Monti e Gentiloni: “La via per la competitività UE passa dal mercato unico e dagli Eurobond”

L’OPINIONE
Monti e Gentiloni: “La via per la competitività UE passa dal mercato unico e dagli Eurobond”
Per migliorare la propria competitività l’UE deve superare gli ostacoli al mercato unico e accettare di mettere in campo strumenti come gli Eurobond per la difesa. La crisi ucraina, paradossalmente, potrebbe dare la giusta scossa al Vecchio continente e diventare un catalizzatore per rafforzare la base industriale e tecnologica europea. Il punto di vista degli ex commissari UE Mario Monti e Paolo Gentiloni

L’unità europea è ormai, più che un’alta aspirazione, una “necessità di sopravvivenza”. Con queste parole Mario Monti, ex Presidente del Consiglio ed ex Commissario Europeo, ha fotografato l’urgenza strategica che il continente si trova ad affrontare.
Monti e l’altro ex Commissario UE, Paolo Gentiloni, hanno analizzato, in occasione di un evento organizzato da Assolombarda, le dinamiche che frenano l’integrazione europea arrivando a una conclusione quasi paradossale: la più grande minaccia attuale, la guerra in Ucraina, potrebbe rappresentare un’occasione unica e irripetibile perché la UE faccia un salto di qualità sul piano industriale e politico.
Il triangolo dell’ipocrisia che frena il mercato unico
Perché, nonostante le eccellenti analisi contenute nei rapporti di alto livello come quelli preparati da Enrico Letta sul mercato unico o da Mario Draghi sulla competitività, nulla di significativo sembra mai accadere? Monti offre una diagnosi precisa, descrivendo quello che definisce il “triangolo dell’ipocrisia”. Il primo lato è rappresentato dal mondo del business e dagli stessi Stati membri che pubblicamente invocano “Wake up Europa”, ma che in privato esercitano un’intensa attività di lobbying sulle proprie capitali per proteggere settori e imprese “dai venti del mercato aperto”.
Questo comportamento innesca il secondo lato del triangolo: una Commissione Europea che, sentendosi intimidita, “va sulla difensiva e fa ancora meno il suo lavoro di watchdog”, rinunciando a far applicare i trattati per non inimicarsi politicamente i governi nazionali.
Il terzo lato è costituito proprio dai governi e dalle amministrazioni nazionali, che secondo Monti rappresentano “il 98% degli ostacoli a una maggiore integrazione”. Un circolo vizioso che mantiene in vita frammentazioni e inefficienze, impedendo la piena realizzazione di un mercato unico che oggi è più indispensabile che mai. L’esempio delle fusioni cross-border bloccate dalla politica, come il potenziale caso Unicredit-Commerzbank citato nel dibattito, è la prova tangibile di come le logiche nazionali continuino a sabotare la costruzione di campioni europei capaci di competere su scala globale.
La debolezza dei governi e il coraggio mancato
Paolo Gentiloni ha rincarato la dose, osservando come l’Europa sia “piena di governi deboli, precari, di minoranza”. E, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la debolezza non spinge verso soluzioni comuni, ma esacerba le retoriche nazionaliste. I governi fragili, ha spiegato, “sono governi prigionieri della retorica, del ‘batti i pugni sul tavolo'”. Le decisioni storiche, come quella di Helmut Kohl sull’Euro, che gli costò una sconfitta elettorale, o quella di Angela Merkel ed Emmanuel Macron su NextGenerationEU, sono state prese da leader forti, non da esecutivi in perenne campagna elettorale.
Gentiloni ha poi evidenziato come l’attuale stabilità del governo italiano non si traduca in un ruolo propulsivo per l’autonomia strategica europea a causa di una cultura politica “che ci crede molto poco” e di una certa affinità con le idee dell’amministrazione Trump, il cui movimento ideologico punta esplicitamente a smantellare l’Unione. L’exl Commissario ha poi mosso una critica velata alla Commissione von der Leyen, sostenendo che “quello che è mancato un po’ in questi mesi è un po’ più di coraggio”, in particolare nella gestione di dossier delicati come la trattativa sui dazi, dove si è ricreata una filiera diretta tra Berlino e Bruxelles che ha marginalizzato altre sensibilità.
Dalla difesa all’industria: l’Ucraina come catalizzatore
Eppure proprio dalla crisi più drammatica, quella dell’Ucraina, potrebbe aprirsi una finestra di opportunità per l’UE. “Penso che quello che rappresenta forse la minaccia più seria oggi per noi europei, cioè l’Ucraina, sia anche un’occasione straordinaria”, ha affermato Gentiloni. Il sostegno a Kiev ha già prodotto “miracoli all’europea”, con l’UE diventata il principale finanziatore e fornitore di aiuti militari, aggirando di fatto i vincoli dei trattati. Su questa spinta, si potrebbe costruire un’architettura di difesa comune finanziata da Eurobond.
Un’operazione che sarebbe un atto di politica industriale di portata storica. Gentiloni ha sottolineato che un’iniziativa forte di Italia e Francia potrebbe convincere una Germania riluttante, ma che sta comunque pianificando investimenti per 500 miliardi nella propria difesa. Un meccanismo di debito comune per la difesa non solo rafforzerebbe la base industriale e tecnologica del settore, ma stabilizzerebbe anche il mercato dei titoli europei, che oggi conta quasi 1000 miliardi di euro emessi da istituzioni comunitarie. Dare stabilità a questo mercato, ha concluso Gentiloni, renderebbe “immaginabile un ruolo più forte della moneta unica”.
Mario Monti ha concordato, ricordando come anche Angela Merkel, inizialmente contraria a ogni forma di mutualizzazione del debito (“not during my lifetime”), sia stata poi la principale artefice di NextGenerationEU.
La crisi attuale, secondo Monti, deve spingere la politica a scelte radicali anche sui bilanci nazionali: “Forse in queste occasioni che avete più sentito parlare di spending review o di vera lotta all’evasione?”. La difesa, ha concluso, è una funzione essenziale che non può più essere sacrificata, e per finanziarla occorre tagliare sussidi inefficienti e combattere l’evasione, definita “il maxisussidio”. La speranza, per entrambi, è che la durezza della realtà costringa l’Europa a compiere quel “salto di maturità” che finora ha sempre rimandato.
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