Il preposto, una figura in crisi

Ottobre 9, 2025 - 18:00
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Il preposto, una figura in crisi

Il fenomeno del rifiuto di accettare l’incarico di preposto rappresenta un segnale d’allarme per le imprese italiane, che non deve essere sottovalutato.

Com’è noto, il preposto è un addetto che, per incarico del datore di lavoro, coordina altri lavoratori, controlla che questi operino correttamente e segnala eventuali rischi avendo responsabilità specifiche in materia di sicurezza essendo (obbligatoriamente) a ciò formato. Esempi tipici di preposto sono il capo cantiere in edilizia, il caporeparto in un’industria, il caposquadra in un’azienda di manutenzione…

Benché sia quindi una figura chiave del sistema prevenzionistico italiano, nonché un riferimento centrale di molte aziende, si tratta di un ruolo oggi al centro di una profonda crisi identitaria e funzionale. Difatti, in numerose attività, anche pubbliche, si assiste al rifiuto da parte dei preposti nominati dal datore di lavoro di svolgere questo incarico. Il fenomeno appare in espansione, il che determina non pochi problemi in termini di sicurezza e di gestione del lavoro. Nel seguito, cercheremo di indagare le ragioni di questa tendenza delineando scenari presenti e possibili evoluzioni future.

La figura del preposto secondo normativa

La necessità di tutelare i lavoratori è nata con la Rivoluzione Industriale del XIX secolo, quando il fenomeno dell’emigrazione dalle campagne alle città determinò l’afflusso di un gran numero di lavoratori nelle nuove fabbriche, fornendo manodopera a basso costo e scarsamente specializzata. Con il tempo, i lavoratori iniziarono a organizzarsi a livello sindacale, soprattutto per fronteggiare casi di turni massacranti, di condizioni insalubri dei luoghi di lavoro e di basse retribuzioni. Questo processo ha portato, anche in Italia, alla nascita del moderno sistema di prevenzione degli infortuni sul lavoro; in particolare, con l’emanazione del D.Lgs. 626/94, che per la prima volta introdusse una visione sistemica della sicurezza sul lavoro, si delinearono i ruoli e le responsabilità specifiche per ciascuna figura del sistema prevenzionistico.

Nel corso degli anni, il D.Lgs 626/94 fu soggetto a diverse modifiche, fino a essere infine abrogato dal D.Lgs 81/2008, noto anche come Testo Unico sulla Sicurezza, che rappresenta l’evoluzione successiva nel quadro normativo italiano sulla sicurezza del lavoro. Quest’ultimo ha rappresentato una pietra miliare nella regolamentazione della sicurezza sui luoghi di lavoro, sistematizzando e coordinando tutte le normative precedenti in materia, definendo ruoli, obblighi e responsabilità di tutti i soggetti del sistema prevenzionistico. In particolare, l’art. 2, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 81/2008 definisce il preposto come “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”. Inoltre, l’art. 19, nella sua formulazione originaria, stabiliva gli obblighi specifici del preposto, tra cui quello fondamentale di “sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.

In sintesi, il preposto coordina e controlla l’attività lavorativa sul campo, riceve indicazioni dal datore di lavoro (o da un dirigente) e le traduce in azioni concrete, verifica che le operazioni siano eseguite nel rispetto delle norme di sicurezza e delle procedure aziendali, e risponde del corretto svolgimento delle attività sotto la sua supervisione. Il preposto è dunque una figura chiave nella gestione della sicurezza sul lavoro, in quanto agisce come intermediario tra il datore di lavoro e i lavoratori, garantendo che le misure di prevenzione e protezione siano applicate efficacemente.

L’inasprimento degli obblighi

Un momento decisivo nell’evoluzione della figura del preposto è rappresentato dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 215/2021, che ne hanno afforzato il ruolo. In particolare, la precedente indicazione di “informare i superiori diretti” in caso di persistenza dell’inosservanza è stata sostituita con obblighi molto più stringenti, e cioè:

  1. l’obbligo di intervento direttoin caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale” fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza;
  2. l’obbligo di interruzione dell’attivitàin caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza” informando i superiori diretti.

La legge 215/2021 ha inoltre introdotto la nuova lettera f-bis) nell’articolo 19, che prevede l’obbligo per i preposti, “in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza”, di “interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate”. È importante inoltre sottolineare che, sebbene la legge non specifichi le modalità di individuazione del preposto, occorre che essa sia formalizzata e che il preposto sia dotato delle necessarie competenze e conoscenze per svolgere il suo ruolo in modo efficace.

Lo scontro tra datore di lavoro e preposto

Di recente, una sentenza della Corte di Cassazione Penale, precisamente la n. 5187 del 10 febbraio 2025, ha rappresentato un momento emblematico dello “scontro” tra datore di lavoro e preposto. Il caso riguardava un infortunio a un’addetta occupata a lavorare sui nastri trasportatori in movimento, che è rimasta incastrata con la mano all’interno dei rulli contrapposti. Nel processo, il datore di lavoro ha tentato di scaricare le proprie responsabilità chiamando a rispondere il solo preposto per non aver adempiuto diligentemente agli obblighi giuridici attribuitigli. Tuttavia, la Corte Suprema ha respinto questa tesi, confermando che al datore di lavoro spetta non solo il compito di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di “sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori”.

Questa sentenza evidenzia chiaramente come il legislatore abbia voluto evitare che l’inasprimento degli obblighi del preposto potesse deresponsabilizzare il datore di lavoro. L’articolo 18, comma 3-bis del D.Lgs. 81/2008, introdotto dalla legge 215/2021, stabilisce infatti l’obbligo del datore di lavoro di vigilare anche in ordine all’adempimento degli obblighi spettanti ai preposti.

Il fenomeno del rifiuto dell’incarico

Il rifiuto dell’incarico di preposto è diventato un fenomeno sempre più diffuso nel tessuto imprenditoriale italiano. Le cause principali di questa tendenza possono essere ricondotte a diversi fattori; una di queste è senza dubbio l’incremento delle responsabilità introdotte dalla legge 215/2021 prima descritte. L’obbligo di interrompere l’attività lavorativa in caso di comportamenti non conformi o in caso di condizioni di pericolo espone il preposto a potenziali conflitti con i lavoratori, con i superiori e con gli obiettivi produttivi dell’azienda. Inoltre, i preposti – in caso di inadempienze – rischiano ammende economiche molto serie e di essere chiamati a rispondere penalmente. Tutto ciò, unitamente alla crescente severità della giurisprudenza in materia di sicurezza sul lavoro, crea un clima di forte preoccupazione tra i potenziali preposti.

Un altro elemento da considerare è poi l’assenza di adeguate contropartite economiche: nonostante l’aumento di responsabilità, degli obblighi e delle potenziali sanzioni, non è cresciuto proporzionalmente il compenso previsto per questa figura professionale. Tale disparità tra responsabilità assunte e riconoscimento economico rappresenta un forte disincentivo all’accettazione dell’incarico. Vi è poi il tema della “complessità interpretativa” e della coerenza delle norme nuove rispetto a quelle vecchie, e dei dubbi circa l’estensione temporale e spaziale degli obblighi di vigilanza del preposto, che allo stato attuale rimangono fortemente interpretabili; dunque, possono essere fonte di scontri e contenziosi.

Casi concreti e settori più colpiti

Il fenomeno del rifiuto dell’incarico di preposto non è limitato al solo settore privato, e in particolare alle aziende manifatturiere in cui sono più evidenti rischi e pericoli, ma si estende anche al settore pubblico, per esempio nel mondo della scuola: sono segnalati casi in Italia in cui alcuni insegnanti rifiutano di assumere il ruolo di preposto adducendo a motivazione che il CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro) non prevede per il docente tale incarico, temendone gli obblighi e le relative responsabilità.

