Urbanistica a Milano, le motivazioni del Riesame smontano l’inchiesta della Procura: “Svilente tesi dei pm”

È una indagine fatta a pezzi, così come le presunte necessità di esigenze cautelari, quella sull’urbanistica milanese condotta negli scorsi mesi dalla Procura meneghina.
A demolire l’impianto sono i giudici del Riesame che lo scorso 12 agosto avevano annullato il primo dei sei arresti operati dal gip Mattia Fiorentini, quello dell’architetto Alessandro Scandurra per i suoi rapporti professionali con lo sviluppatore immobiliare di Coima, il “re del mattone” Manfredi Catella.
È quanto emerge con chiara evidenza dalle motivazioni depositate martedì dai giudici Pendino, Ghezzi e Papagno. Il quadro è evidente già delle parole, durissime, messe nero su bianco dal Riesame: si parla infatti di “svilente semplificazione argomentativa” da parte di Procura e Gip nell’inchiesta che ha terremotato anche il Comune guidato da Beppe Sala, ovvero la tesi per cui “sarebbe sufficiente l’esistenza di un pagamento e lo svolgimento della funzione pubblica in presunto conflitto di interessi per poter ritenere sussistente un accordo corruttivo”.
È dunque per la mancanza di gravi indizi di colpevolezza sulla presunta corruzione, e non per difetto di esigenze cautelari, che il Riesame aveva annullato l’arresto di Scandurra. Per i giudici del Riesame, come si legge nelle motivazioni anticipate dal Corriere della Sera, emerge un “quadro fattuale concluso” delle indagini condotte dalla Procura, che “non permette di apprezzare se Scandurra avesse concretamente polarizzato attorno a sé una cerchia di imprenditori risoluti a pagarlo per ottenere l’aggiudicazione di pareri favorevoli dalla Commissione per il Paesaggio” di cui faceva parte.
Per Scandurra, accusato di corruzione in quanto da membro della Commissiona Paesaggio avrebbe ricevuto soldi dai costruttori per agevolare le pratiche edilizie, mancano secondo i giudici le “evidenze di pressioni indebite”. “Non sono stati affatto dimostrati” i presupposti per cui l’architetto avrebbe orientato il parere degli altri commissari dell’organo (11 membri in tutto), e “non vi sono evidenze di indebite pressioni o sollecitazioni da parte di Scandurra”, si legge nelle motivazioni del Riesame.
Altro punto chiave che ha portato ad annullare l’arresto dell’architetto riguarda le fatture del professionista. “Non vi è traccia di sovrafatturazioni o di fatture false (…) compensi, peraltro, in linea o addirittura inferiori alle tariffe professionali dell’Ordine degli Architetti, non possono di certo definirsi “lucrosi” o “assai remunerativi” nell’accezione negativa attribuita dal Gip”, scrivono ancora i tre giudici.
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