Jeff Bezos: “L’AI? È una ‘bolla industriale’, e potrebbe anche essere buona”

Ottobre 4, 2025 - 19:00
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Jeff Bezos: “L’AI? È una ‘bolla industriale’, e potrebbe anche essere buona”

IL FONDATORE DI AMAZON

Jeff Bezos: “L’AI? È una ‘bolla industriale’, e potrebbe anche essere buona”



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Jeff Bezos all’Italian Tech Week ha definito l’AI una sorta di “bolla industriale” che però, pur causando eccesso di investimenti, è utile alla società in quanto l’AI diventerà un “livello abilitante orizzontale” per ogni settore. Ha detto che entro 10-20 anni costruiremo giganteschi data center gigawatt nello spazio per risolvere il fabbisogno energetico terrestre e ha ribadito i principi della filosofia “Day 1”: ossessione per il cliente e rapidità decisionale, concludendo con una osservazione ‘filosofica’: “È più difficile essere gentili che essere intelligenti”…

Pubblicato il 4 ott 2025



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“L’AI è una sorta di bolla industriale, e potrebbe anche essere buona.” Con questa provocatoria distinzione Jeff Bezos ha affrontato l’attuale ondata di investimenti nel settore, chiarendo subito la sua posizione: a differenza delle bolle finanziarie, l’entusiasmo per l’Intelligenza Artificiale lascerà alla società “benefici giganteschi”. Parlando all’Italian Tech Week, il fondatore di Amazon e Blue Origin ha spiegato perché, anche se gli investitori potrebbero “perdere denaro collettivamente,” l’AI è destinata a diventare un “livello abilitante orizzontale” che cambierà “ogni azienda nel mondo”.

I datacenter? Presto finiranno nello Spazio

Bezos ha discusso anche del rapporto tra progresso tecnologico, sostenibilità e futuro del Manifatturiero spiegando che per preservare il pianeta l’unica soluzione è spostare l’industria energivora nello spazio, dove dovremo costruire “gigantesche fabbriche di semiconduttori o di altri prodotti ad alta intensità energetica” per inviare poi sulla Terra “solo il prodotto finito”.

Un’affermazione che, al di là dell’impatto mediatico, pone questioni fondamentali per le strategie industriali e di policy a livello globale, e in particolare per l’Europa.

L’analisi di Bezos parte da un presupposto energetico. “L’umanità ha bisogno di più energia e continuerà ad averne bisogno”, ha spiegato dal palco. “Se si proietta questo fabbisogno in avanti di qualche centinaio di anni, la Terra non è in grado di sostenerlo“.

Lo spazio, dice, “ha risorse quasi illimitate e un’energia solare immensa, disponibile 24/7. Possiamo costruire gigantesche fabbriche di semiconduttori o grandi data center da gigawatt entro i prossimi 10-20 anni, inviando sulla Terra solo il prodotto finito e liberando il pianeta da un enorme carico energetico”.

Questa visione è alla base dell’idea che ha portato Bezos a fondare Blue Origin, la sua compagnia aerospaziale, con l’obiettivo di “costruire una strada verso lo spazio” in cui la Luna, ricca di idrogeno, funzionerà da vero e proprio deposito di carburante per missioni più profonde. I razzi riutilizzabili, come il New Shepard per il turismo suborbitale e il più imponente New Glenn per i carichi pesanti, sono concepiti come l’infrastruttura abilitante, l’equivalente delle ferrovie durante la prima rivoluzione industriale.

La filosofia del ‘Day 1’ come modello industriale

Bezos si è poi soffermato sul modello di gestione e innovazione che ha permesso ad Amazon di passare dall’essere una libreria online a un colosso globale.

La filosofia del “Day 1” si basa su quattro pilastri che offrono spunti concreti anche per il tessuto manifatturiero europeo, spesso ancorato a modelli più tradizionali. Il primo è una vera e propria “ossessione per il cliente“, che deve superare la semplice attenzione. “Quando i nostri concorrenti erano a fare la doccia, noi stavamo pensando ai clienti”, ha detto provocatoriamente Bezos.

Il secondo principio è la necessità di resistere ai “proxy”, ovvero a quei processi che diventano il fine anziché il mezzo. “Un processo non è il risultato. Bisogna sempre assicurarsi che il processo serva il risultato desiderato per il cliente, e non il contrario”. Questo implica una flessibilità organizzativa e una capacità di mettere in discussione le procedure consolidate.

Il terzo punto è l’adozione proattiva delle tendenze esterne. L’intelligenza artificiale ne è l’esempio principale. “Amazon lavora sull’intelligenza artificiale da 25 anni, non è una novità per noi”, ha precisato, citando gli algoritmi di raccomandazione e l’ottimizzazione logistica. E ha definito l’attuale ondata di AI generativa, basata sui Large Language Models, come una “rinascita, un momento d’oro” che abiliterà un’innovazione senza precedenti in ogni settore. Per le imprese, ignorare questa tendenza non è un’opzione; si tratta di capire come integrarla per creare valore.

Il quarto pilastro è la rapidità decisionale. Bezos ha sottolineato la differenza tra decisioni irreversibili e reversibili. La maggior parte delle decisioni aziendali appartiene alla seconda categoria e dovrebbe essere presa rapidamente, anche con il 70% delle informazioni disponibili, per non perdere il ritmo dell’innovazione. Solo chi non fa non sbaglia, diremmo noi… “Se sai in anticipo che qualcosa funzionerà, non è un esperimento“, ha detto invece Bezos. “Le aziende devono creare una cultura in cui i fallimenti su piccola e media scala siano non solo tollerati, ma incoraggiati come parte del processo di invenzione”. Ha citato l’esempio del Fire Phone, un insuccesso commerciale da cui Amazon ha però tratto insegnamenti preziosi che hanno contribuito al successo di altri prodotti come Echo e Alexa.

La “bolla industriale” dell’AI e la cultura del fallimento

Approfondendo il tema dell’AI, Bezos ha chiarito che questa tecnologia permeerà ogni applicazione e processo aziendale. Non sarà un prodotto a sé stante, ma uno strato abilitante, un “gigante tecnologico che sta accelerando l’innovazione”.

Come anticipato a inizio articolo, Bezos ha definito l’attuale ondata di entusiasmo come una sorta di “bolla industriale”, distinguendola però nettamente dalle pericolose “bolle finanziarie”. Una bolla industriale, ha spiegato Bezos, è utile perché, pur generando investimenti anche eccessivi, costruisce le fondamenta per il futuro. La sua applicazione, oltre a ottimizzare l’esistente, creerà intere nuove categorie di business. La sfida per il sistema imprenditoriale italiano ed europeo non è tanto tecnologica, quanto culturale.

Oltre la tecnologia: leadership e umanità

L’intervento di Bezos ha però superato i confini della strategia industriale per toccare corde più profonde legate alla leadership e alla filosofia personale. Attraverso un aneddoto sulla nonna fumatrice, ha condiviso uno degli insegnamenti ricevuti dal nonno: “Un giorno capirai che è più difficile essere gentili che essere intelligenti”. Una lezione che applica al business: la tecnologia è “intelligente” (clever), ma il suo valore si misura dalla sua capacità di essere “gentile” (kind), ovvero utile e umana, costruendo relazioni di fiducia a lungo termine con i clienti.

Ha poi offerto consigli diretti ai giovani imprenditori, affermando con forza che, grazie agli strumenti oggi disponibili, “non c’è mai stato un momento migliore per essere un imprenditore“. Smontando in parte il mito del college dropout, cioè la narrazione, molto popolare nel mondo della tecnologia, secondo cui i grandi imprenditori di successo sono persone che hanno abbandonato l’università per fondare le loro aziende, Bezos ha riconosciuto che esistono esempi celebri di imprenditori che hanno avuto successo pur abbandonando il college, citando specificamente Bill Gates e Mark Zuckerberg, ma ha immediatamente specificato che “queste persone sono l’eccezione”. Ha quindi consigliato a tutti di lavorare a lungo in un’azienda consolidata (una best practices company) per assorbire i fondamentali del mestiere prima di lanciare una propria iniziativa. Ha anche sottolineato come le grandi aziende, citando Amazon e la stessa Stellantis (a intervistarlo era John Elkann), offrano “opportunità gigantesche” e percorsi di carriera stimolanti.

Bezos ha anche illustrato un principio di management avanzato tramite l’esempio di Jeff Wilke, ex CEO di Amazon Worldwide Consumer. Un leader innovatore deve saper controllare il ritmo con cui rilascia le sue idee all’organizzazione. Un flusso costante e non gestito di nuove iniziative, anche se brillanti, rischia di generare un backlog insostenibile, distrarre i team e, in ultima analisi, “distruggere l’azienda”. L’invenzione, quindi, non è solo creatività, ma anche disciplina e gestione del ritmo.

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