Ad ogni modo, i settori maggiormente colpiti restano quello edile, tradizionalmente caratterizzato da elevati indici infortunistici, e quello industriale. Le aziende manifatturiere, in particolare, operando con macchinari complessi e processi produttivi ad alto rischio, registrano un crescente numero di rifiuti dell’incarico di preposto. Tale rifiuto ha conseguenze dirette sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, per esempio la riduzione della copertura di vigilanza, l’inevitabile aumento e sovraccarico delle funzioni del datore di lavoro, oppure l’aumento dei rischi e dell’incertezza per la continuità produttiva. Vi sono in ogni caso anche conseguenze indirette legate al rifiuto dell’incarico di preposto: la generazione di tensioni tra management e lavoratori e l’aumento dei costi di gestione per il ricorso a consulenti esterni.

Le possibili soluzioni

Di fronte alla gravità del fenomeno, si rendono necessarie soluzioni strutturali che possano riequilibrare il rapporto tra responsabilità e tutele per i preposti; innanzitutto, sarebbe necessario prevedere adeguate contropartite economiche per chi assume l’incarico di preposto, attraverso aumenti salariali, premi legati al raggiungimento degli obiettivi e benefici previdenziali aggiuntivi. Inoltre, sarebbe auspicabile che il legislatore provvedesse a un chiarimento normativo definendo con maggiore precisione i limiti temporali e spaziali della vigilanza, il rapporto con il datore di lavoro e armonizzando le varie norme che si sono succedute nel tempo. Sarebbe poi opportuno aumentare le tutele legali dei preposti e migliorarne la formazione mediante corsi periodici obbligatori. Non ultimo, si aspetta un significativo contributo dall’evoluzione tecnologica: l’introduzione di sistemi di monitoraggio digitale e dell’intelligenza artificiale nei luoghi di lavoro potrebbe modificare sostanzialmente le modalità di esercizio della vigilanza, aprendo nuove prospettive per il ruolo del preposto.

Fonti e riferimenti

Guariniello, R. (2025). “Datore di lavoro e preposto: è ormai scontro aperto sugli obblighi di vigilanza dei lavoratori“, Lavoro e Previdenza, 7 marzo 2025
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (2025). “Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro” – https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/salute-e-sicurezza/focus-on/sistema-prevenzione/pagine/default
Cassazione Penale, Sez. IV, 10 febbraio 2025, n. 5187
Cassazione Penale, Sez. IV, 1° febbraio 2022, n. 3538
– D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 “Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro
– Legge 17 dicembre 2021, n. 215 (conversione del D.L. 146/2021)
Ministero del Lavoro, Interpello n. 4/2024 – https://www.lavorosi.it/rapporti-di-lavoro/dovere-di-sicurezza-e-norme-prevenzionistiche/min-lavoro-interpello-n-42024-il-preposto-deve-presenziare-nel-luogo-di-lavoro/
Ministero del Lavoro, Interpello n. 7/2024 – https://www.dottrinalavoro.it/notizie-c/min-lavoro-laggiornamento-dei-preposti
Italia Scuola (2024). “Casi & pareri – Sicurezza: alcuni docenti rifiutano la nomina a preposto” – https://www.italiascuola.it/pvw/app/default/pvw_sito.php?sede_codice=1PWITS02&page=quesito&id=25500&orig_que_id=20616&cor_pos=1
TCE Magazine (2024). “Storia della sicurezza sul lavoro, dal VI secolo a.C. al D.Lgs 81/2008” – https://www.tcemagazine.it/55275/storia-della-sicurezza-sul-lavoro-dal-vi-secolo-a-c-al-d-lgs-81-2008/
Rivista di Agraria (2015). “Evoluzione storica normativa sicurezza luoghi di lavoro” – https://www.rivistadiagraria.org/articoli/anno-2014/evoluzione-storica-normativa-sicurezza-luoghi-di-lavoro-e-principi-sanciti-dal-testo-unico-sulla-sicurezza-n-812008/
– Legge 17 dicembre 2024, n. 203 “Disposizioni in materia di lavoro” – https://www.lavoro.gov.it/notizie/pagine/ddl-lavoro-le-principali-misure

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