Cartelle esattoriali: anche le fotocopie possono provare la falsità delle firme

lentepubblica.it
La Corte d’Appello di Perugia, con la sentenza numero 469, depositata il 3 settembre 2025, ha affrontato una questione di grande rilievo per avvocati, contribuenti e professionisti del diritto tributario, ovvero la possibilità di proporre querela di falso contro copie fotostatiche di relate di notifica di cartelle esattoriali e la validità dell’accertamento grafologico anche in mancanza degli originali.
Il caso
La vicenda trae origine da un normale contenzioso tra un contribuente e l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (subentrata a Equitalia Centro S.p.a.), trasformatosi però in un procedimento giudiziario piuttosto articolato, relativo alla validità delle notifiche postali e alla certezza dell’autenticità delle firme.
In particolare, M.R. impugnava dinanzi al Tribunale di Perugia una serie di cartelle esattoriali, asserendo che le firme apposte sulle relate di notifica non fossero opera sua e che quindi la notifica degli atti non si fosse perfezionata.
Le notifiche in contestazione coprivano un arco temporale dai primi anni 2000 fino al 2011 e riguardavano posizioni diverse, tra cui contravvenzioni per violazioni del Codice della strada, tributi regionali e imposte comunali.
Lo svolgimento del processo
In primo grado il Tribunale, dopo la prima CTU grafologica, riteneva inammissibile la querela quanto a una relata, mentre respingeva il ricorso per le altre censure.
L’attore impugnava dunque la sentenza fondando l’appello su diversi motivi, tra cui la presunta illegittimità della rappresentanza tecnica dell’agente della riscossione, l’omessa produzione degli originali e presunte carenze della perizia grafologica di primo grado.
La Corte d’Appello di Perugia ha disposto la rinnovazione della CTU, sostituendo l’esperto e chiedendo un riesame complessivo delle firme oggetto di contestazione.
Assistenza da avvocati del libero foro
In primo luogo, la Corte ha risposto alla prima censura relativa alla legittimazione dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione a farsi assistere da avvocati del libero foro. Sulla base dei principi più recenti della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 19.11.2019, n. 30008), i giudici territoriali hanno confermato la possibilità per l’Agenzia di scegliere tra il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato o di avvocati esterni.
Più nel dettaglio, l’orientamento della Cassazione è nel senso che “ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta, […] oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, R.D. n. 1611 del 1933 cit. […] in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio.”
Cartelle esattoriali: anche le fotocopie possono provare la falsità delle firme
Il secondo profilo è centrale e attiene alla produzione degli originali e all’ammissibilità della querela di falso proposta contro copie fotostatiche. Qui la Corte parte da una corretta distinzione tra i diversi regimi di prova e dalle norme che governano la materia civilistica e processuale.
Quando un documento viene prodotto in copia e la parte avversa ne contesta il contenuto o l’autenticità della sottoscrizione, la querela di falso resta uno strumento esperibile anche senza il preventivo disconoscimento della conformità della copia all’originale e spesso senza la produzione immediata dell’originale.
Questo orientamento trova conferma nel combinato disposto di norme e di precedenti giurisprudenziali che consentono, nello specifico contesto della querela di falso, l’analisi grafologica della copia ove la qualità della riproduzione lo permetta.
La Corte sottolinea però che la qualità delle fotocopie, la perdita di informazioni relative alla pressione o al tratto e la possibile deformazione delle dimensioni a seguito di ingrandimenti possono incidere sul grado di attendibilità dell’accertamento grafologico. Nel caso in esame i giudici territoriali, dopo aver disposto una nuova CTU, hanno ritenuto che tali limiti non abbiano impedito di pervenire a un giudizio affidabile, tenuto conto delle cautele metodologiche adottate dall’esperto.
Valutazione tecnica delle sottoscrizioni
Il terzo filone argomentativo riguarda la valutazione tecnica delle sottoscrizioni. La nuova perizia grafologica ha rilevato vari elementi di differenziazione tra le firme apposte sulle varie relate, segnalando la presenza di schemi formali ricorrenti in alcuni documenti e di evidenti segni di apocrifia in altri.
L’esperto, inoltre, ha segnalato alcune difficoltà oggettive, come la scarsa qualità delle copie, la loro natura di copia di copia e l’ingrandimento in A4 che rende inaffidabili alcune misurazioni dimensionali. Nonostante ciò, ha potuto individuare indici di falsità che, nella comparazione con le scritture messe a disposizione, hanno permesso al Collegio di affermare con ragionevole certezza la non corrispondenza all’autografo di quattro delle sottoscrizioni contestate.
Alla luce di queste valutazioni, la Corte d’appello ha tacciato di falsità materiale alcune relate, mentre per altre ha rigettato la querela, disponendo la restituzione delle copie.
I giudici perugini hanno inoltre disposto la revoca della sanzione pecuniaria precedentemente inflitta all’attore, applicando il criterio della reciproca soccombenza parziale per la regolazione delle spese e determinando una ripartizione delle spese di CTU fra le parti.
L’impatto della decisione
La decisione della Corte d’appello di Perugia costituisce un importante precedente in materia di falsità materiale e valore probatorio delle copie fotostatiche nelle notifiche di cartelle esattoriali. La pronuncia richiama l’attenzione sulle cautele che sia l’agente della riscossione sia il contribuente dovrebbero adottare nella conservazione e nella produzione degli originali.
Due sono gli ambiti toccati dalla pronuncia.
Il primo è quello del singolo contribuente, per il quale la sentenza conferma che la mancata disponibilità dell’originale non determina di per sé l’impossibilità di esperire la querela di falso, purché la richiesta sia supportata da elementi di fatto e da perizie tecniche in grado di delimitare il grado di attendibilità della copia.
Il secondo ambito è quello dell’attività dell’agente della riscossione il quale, se si affida a copie per motivi organizzativi, assume su di sé un rischio processuale sul piano probatorio ogniqualvolta la documentazione non sia conservata in forma originale.
Il testo della sentenza
The post Cartelle esattoriali: anche le fotocopie possono provare la falsità delle firme appeared first on lentepubblica.it.
Qual è la tua reazione?






