La Resistenza nei lager di Giuseppe Lazzati

Settembre 6, 2025 - 02:00
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La Resistenza nei lager di Giuseppe Lazzati
Giuseppe Lazzati, il terzo da destra, insieme ad altri ufficiali in un campo di prigionia

In prossimità dell’8 settembre è bene ricordare quella pagina eroica, drammatica e purtroppo poco conosciuta, dei militari italiani internati nei lager nazisti dopo l’Armistizio del 1943. Oltre 600mila uomini che attuarono una vera Resistenza, ribadendo ogni giorno, tra umiliazioni, fame, violenze, il loro no a Hitler e a Mussolini.

Tra di loro, Giuseppe Lazzati, 34 anni, tenente degli alpini, presidente dell’Azione cattolica ambrosiana, docente all’Università cattolica di Milano. Catturato a Merano dai tedeschi, insieme ai suoi uomini, e internato nella fortezza polacca di Deblin Irena.

Dove si discute. Cosa fare? Come si è arrivati a questa situazione? Di chi è la colpa? Le risposte non sono semplici e i punti di vista diversi. Ma quando Lazzati prende la parola, tutti si zittiscono, di colpo. «Smettiamola di sprecare il nostro tempo e le nostre energie con questi discorsi – dice con quel suo tono autorevole. È giunto infatti per noi il momento di agire per la ricostruzione morale e ideale dell’uomo».

Un rivoluzionario, questo Lazzati. Di più: un pericoloso sovversivo. I tedeschi lo hanno capito subito. Uno che propone il modello di una società civile diversa, basata sulla libertà, sulla giustizia, sul rispetto dei diritti e dei doveri. Secondo una visione cristiana.

Inaccettabile, intollerabile. Herr professor è tenuto sotto stretta sorveglianza, costantemente. E lo trasferiscono di lager in lager, cercando in tutti i modi di impedirgli di creare un gruppo, di fare dei proseliti, di «infettare» i campi di prigionia con le sue idee. Tanti militari italiani internati, forse la maggior parte, hanno dovuto subire questo calvario. Ma nei suoi confronti c’è un accanimento davvero particolare.

È forse impossibile cercare di «quantificare» quale sia stata l’opera di «salvataggio» che Giuseppe Lazzati ha attuato nei lager. Le testimonianze sono innumerevoli. C’è chi gli deve letteralmente la vita, chi ha trovato conforto in una sua parola di incoraggiamento, chi ha maturato scelte vocazionali, religiose o familiari, confidandosi con lui nei giorni della prigionia. Ma quasi non esiste ufficiale italiano internato nei lager che non abbia serbato un ricordo di gratitudine verso quest’uomo dalle doti straordinarie di umanità e di intelligenza, e dalle fede immensa. Semplicemente perché c’era.

Lazzati è stato per tutti, nei campi di prigionia, un punto di riferimento. Morale, ma anche fisico. Nel senso che il suo atteggiamento, il suo sorriso, i suoi modi affabili, lo distinguevano immediatamente nella massa degli sventurati.

E se sono prigionieri i corpi, ripeteva instancabilmente ai compagni di sventura, sono libere le nostre menti. Tra i reticolati, allora, Lazzati organizza incontri, conferenze, seminari, veri e propri corsi di livello universitario per esplorare l’uomo nella sua interezza. E quando non insegna, Lazzati prega. Da solo, spesso custodendo su di sé l’ostia consacrata. Ma ancora più di frequente si ritrova insieme a chiunque voglia raccogliersi in preghiera. Tra la rabbia impotente dei nazisti.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia