Quanto fa male alle imprese il potenziale ritardo dell’Eudr?


L’Eudr nasce per ridurre l’impatto dei consumi dell’Ue, riorientare la finanza e potenziare le informazioni sulle catene di approvvigionamento delle materie prime ma, in tempi di incertezza, quando la tentazione è quella di rallentare, il rischio strategico di aspettare è elevato
Il Regolamento dell’Unione europea sui prodotti a deforestazione zero (Eudr) è stato ampiamente considerato un atto legislativo di riferimento, destinato a rimodellare le catene di approvvigionamento mondiali grazie a una rigorosa due diligence sulle materie prime legate alla deforestazione.
Quale è l’obiettivo? Triplice:
- ridurre l’impronta globale dell’Ue
- promuovere una produzione sostenibile
- garantire che i mercati europei non siano più causa di deforestazione
Ciò nonostante, a fine settembre 2025, la Commissione europea ha avvisato che potrebbe posticipare l’entrata in vigore del decreto di ulteriori 12 mesi, come aveva già fatto lo scorso anno, prolungando quindi il ritardo di 2 anni.
La Commissione esprime serie preoccupazioni circa la prontezza e la capacità del sistema informativo centrale che elaborerebbe le registrazioni degli operatori e le dichiarazioni di due diligence; nella sua forma attuale, potrebbe rallentare a “livelli inaccettabili” e interrompere i flussi commerciali e le attività di conformità.
Per le aziende, soprattutto nei settori agricolo, alimentare e manifatturiero, la notizia suscita emozioni contrastanti. Da un lato, allevia la pressione immediata. Dall’altro, accresce l’incertezza.
Ritardo come arma a doppio taglio
Per le aziende che hanno già investito in sistemi di compliance, mappatura dei fornitori e processi di due diligence, un rinvio sembra una variazione di rotta. Gli investimenti in piattaforme dati, sistemi di certificazione e formazione dei fornitori sono stati effettuati sulla base di una tempistica chiara.
Un cambiamento improvviso mina lo slancio interno per i progetti di sostenibilità e rende più difficile per i responsabili degli acquisti giustificare i budget già sotto pressione a causa di inflazione, interruzioni della catena di approvvigionamento e volatilità geopolitica.
Allo stesso tempo, un ritardo potrebbe significare un importante margine di manovra per le imprese in ritardo. Gli operatori più piccoli e le aziende a valle hanno faticato a interpretare i requisiti, ad allinearsi con i fornitori al di fuori dell’Ue o semplicemente a gestire il carico burocratico che il decreto comporta.
Quindi un anno in più offre un’ancora di salvezza per adeguarsi in modo più approfondito. Rimane una preoccupazione più ampia però: se le norme sulla sostenibilità vengono ripetutamente riviste, il loro potere deterrente si indebolisce e le aziende potrebbero ricorrere al controllo dei costi a breve termine, anziché costruire una resilienza a lungo termine.
Il potere delle attività di lobbying
Diversi Stati membri, associazioni di settore e paesi produttori hanno esercitato crescenti pressioni per estendere i tempi dell’Eudr o ridurne l’ambito di applicazione. Le loro attività di lobbying mostrano non solo la preparazione tecnica, ma anche le sfide commerciali e di sviluppo.
Pressione degli Stati membri
Austria, Italia e Polonia hanno esortato la Commissione a ritardare l’applicazione, citando il rischio di un onere sproporzionato per le Pmi e possibili interruzioni degli scambi con i principali fornitori.
Nel Consiglio Agricoltura e Pesca dell’Ue, diversi ministri hanno sostenuto che le imprese necessitano di più tempo per mappare le catene di approvvigionamento e raccogliere dati di geolocalizzazione, soprattutto per materie prime come cacao, caffè e olio di palma.
Lobbying industriale
Le associazioni hanno avvertito che le scadenze del regolamento sono impraticabili senza linee guida più chiare e strumenti informatici funzionanti. Sostengono che l’incertezza normativa rischia di distorcere il mercato e potrebbe spingere alcuni operatori a chiudere.
Respingimento dei paesi produttori
I Paesi che forniscono materie prime ad alto rischio, tra cui Brasile, Indonesia e Costa d’Avorio, hanno già criticato l’Eudr nel 2023, definendolo un potenziale ostacolo al commercio.
Sostengono che le norme trasferiscono ingiustamente i costi di conformità ai produttori, compromettendo gli sforzi di certificazione locali, minacciando di sollevare il problema al Wto.
Advocacy aziendale
Grandi multinazionali hanno fatto pressioni per un’attuazione graduale. Mentre aziende come Nestlé e Mondelēz hanno entrambe dichiarato di sostenere pienamente gli obiettivi dell’Eudr.
