Omicidio di Paolo Taormina, Gaetano Maranzano e la rappresentazione lombrosiana dell’assassino

Ottobre 15, 2025 - 20:00
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Omicidio di Paolo Taormina, Gaetano Maranzano e la rappresentazione lombrosiana dell’assassino

La tragica morte del giovane Paolo Taormina, di 21 anni, ucciso nella notte tra sabato e domenica in una delle zone della movida palermitana mentre tentava di interrompere un pestaggio, ha innescato presso l’opinione pubblica, due reazioni: la prima è quella della crociata sulla legalità, a cui ha dato il via il primo cittadino di Palermo, culminata, domenica sera, in una fiaccolata di 2000 persone nel capoluogo siciliano. La seconda è quella della rappresentazione lombrosiana dell’assassino, che è stato individuato grazie alle telecamere e ha confessato.

La barba da talebano (sic!), il video postato su Tik Tok in cui citava Totò Riina, i precedenti penali dei suoi familiari, la residenza allo Zen, Gomorra palermitana par excellence, del presunto omicida Gaetano Maranzano (mancano i riscontri delle perizie balistiche), è bastata per sbattere il mostro in prima pagina. I problemi, a nostro avviso, sono altri, e vanno al di là della legalità, declinata sempre in senso di misure repressive più stringenti e del controllo delle classi pericolose. L’assurda morte di Paolo Taormina ha a che fare proprio con la cosiddetta legalità securitaria, sviluppata a partire dalle politiche di tolleranza zero promosse dall’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani, e importata in Italia in modo caricaturale. Le città italiane, colonizzate dall’over-tourism, cessano di essere luoghi di incontro e di scambio. I centri storici si sono trasformati in posti deputati al consumo, alla residenza di lusso e occasionale, destinati solo alla parte più affluente della società. Dall’altro lato, i ghetti, vengono esclusi dai progetti di cosiddetta riqualificazione urbana, e destinati a contenere i gruppi sociali più marginali.

Ne conseguono il deperimento di un tessuto connettivo, fatto di residenti, gestori dei pubblici esercizi, avventori, che esercitava un controllo sociale informale e preveniva la degenerazione dei conflitti. Una volta, a Palermo, mettir’a buona, ovvero intromettersi per prevenire o interrompere il degenerare violento di discussioni e confronti, era la regola. Oggi, questa consuetudine, è venuta tragicamente meno, con le conseguenze che vediamo. La morte di Paolo Taormina segue i tragici fatti di Monreale e le morti di Rosolino Celesia e di Aldo Naro. Inoltre, si inasprisce la polarizzazione sociale. I giovani delle periferie, esasperati dalla marginalità, cacciati dai luoghi di residenza d’origine, indesiderati dalla movida modaiola, cercano di guadagnare il terreno perduto ricorrendo a forme estreme di contrapposizione. In una città come Palermo, dove il possesso delle armi da fuoco rappresenta una triste tradizione, trasversale a tutti i gruppi sociali, il rischio che la scintilla divampi in un incendio di vasta portata, è sempre alto. E non saranno certo le fiaccolate e gli appelli alla legalità ad attenuarlo.

In merito alla costruzione del mostro, si può facilmente ricorrere all’omologazione pasoliniana. La stampa enfatizza l’aspetto fisico di Maranzano, il suo luogo di residenza, i precedenti dei suoi familiari, il suo agire sui social. Non costituiscono elementi che identificano necessariamente una persona propensa all’omicidio, a meno che non si voglia fare ricorso alle categorie positiviste di Cesare Lombroso, che identificava il tatuaggio come elemento caratterizzante del delinquente nato. La moda di tatuarsi riguarda divi del cinema, star del calcio, imprenditori, esponenti politici, ed è nel contesto odierno largamente diffusa a livello sociale. Così come la scelta di acconciarsi la barba in un certo modo. Quanto al video sui social, bisognerebbe ricordare gli altri casi di episodi efferati come stupri o incidenti automobilistici postati sui social da giovani, non necessariamente di periferia, sempre più schiavi del quarto d’ora di celebrità warholiano.

Siamo di fronte a una costruzione becera e banale della devianza, che poggia sulle fondamenta del disprezzo dei gruppi sociali marginali e della ricerca del capro espiatorio. Che elude i problemi veri da affrontare: perché la socialità è ridotta alla movida? Perché le città italiane insistono sulla polarità gentrificazione/marginalizzazione? Perché l’apparire, per mezzo dei social, è diventato il parametro della vita delle giovani generazioni?

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia