L’omicidio di Charlie Kirk è l’ennesimo caso di terrorismo memetico

Settembre 15, 2025 - 08:00
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L’omicidio di Charlie Kirk è l’ennesimo caso di terrorismo memetico

Pochi giorni fa è stata rivelata l’identità del ragazzo che, lo scorso 10 settembre, ha sparato a Charlie Kirk durante il dibattito alla Utah University. Tutte le parti in causa si sono gettate su un possibile identikit che potesse avallare la rispettiva tesi di comodo. Nell’arco di poche ore, all’assassino è stata attribuita qualsiasi ideologia dello spettro politico americano e non: un attivista della sinistra radicale, un militante di destra ostile o vicino alla vittima, un cultore del secondo emendamento, un figlio del dark woke o un semplice cane sciolto. È naturale che andasse così, si tratta del naturale prosieguo del dibattito su Charlie Kirk che adesso, per forza di cose, è arrivato anche da noi in Italia.

Un dibattito che si è subito diviso in due tronconi egemoni, quelli interessati a trasformare Kirk nel proprio Horst Wessel e i fautori del “se l’è cercata”. A questi si aggiungono i soliti amanti delle dietrologie che anche questa volta non hanno mancato di dare il proprio contributo. Il capo di Turning Point Usa, per alcuni di loro, sarebbe stato ucciso da qualcuno di cui ancora non conosciamo l’identità, per altri sarebbe stato sacrificato in nome dell’ennesimo inside job, ma queste sono solo le ipotesi più pacate. Tra le tesi più avvilenti spicca quella, sostenuta anche da una testata italiana, secondo la quale ad ordinare l’omicidio di Charlie Kirk siano stati gli ebrei e/o il governo di Benjamin Netanyahu (il complotto giudaico contro Charlie Kirk, uno dei più sionisti tra i vari podcaster della destra americana). Sorvoliamo.

A scatenare ancora di più i commentatori della vicenda sono stati i dettagli sull’arma usata dall’assassino di Kirk. Sulle munizioni troviamo scritte frasi («Hey, fascist! Catch!» o «If you read this, you are gay lmao», per citare quelle diventate virali) e richiami, come quello esplicito a “Bella Ciao”, che hanno dato il via alle più disparate interpretazioni politiche. Al di là della deriva tragicomica dell’indagine – la conferenza stampa durante la quale il governatore dello Utah recita, con accento americanissimo, “oh bella ciao, bella ciao” – il dettaglio delle munizioni è estremamente importante, ma non per i motivi che vengono attualmente discussi in Italia.

Per capire bisogna fare un passo indietro. Marzo 2019, il ventottenne Brenton Tarrant si riprende mentre commette una strage alla moschea di Al Noor e nel centro islamico di Linwood. È la strage di Christchurch. Dopo il suo arresto, le autorità neozelandesi rilasciano informazioni sulle armi usate da Tarrant: sui fucili ci sono scritte inneggianti alle figure chiave del suprematismo bianco, richiami sconclusionati a personaggi storici e figura della cultura pop, e una lista di «partigiani politici» tra cui l’italiano Luca Traini, responsabile dell’attacco di Macerata del febbraio 2018.

Ma la cosa per cui il caso di Tarrant ha ottenuto un’immediata risonanza internazionale è il richiamo allo youtuber PewDiePie. Lo stragista prima di entrare nella moschea urla, in diretta streaming, «Subscribe to PewDiePie», un meme all’epoca appartenente alla community del creator svedese che finisce, suo malgrado, citato anche sul fucile di Tarrant assieme a Traini e altre figure tutte scollegate tra loro.