Mondelēz ha comunicato la necessità di rinviarla di un altro anno per evitare colli di bottiglia nell’approvvigionamento e garantire che i piccoli agricoltori siano ben preparati a non essere esclusi dalle catene di approvvigionamento globali.
Ci troviamo di fronte ad un braccio di ferro politico: gruppi della società civile (Wwf, Greenpeace, ClientEarth) da un lato chiedono un’applicazione rigorosa e immediata, l’industria e alcuni Stati membri dall’altro premono per un rinvio.
La Commissione stessa riconosce che i consumi dell’Ue sono un fattore trainante: l’Unione europea contribuisce alla deforestazione importando prodotti legati alla perdita di foreste e ha quindi la responsabilità di contribuire a porvi fine.
L’Eudr nasce per ridurre l’impatto dei consumi dell’Ue, riorientare la finanza e potenziare le informazioni sulle catene di approvvigionamento delle materie prime: esattamente le leve che le aziende stanno ora configurando.
Un ritardo rischia di prolungare uno status quo in cui i prodotti associati alla deforestazione possono ancora entrare nel mercato senza controlli di due diligence uniformi.
La deforestazione è un rischio climatico significativo. La perdita di foreste tropicali nel 2023 ha raggiunto circa 3,7 milioni di ettari, circa dieci campi da calcio al minuto e ha rappresentato circa il 6% delle emissioni globali di CO2 di quell’anno.
La perdita di foreste accelera il riscaldamento globale e aumenta i rischi di transizione e fisici per i portafogli e le catene di approvvigionamento.
Gli effetti domino si estendono oltre il carbonio. La perdita di foreste interrompe i cicli dell’acqua e delle precipitazioni, accresce il deflusso e le alluvioni, degrada i suoli attraverso l’erosione distruggendo gli habitat, con le foreste che ospitano circa il 70% della biodiversità terrestre.
Questi impatti si traducono in fragilità agricola, scarsità di materie prime, rischi reputazionali e maggiori costi operativi, esattamente le problematiche che i team di approvvigionamento e sostenibilità sono incaricati di gestire.
Le imprese devono agire
In tempi di incertezza, la tentazione è quella di rallentare. Ma il rischio strategico di aspettare è elevato. Da buon biker il mio motto è: se sei incerto, tieni aperto.
Per chi non pratica l’arte della motocicletta potrebbe sembrare un grosso rischio, ma nella realtà non è così. Dare più gas significa mantenere maggior controllo nelle fasi cruciali di una curva, chi diminuisce l’uso della manopola del gas rischia di accasciarsi al suolo.
Anche se la tempistica dell’Eudr dovesse cambiare, la sua direzione non cambierebbe. La trasparenza della catena di approvvigionamento e la tracciabilità sono tendenze strutturali guidate da normative, mercati e consumatori:
- dare priorità alle capacità duplici: sviluppare strumenti di visibilità e tracciabilità che favoriscano la conformità e riducano il rischio di approvvigionamento (per esempio, verifica geospaziale, onboarding dei fornitori e meccanismi di reclamo)
- rafforzare le partnership con i fornitori: dedicare più tempo a supportare i piccoli agricoltori e i fornitori ad alto rischio con formazione e raccolta dati, affinchè siano realmente pronti all’entrata in vigore
- allineare i flussi di lavoro normativi: integrare la preparazione all’Eudr con Csrd e Csddd per evitare compartimenti stagni e creare pipeline di dati coerenti su tutti i temi Esg
- scenari di stress test: modellare l’impatto di costi, tempi di consegna e approvvigionamento in base a diverse date di applicazione e classificazioni di rischio per mantenere difendibile l’allocazione del capitale
Il potenziale ritardo dell’entrata in vigore dell’Eudr mette in evidenza una sfida ricorrente nella regolamentazione della sostenibilità: bilanciare l’ambizione con la realtà operativa.
La preparazione tecnica è importante, ma l’incertezza che perdura rischia di indebolire l’urgenza dell’azione in un momento in cui le foreste continuano a scomparire e i rischi climatici si aggravano.
Per le aziende il messaggio deve essere chiaro: un cambiamento di tempi non cambia la destinazione. Le aziende che mantengono la rotta, integrando la trasparenza, investendo nei dati e costruendo catene di approvvigionamento resilienti, saranno in una posizione migliore quando l’Eudr entrerà finalmente in vigore.
E quando ciò accadrà, coloro che hanno agito tempestivamente avranno trasformato la conformità in vantaggio competitivo.
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