Schlein è pronta alla resa dei conti interna, ma non nelle sedi di partito

Elly Schlein vuole fare una specie di Congresso, ma che Congresso non è, in una settimana, la prossima, e così riprendere le redini del Partito democratico rompendo definitivamente l’assedio cui è sottoposta da settimane, se non mesi. Il doppio colpo in canna è questo: primo, lunedì vincere alla grande in Puglia (è scontato) e in Campania (è meno scontato: secondo certe indicazioni il distacco tra Roberto Fico e Edmondo Cirielli sarebbe di sei-otto punti). Poi nel weekend successivo, seconda mossa: andarsi a prendere il correntone in quel di San Gimignano, cioè intestarsi la stragrande maggioranza del partito e blindare così la sua leadership. A urne scrutinate, malgrado un risultato alla fine un po’ banale (tre Regioni alla destra e tre al campo largo) nel senso che non sposta nulla nel quadro politico, Schlein metterà sul tavolo i dati delle liste del Partito democratico che verosimilmente saranno buoni, così che, valutando il dato complessivo delle sei regioni dove si è votato, la leader potrà dire: «Con me i voti aumentano, arrivederci e grazie». Le chiacchiere stanno a zero, si dice a Roma.
Questo è il discorso che gli strateghi del Nazareno hanno intenzione di fare. Una replica a tutte le critiche secondo le quali la leader non ha il profilo, la forza, il carisma per battere Giorgia Meloni, critiche che nascono all’interno del mondo democratico, in testa Romano Prodi, e che vengono ripetute ad abundantiam nel Partito democratico. E anche ovviamente fuori da quel mondo.
Di fronte a un risultato così così di Giuseppe Conte, che pure ha il suo Fico in Campania, Schlein avrà buon gioco nel far notare che il suo partito è tre volte più forte di quello dell’avvocato pugliese. Un buon biglietto da visita per eventuali primarie di coalizione. Ma, va ripetuto, l’assillo del gruppo dirigente è regolare i conti con i riformisti, vissuti ormai come un freno, un impaccio, un elemento estraneo, gente che ha alzato troppo la cresta e che va in ogni modo messa in riga.
Il giro stretto di Schlein non vorrebbe fare prigionieri, ma si guarda bene dal convocare un Congresso. In questo senso la segretaria è stata abile a mettere il cappello sull’appuntamento del correntone di San Gimignano di fine mese, l’iniziativa degli azionisti di maggioranza, da Dario Franceschini a Andrea Orlando passando per Roberto Speranza (cioè Pier Luigi Bersani).
Lì gli ex ministri, i capicorrente storici, i professionisti della politica che hanno abitato ogni stagione del centrosinistra intendevano manifestare il loro disagio, quasi un richiamo alla segretaria contro quella che percepiscono come una gestione monocolore. E tuttavia lei, che pure è iscritta al partito da due anni, è riuscita a far propria l’iniziativa, a mettervi il proprio cappello. Non è chiaro se ciò sia accaduto per abilità sua, per distrazione altrui o perché i capicorrente hanno avuto qualcosa in cambio in termini di potere interno.
Dopodiché, scesi dai colli senesi, non è che Franceschini e gli altri si saranno convertiti sulla via di Schlein. I mugugni e le battutine sull’inadeguatezza di Elly come sfidante di Meloni resteranno tutte lì. Come ha fatto capire il Domani, sono tutti garofaniani: lo scossone più che altro serve al Partito democratico. Quasi morettiani memori dell’immortale «con questa leader non vinceremo mai». E però lei pensa di spezzare l’assedio, anche se per andare dove non si sa. E forse è proprio in questo non-luogo che si gioca la partita: perché un partito non vive solo di voti contati alle urne, ma della capacità di dire dove vuole andare. Il resto sono manovre, correnti, numeri: roba mai sufficiente a vincere la partita decisiva.
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