e può consentire al pubblico di accogliere un messaggio importante su cui riflettere.
Io lavoro con l’arte anche come counsellor, come scrivo nel libro.
«Come counsellor faccio un po’ quello che Stanislavskij faceva come regista: cerco di riportare le persone a se stesse. E lo faccio anche attraverso l’arte»[5]”.
Ha fondato l’Associazione Le Opere del Padre con cui avete realizzato importanti progetti in diversi Paesi del mondo. Quali sono i prossimi in programma e in che modo possiamo esservi di supporto?
“Il nostro progetto Colomba Express, già attivo da anni presso una parrocchia di Fidene, si sta trasferendo presso la parrocchia di San Gelasio sempre a Roma e prenderà il nome “Con Maria nella terra dei fratelli”. Si tratta di un progetto a sostegno di persone senza tetto, senza fissa dimora, individui e famiglie che vivono in situazioni di vulnerabilità. Le persone povere, i fratelli e le sorelle, che si rivolgono a noi sono sempre più numerose. Potete aiutarci facendo una donazione in denaro all’Associazione Le Opere del Padre. Inoltre, abbiamo sempre bisogno di alimenti, farmaci, abbigliamento. E anche di volontari! Potete venire a visitarci prendendo un appuntamento. I nostri recapiti sono sul sito dell’Associazione Le Opere del Padre”.
Qual è l’insegnamento più prezioso che ha avuto entrando in contatto con i poveri, gli ammalati, gli anziani, le ragazze madri, con persone che provengono da realtà diverse?
“La semplicità. Il guardare all’essenziale nella vita. Ciò che conta nella vita è vivere il momento presente con profonda intensità”.
Santa Teresa di Lisieux diceva che “il capolavoro più bello del cuore di Dio è il cuore di una madre”, lei è mamma affidataria di due ragazzi e una ragazza, come la maternità ha modificato la sua visione del mondo?
“Tantissimo! Prima gestivo in maniera autonoma la mia vita. Avevo un tempo gratificante per la preghiera e per le persone povere. La maternità mi ha spinto e mi spinge a crescere nell’amore e nella comprensione. Ora tutte le scelte della mia vita sono imprescindibili dalla maternità. Per esempio, quando parto porto con me il bambino piccolo e la ragazza che ho in affidamento. Chi mi accoglie, accoglie non solo me, ma la mia vita, la mia storia, il mio essere madre. Ringrazio il Signore che mi ha fatto uscire da me stessa per vivere la maternità.
Quello che fa una mamma per i propri figli, lontano dagli occhi della gente, non è di minore importanza rispetto al volontariato. Non è che io sia straordinaria in questo. Tutte le mamme che vogliono fare le mamme fanno così”.
Tra i tanti interessanti aspetti della sua storia, tra cui alcuni meno conosciuti come il suo amore per l’arte, per la natura e gli animali, che racconta in “Qualcosa di me. Dialogo con un’amica”, che cosa in particolare vorrebbe arrivasse al pubblico?
“C’è sempre stato in me l’amore per la natura, gli animali e per l’arte. C’è una bellezza che li accomuna e mi parla al cuore. Oggi, grazie a Dio, il mio amore per la natura, gli animali e per l’arte è più consapevole, perché Dio non toglie niente, ma dà il centuplo e mi ha reso più capace di amare”.
di Francesca Monti
Si ringrazia Giulia Verdi – Tav Editrice
[1] Cfr. Claudia Koll, Qualcosa di me – dialogo con un’amica, Tau Editrice, Todi 2025 p. 55
[2] Cfr. Op. Cit. p. 66
[3] Cfr. Op. Cit. p. 36-37
[4] Cfr. Op. Cit. p. 67
[5] Cfr. Op. Cit. p. 71
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