Magistrati onorari, per l’Italia c’è il deferimento alla Corte di giustizia. E una nuova procedura

Ottobre 9, 2025 - 07:00
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Magistrati onorari, per l’Italia c’è il deferimento alla Corte di giustizia. E una nuova procedura

Bruxelles – Magistrati onorari e giungla contrattuale, l’Italia non ha adeguato il proprio ordinamento e adesso scatta il deferimento alla Corte di giustizia. La Commissione europea ha concesso almeno quattro anni per risolvere un problema fin qui mai risolto, e l’Italia ha pure beneficiato del ‘fattore Draghi’: nel 2022 una lettera di messa in mora supplementare ha di fatto ritardato il processo di infrazione avviato nel 2021, ma poi niente è stato fatto, e allora la decisione di procedere per le vie legali.

Le contestazioni per l’Italia sono sempre le stesse: mancato allineamento della legislazione nazionale applicabile ai magistrati onorari al diritto del lavoro dell’Ue. La Commissione ritiene che le norme nazionali continuino a non essere conformi alla direttiva sul lavoro a tempo determinato, alla direttiva sul lavoro a tempo parziale e alla direttiva sull’orario di lavoro. La prima esorta i governi a prevenire gli abusi derivanti da una successione di contratti a tempo determinato, la seconda vieta la discriminazione ingiustificata dei lavoratori a tempo parziale, la terza stabilisce norme minime in materia di riposo giornaliero e settimanale, e ferie retribuite.

Il problema è che in Italia diverse categorie di magistrati onorari (giudici onorari di pace, vice procuratori onorari e giudici onorari di tribunale) non godono dello status di ‘lavoratore’ in base al diritto nazionale italiano e sono considerati volontari che prestano servizio a titolo ‘onorario’. Ne deriva che queste categorie di magistrati onorari ricevono un trattamento meno favorevole rispetto ai giudici togati in termini di indennità per malattia, infortunio e gravidanza, trattamento fiscale, e ferie annuali retribuite.

[foto: Daniele Scudieri Imagoeconomica]

Il deferimento e la nuova procedura

Per il governo la situazione si complica alla luce della decisione di Commissione di operare la distinzione tra prima 15 agosto 2017 e dopo 15 agosto 2017.  Il deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia dell’UE riguarda i magistrati onorari assunti dopo quella data. Per i giudici onorari in attività e in carica prima di ferragosto 2017 valgono altre norme ancora, creando di fatto una situazione di discriminazione tra figure professionali uguali. Per questo l’esecutivo comunitario decide di inviare una lettera di messa in mora tutta nuova che fa sì che adesso si portano avanti due procedure di infrazione distinte.

Pedaggi autostradali e appalti, altri nodi da sciogliere

La procedura d’infrazione sui magistrati onorari che diventano due non sono l’unica cattiva notizia per l’Italia all’interno del pacchetto mensile di infrazioni di ottobre adottato dal collegio dei commissari. La Commissione UE decide inoltre di deferire il Paese dinanzi alla Corte di giustizia per “l’incompleto recepimento” delle norme dell’UE sui pedaggi e i diritti di utenza per l’uso dell’infrastruttura stradale. C’era tempo fino al 25 marzo 2024 per comunicare le misure di recepimento, misure mai notificate a Bruxelles. Sulla base delle informazioni disponibili si ritiene che “gli sforzi profusi finora dalle autorità italiane per adottare le misure necessarie non siano stati sufficienti”, fanno sapere dalla Commissione. Considerazioni basate su aggiornamenti mancanti che non si vogliono più attendere. Ora il governo Meloni dovrà spiegare ai giudici di Lussemburgo.

Infine la Commissione europea invia a Roma una terza lettera di messa in mora per chiedere ulteriori correttivi in materia di appalti pubblici. A Bruxelles si ritiene che le nuove norme sulle procedure di aggiudicazione del project financing e sulla divulgazione di segreti tecnici e commerciali relativi alle offerte presentate nelle gare d’appalto, stabilite nel Codice degli appalti pubblici italiano adottato nell’aprile 2023 e modificato nel dicembre 2024, “non siano ancora conformi alle Direttive UE sugli appalti pubblici”.

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