Christchurch è stato il primo caso di shitposting (la «pubblicazione di contenuti inutili o irrilevanti, con lo scopo di far deragliare una conversazione o provocare gli altri» per usare la definizione dell’American dialect society) applicato a un fatto violento. Del resto, Tarrant si è fatto teorico di questa strategia mettendola nero su bianco sul suo manifesto nel quale si legge: «Create memes, post memes, and spread memes» (create meme, postate meme, diffondete meme). Sei anni dopo, l’assassino di Charlie Kirk segue lo stesso modus operandi riempiendo le sue munizioni di richiami politici che si sovrappongono a meme legati alle bolle online della comunità gamer; «Hey, fascist! Catch!» è seguito da un codice di frecce, appartenente al videogioco Helldivers 2, “Bella Ciao” è sì l’inno riconosciuto da tutti gli antifa occidentali, ma anche parte della soundtrack di Far Cry 6.

In “Idioti dell’orrore” (edito da Linkiesta Books) siamo partiti dal fenomeno dei mass shooting (le stragi di massa tipicamente americane) per raccontare quello del terrorismo memetico: un tipo di terrorismo dove i meme sono sia il principale mezzo di comunicazione usato dagli assassini sia una fonte di radicalizzazione per la platea di loro emuli che popola forum e sottoboschi online. Il mass shooting è solo una declinazione specifica del fenomeno. L’assassino di Kirk non è uno stragista di massa, ma i riferimenti pop esplicitamente fatti da lui (o ricavati dall’identikit che ne hanno fatto le autorità) sono propri di un tipo di radicalismo che supera i confini della politica classica e attinge a piene mani dalle sottoculture di Reddit, 4chan e altri siti simili. Un fenomeno solo in apparenza nuovo, ma che in realtà va avanti da più di un decennio.

Tra lui e Tarrant l’unica differenza apparente sta nel presunto schieramento politico (estrema sinistra il primo, destra radicale l’altro), le similitudini, invece, vanno oltre le rispettive munizioni: entrambi hanno trollato il pubblico di massa, entrambi sono riusciti a far parlare di sé ottenendo una visibilità che non si esaurisce con la chiusura del caso giudiziario, ed entrambi hanno coltivato una platea di sostenitori (e detrattori) che li renderà parte della cultura pop. Entrambi sono riusciti nel loro intento, ricorrendo al meme.

Il successo dell’assassino di Kirk non sta nell’aver ucciso il commentatore Maga ma nel dibattito che è riuscito a scatenare su di sé. I richiami volutamente memetici dei suoi proiettili hanno generato l’ennesima faida infima tra chi sostiene sia un dichiarato estremista di sinistra e chi un groyper (bolla memetica della destra radicale vicina all’opinionista Nick Fuentes, che già in passato ha avuto una faida con Kirk). Tutti parliamo dell’assassino che in questo articolo, volutamente, non abbiamo mai nominato per nome.

Come già scritto nel capitolo tematico di “Idioti dell’orrore” sulla politica, la commistione tra questa e il terrorismo memetico esiste; anche se campata in aria, in molti casi c’è sempre una matrice alla base. Non bisogna fraintendere il concetto di terrorismo memetico pensando che ci sia un social, un forum o un testo sacro fatto di meme che sostituisca gli schieramenti classici. Ma questo tipo di radicalizzazione rende qualsiasi matrice politica un richiamo funzionale all’azione in sé. Nobilita l’assassino interessato solo e unicamente a entrare nel pantheon online. E quello di Kirk ci è riuscito.

Tra chi spinge l’ipotesi del dissidente di destra groyper e quella dell’estremista di sinistra, continua la ricerca disperata del pubblico sul preciso movente politico dietro l’omicidio. Forse non lo sapremo mai. Forse non c’è. L’unico dato certo è che continua l’incomprensione di un fenomeno che ormai è stabilmente parte della violenza stragista, politica e non.

I giornali continuano a sperticarsi su quel “Bella Ciao”: a destra viene presa come una precisa dichiarazione di intenti, a sinistra si dividono tra chi urla alla strumentalizzazione e chi sotto sotto spera di aver trovato un nuovo Luigi Mangione da idolatrare.

Analisi simili a quelle di chi nel 2019 ha sbattuto la testa su quel «Subscribe to PewDiePie», arrivando a teorizzare collegamenti assurdi tra l’estrema destra e lo youtuber. Ancora una volta il pubblico non ha capito niente. O non ha voluto capire.

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