A Caldaro per scoprire il rosso Vernatsch

Saranno i filari che si allungano fino alle rive del lago, sarà il clima mitigato dallo specchio d’acqua o saranno le montagne che circondano il paesaggio, fatto sta che Caldaro, in Alto Adige, è una meta perfetta per gli enoturisti. Il punto di partenza ideale per chi desidera immergersi in un’esperienza che unisce la degustazione di vino e prodotti del territorio con l’esperienza diretta della natura, tra passeggiate, trekking, percorsi in bici e altre attività all’aria aperta.
In questo contesto, c’è un vitigno che ricopre un ruolo molto importante, nella tradizione locale e che oggi viene a poco a poco rivalorizzato, dopo decenni di scarso interesse. Si tratta del Vernatsch, o Schiava, uva a bacca rossa dell’Alto Adige.
Caldaro e il vino
Quello tra Caldaro e il nettare di Bacco è un legame antico, che risale con tutta probabilità all’epoca romana. Oggi, degli 860 ettari di superficie frutticola presenti a Caldaro, 760 sono dedicati alla viticoltura e insistono su un territorio costituito da otto frazioni, popolato da poco più di ottomila abitanti. Il Sentiero del vino, che mette in connessione le produzioni locali, si snoda in un percorso di sedici chilometri a forma di otto, attraverso il centro abitato, con fulcro nella Piazza Principale.
Il lago (Kalterer See in lingua tedesca), oltre a svolgere un ruolo importante per il microclima della zona, è di per sé un’attrazione, perché è balneabile ed è il più temperato dell’arco alpino, oltre a essere il lago naturale più grande dell’Alto Adige. È da esso che prende il nome la denominazione vinicola locale che, come succede da queste parti, si presenta sia in italiano che in tedesco con alcune diverse opzioni di dicitura: Alto Adige Doc Lago di Caldaro o Caldaro, oppure Südtiroler o Südtirol Kalterersee o Kalterer. Secondo il disciplinare di produzione, questi vini devono essere ottenuti da vitigni Schiava grossa, Schiava gentile e Schiava grigia (tre diverse varietà del vitigno Schiava), e fino a un quindici per cento di altri vitigni di colore analogo approvati dalle province autonome di Bolzano e di Trento.
Vernatsch tra dimenticanza e riscoperta
Il legame tra il territorio e il Vernatsch resta forte, ma nel tempo la coltivazione di questo vitigno si è notevolmente ridimensionata. Soltanto nel 2008, ad esempio, la superficie dedicata al Kalterersee (e quindi anche alla Schiava) era di gran lunga la più ampia rispetto quelle riservate ad altri vini o vitigni. Oggi invece, pur restando in testa in termini di superficie con oltre 97 ettari, il Kalterersee è molto più vicino al Gewürztraminer che ne conta quasi 91.
Questa riduzione non si è verificata soltanto a Caldaro, ma in tutto l’Alto Adige. Se nel 1970 il 68 per cento della superficie vitata regionale era occupata dal Vernatsch, oggi la percentuale è scesa all’otto per cento e i motivi sono molteplici. Da una parte una perdita di interesse da parte dei consumatori verso un vino che dal dopoguerra era stato prodotto in grandi quantità, dall’altra la più difficile meccanizzazione dei vigneti, che per questa varietà vengono tradizionalmente impiantati a pergola e richiedono lavorazioni manuali.
Infine, un’altra ragione risiede del prezzo delle uve, che risulta inferiore – e quindi meno conveniente – rispetto a quello di altri vitigni come il Pinot Nero o i vitigni bianchi internazionali.
Oggi però, seguendo quell’evoluzione qualitativa che ha interessato tutto il vino nazionale, i vini da Schiava acquistano nuovo interesse, perché sembrano rispondere molto bene alle richieste dei consumatori contemporanei, con la loro facilità di beva, i tannini delicati e la gradazione alcolica contenuta. Una ragione in più per includere Caldaro nelle proprie mete enoturistiche e fare scorta.
Non è un caso se da due anni a questa parte Caldaro dedica un evento proprio a questo vino, chiamato Anteprima Kalterersee, che quest’anno si è svolto a fine marzo per presentare l’annata 2024 con la partecipazione di venti produttori del territorio. L’iniziativa coinvolge tutti gli attori principali del territorio, tra cui la realtà promozionale Wein.kaltern, l’Associazione Turistica di Caldaro al lago e il Consorzio Vini Alto Adige.
Caldaro non è solo vino
Il richiamo del vino dunque non manca, ma a Caldaro questa risorsa fa da gancio per spronare a scoprire molto altro. Partendo dai prodotti, merita una menzione la mela Kalterer Böhmer, una delle antiche varietà originarie della zona, chiamata anche Rosa di Caldaro. La sua prima menzione risale al 1856 ed è una delle tipologie che, a partire dalla metà del diciannovesimo secolo, hanno avuto un ruolo decisivo nella ripresa della frutticoltura locale. Fino al 1950, si trattava di una delle varietà principali dell’Alto Adige, mentre oggi la produzione si è molto ridotta.
Speck, salumi e carne affumicata sono al centro di molte produzioni locali, così come i formaggi, burro e yogurt, ma anche miele, sciroppi e creme di frutta.
Per apprezzare il territorio si possono programmare escursioni alla scoperta dei cinque biotopi locali, tra cui lo stesso lago, la gola Rastenbach, la Valle della Primavera, le buche di ghiaccio e lo stagno di Castelvecchio (in tedesco Altenburger Tümpel).
Per chi volesse salire di quota (e non soffre di vertigini), in soli dodici minuti la funicolare della Mendola porta dalla stazione a valle di Sant’Antonio a Caldaro fino al passo della Mendola, percorrendo un tratto con una pendenza del 64 per cento.
L'articolo A Caldaro per scoprire il rosso Vernatsch proviene da Linkiesta.it.
Qual è la tua reazione?






