Gli insetti a tavola alimentano il dibattito sulla nostra idea di tradizione

Un piatto può raccontare una storia, anche se la storia si chiama bichos, in italiano: insetti. Al ristorante Amparo Fondita di Washington, lo chef messicano Christian Irabién li accompagna a una tortilla di mais insieme ad aglio fermentato e verdure di stagione, come vuole la tradizione a Oaxaca. Della cui cultura ha saputo fare il manifesto del suo indirizzo, che combina prodotti delle aziende agricole locali con tecniche d’alta cucina. Un segno di riconoscimento ai piccoli produttori di Oaxaca, tanto che, nel conto finale, viene aggiunto un supplemento del venti per cento al servizio che torna tutto dove Irabién ha lasciato le radici.
Da Amparo Fondita, grandi formiche (chicatanas) e larve dell’agave (conosciute anche come gusanos) non sono un vezzo, ma linguaggio culinario. Nella tradizione contadina messicana, gli insetti sono ricchi di proteine e perciò impiegati in diverse preparazioni, fritti o arrostiti. O come nel menu di Irabién, serviti dopo una cottura flambé al mezcal. Amparo Fondita non è il tempio dell’entomologia, ma un locale dove sperimentare la cucina messicana contemporanea, che, ci tiene a precisare lo chef originario del Chihuahua, «non è solo la destinazione per le vacanze di primavera, ma è un universo di simboli da riscoprire anche alla tavola di un elegante ristorante e non solo da Señor Frog’s Cancun».
Secondo la Fao, gli insetti rientrano nella dieta di almeno due miliardi di persone e sono state registrate circa millenovecento specie commestibili. Entomologi e ricercatori alimentari sostengono che le specie, allevate, hanno un’efficienza di conversione del mangime in biomassa molto superiore a quella dei mammiferi. Richiedono meno acqua, occupano meno spazio, crescono rapidamente ed emettono un numero minore di gas serra. Un potenziale che potrebbe contribuire a mitigare l’impatto ambientale del sistema alimentare globale.
Se in Messico i bichos sono parte della cultura e della tradizione culinaria, in Europa è tutto più complicato. Qui, il consumo degli insetti come alimento è regolamentato dalla normativa Novel food, che valuta l’immissione sul mercato dell’Unione di prodotti non consumati in modo significativo prima del 15 maggio 1997. È la valutazione dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) però il passaggio centrale all’interno del processo. In base all’esito della sua analisi, la Commissione europea autorizza la commercializzazione e le modalità d’uso del novel food. Negli ultimi anni, l’Efsa si era già espressa favorevolmente su alcuni prodotti a base di insetti, come nel caso di alcune larve o grilli, nelle forme proposte (congelate, essiccate o in polvere), segnalando la necessità di un controllo sul mangime e sull’eventualità dei rischi per soggetti allergici.
Nonostante il quadro normativo chiaro sull’utilizzo di farine e altri prodotti a base d’insetti, in Italia servire larve e grilli al ristorante stimola ancora qualche perplessità. Costi elevati, logistica e offerta limitata sono alcuni esempi. Ma è il fattore culturale l’emblema della resistenza alla sperimentazione culinaria del Belpaese. È in questo spazio che emerge anche una risposta creativa, volta più al racconto che alla reale messa in commercio di un prodotto. Nasce così, nel 2014, l’associazione culturale Entonote.
La designer Giulia Tacchini e la ricercatrice Giulia Maffei s’inventano un modo per servire ai commensali ricette a base d’insetti; e il modo è la divulgazione scientifica. Essendo Entonote un’associazione culturale, chi si tessera s’impegna anche a rispettare e a sostenere eventi e convegni che la realtà organizza. Le cene, chiamate Entoexperience, dell’intera proposta sono la parte più divertente. Complice un ricco menu, che comprende entrée, uno o due piatti principali e un dolce. A occuparsi delle preparazioni sono Tacchini e Maffei che, tra le altre cose, condividono la passione per la cucina.
«Proponiamo dei percorsi che procedono per step; in ogni piatto c’è un insetto, solo che durante la prima portata è nascosto, in quelle successive, piano piano si incomincia a vedere», raccontano. La scelta di un menu che proceda per step è forse la carta vincente delle Entoexperience perché consente alle persone di abituarsi gradualmente a uno sconvolgimento culturale tanto forte. Infatti, il sentimento del disgusto che (pure) in molti hanno confessato di provare durante la cena è l’appendice di una tradizione ben radicata. L’essere in Italia, in fatto di cucina, in questo caso non aiuta.
Le cene però sono anche un’occasione di riflessione, che Tacchini e Maffei stimolano con il racconto delle ricette. Ogni portata si trasforma così in un’occasione di confronto, dove s’apprendono nozioni sull’apporto nutritivo degli insetti; a quale altro alimento possono essere confrontati e a cosa assomigliano per gusto. A dare delucidazioni sono sia le fondatrici di Entonote, sia delle card che accompagnano ogni piatto, dove sono segnati i valori dell’insetto consumato che può essere una camola della farina o un grillo, in accordo con le valutazioni dell’Efsa. La possibilità di sedersi a un social table, quindi di condividere con sconosciuti reazioni e pensieri sul caimano, una larva che pare abbia un sapore simile agli eleganti erborinati, aiuta a vincere la paura iniziale.
Recentemente il dibattito sul protagonismo degli insetti nei piatti s’è allargato anche ai bicchieri; tant’è che qualche giorno fa è nato Ginset, un distillato a base di formiche rosse, grilli, cavallette e scorpioni che vengono infusi nell’alcol rilasciando principalmente sentori erbacei. Questo gin è l’ultima trovata di Marco Faccio che ha convogliato la sperimentazione enogastronomica con un’eloquente provocazione. La bevanda, pertanto, non pretende di normalizzare il consumo di insetti sulla tavola quotidiana ma vuole interrogare i confini del commestibile e stimolare la conversazione su cosa sia accettabile in un piatto e in un bicchiere. È una sfida simbolica che fa discutere e che, per questo stesso motivo, contribuisce a spostare la percezione collettiva.
Tutto questo riporta al tema centrale: la cultura. Per Irabién servire cavallette o chicatana è un gesto di cura verso una tradizione; per Tacchini e Maffei, l’obiettivo è costruire un ponte tra curiosità e conoscenza; per Faccio, un distillato a base di cavallette e scorpioni è il motore di un dibattito sulla cucina attuale. Le tradizioni non sono immutabili; si trasformano quando il contesto sociale e tecnologico cambia, quando si raccontano storie e si offrono spiegazioni.
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