Destra e sinistra si odiano, ma si intendono nel parlare di difesa e di Ucraina senza alcuna serietà

Se l’incursione dei droni russi in Polonia, come sostengono gli esperti, non era né un attacco, né un errore, ma uno stress test sulla tenuta politica del fronte atlantico, lo spettacolo offerto poche ore dopo dal Parlamento italiano deve avere ampiamente soddisfatto i pupari del Cremlino. Mercoledì era infatti programmata, su richiesta delle opposizioni di sinistra, una discussione sulle politiche di difesa, dopo le decisioni assunte dal Governo in sede europea e Nato.
Tutte le opposizioni si sono presentate all’appuntamento divise: quelle del campo largo con quattro mozioni (Partito democratico, Movimento 5 stelle, Alleanza Verdi e Sinistra e Italia viva), rigorosamente separate, ma ampiamente convergenti, sia pure con accenti diversi, sulla critica alle scelte dell’esecutivo. La loro convergenza, però, non è stata sufficiente a farle convergere su di un unico testo, che sarebbe stato troppo poco per qualcuno e troppo per qualcun altro.
La maggioranza ha trovato una grottesca formula di unità negativa. Si è compattata contro tutte le mozioni delle opposizioni, ma non è riuscita a compattarsi su una propria mozione, cosa che sarebbe stata teoricamente semplicissima, perché sarebbe bastato ricopiare gli impegni assunti in sede internazionale dall’esecutivo, ma era praticamente impossibile.
L’unità della maggioranza è infatti paradossalmente garantita dalla sua consensuale anarchia politica, che pochi mesi fa, ad esempio, ha consentito ai tre partiti di votare in modo diverso (Forza Italia a favore, Lega contro, Fratelli d’Italia astenuti) al Parlamento europeo sulla relazione annuale 2024 relativa alla politica di sicurezza e di difesa comune, e a Fratelli d’Italia di non votare a favore del ReArm Europe malgrado il favore espresso su di esso da Giorgia Meloni, giudicato però dal capodelegazione meloniano all’europarlamento Carlo Fidanza, «incompatibile con i nostri vincoli di finanza pubblica» per «l’aumento repentino delle spese militari».
A rafforzare le convergenze parallele del centrodestra e del campo largo è intervenuta anche un’ulteriore mozione, quella a prima firma Richetti-Marattin (Azione-Liberaldemocratici), che ricapitolava diligentemente gli impegni assunti (o per meglio dire subiti) dall’Italia sul piano internazionale e impegnava il Governo a darvi corso, in una giornata che peraltro ne palesava apertamente l’urgenza, visto che poche prima un aereo italiano si era dovuto alzare in volo con i mezzi di altri Paesi Ue e Nato per proteggere i confini polacchi.
Su questa mozione destra e sinistra, che non erano riuscite a trovare un’unità interna e avevano risolto l’impasse con l’ammuina o col silenzio si sono ricompattate non solo al proprio interno, ma (o miracolo!) anche tra di loro, votando tutte insieme contro quella che, teoricamente, sarebbe sulla carta la posizione ufficiale dell’Italia.
È evidente che il Parlamento ha finito da tempo di essere un’istituzione ed è diventato un baraccone, grazie all’impegno indefesso di chi, a forza di qualificarlo come un postribolo o una greppia, ne ha perfettamente adeguato le sembianze, trasformandolo nella tribuna del disprezzo di ogni responsabilità o deontologia democratica.
Nondimeno è stato impressionante vedere che mentre il Presidente della Repubblica evocava Sarajevo e l’intero Occidente misurava le conseguenze della più grave violazione dell’integrità territoriale di un Paese dell’Ue dalla sua fondazione, i parlamentari italiani – con sparute eccezioni – sceglievano di dare uno spettacolo così miserabile e deprimente, trasformando un momento grave in una sagra del rinfaccio e dello scherno reciproco, che chi vorrà potrà leggere sui resoconti parlamentari, per farsene un’idea più precisa e temo dolorosa.
Questa situazione, sia chiaro, non è semplice conseguenza del potere di veto che a destra e a sinistra esercitano le quinte colonne putiniane della Lega e del M5S. È in primo luogo conseguenza e responsabilità di chi, a destra come a sinistra, ritiene che questo potere sia un prezzo accettabile per l’unità delle rispettive coalizioni e che, insomma, non si possono perdere le elezioni marchigiane per colpa dell’Ucraina e per una guerra che magari arriverà in Europa, sì, ma chissà quando.
L'articolo Destra e sinistra si odiano, ma si intendono nel parlare di difesa e di Ucraina senza alcuna serietà proviene da Linkiesta.it.
Qual è la tua reazione?






