Il retreat culinario è un modo per prendersi cura di sé, ma cucinando e mangiando

Settembre 20, 2025 - 11:00
 0
Il retreat culinario è un modo per prendersi cura di sé, ma cucinando e mangiando

La dimensione formativa e, insieme, collettiva durante una vacanza si presenta con il nome di skill-cation. Secondo un articolo uscito su Forbes, oltre l’ottanta per cento dei viaggiatori preferisce un fine settimana che unisca apprendimento ed evasione a una più classica vacanza tra lettino e ombrellone. Imparare qualcosa di nuovo diventa un modo per rallentare e il gruppo che si crea è forse il fattore più importante: condividere un’esperienza ristabilisce un senso di aggregazione e comunità. Non a caso, il Times, in un lungo approfondimento, parla di friend-finding tour, viaggi che consentono ai partecipanti di ritrovare la dimensione sociale nelle attività più semplici.

È proprio in quest’ottica che nascono i retreat, esperienze che servono a ritirarsi”: una pratica che indica un allontanamento provvisorio dalla quotidianità e che affonda le sue radici nel Vassa buddhista, il periodo di tempo in cui le monache e i monaci rimanevano chiusi nei monasteri a meditare fino alla fine delle piogge. Tre mesi, di solito. Oggi, l’allontanamento provvisorio dalla quotidianità ha una durata massima di tre giorni, ha poco a che vedere con le condizioni atmosferiche ed è generalmente associato allo yoga. Ma non nel caso della cuoca Myriam Sabolla e della food writer Sara Porro che, a Milano, hanno trasformato il retreat in un’occasione per cucinare e mangiare insieme. 

«Preferiamo luoghi lontani dai circuiti del turismo di massa e scegliamo sempre di partire in bassa stagione, che varia di volta in volta a seconda della meta», raccontano. Dal venerdì alla domenica, i partecipanti s’incontrano per condividere un gesto antico e potentissimo: cucinare insieme. Pranzi e cene, ma anche laboratori di panificazione e fermentazione che permettono di sperimentare i precetti della cucina di Yotam Ottolenghi, cuoco britannico di origine israeliana, tra i padri della gastronomia vegetale moderna, guru delle due retreater che ne condividono da anni ricette e filosofia gastronomica. Dal pane lavash al babka, c’è una grande attenzione all’utilizzo di spezie, conserve e salse. 

Il retreat culinario si trasforma così in un’occasione dove ricaricarsi e, allo stesso tempo, rifornirsi di un ricettario da usare a casa. Un articolo del Guardian racconta la crescita dell’interesse verso una cucina più vegetale che non sacrifichi però il gusto e che sia, preferibilmente, homemadePer osservarlo, basta inserire su TikTok #condiments. Sono oltre cinquantamila i video dove gli utenti si cimentano nella preparazione dell’olio al peperoncino o della tahina. Protagoniste di questo trend sono proprio le spezie, ormai considerate alla stregua di uno status symbolIn effetti, l’artigianato (anche in cucina) riabitua le persone a una connessione con sé stesse perché le porta alla realizzazione di qualcosa. Non sorprende che l’intimità sia ciò che si respira durante il retreat e, più in generale, nel turismo del benessere. È cambiato il modo d’intendere il viaggio e, secondo le previsioni del Global Wellness Institute, il valore del settore dovrebbe raggiungere i due trilioni di dollari entro il 2030. 

L’Italia non si fa trovare impreparata, e con TRACCIA, per esempio, coglie il trend ma da un altro punto di vista. Si tratta infatti di un retreat di scrittura gastronomica e di viaggio, dove i partecipanti esplorano il confine tra parole e sapore. Il paesaggio diventa ispirazione, il cibo racconto e la scrittura un gesto lento e condiviso. Sotto la guida esperta di giornalisti, fotografi e cuochi, s’impara a narrare storie a partire da piatti e gesti quotidiani. 

Per chi al cibo preferisce relax e cocktail ci sono anche proposte ibride come il retreat Mindfulness e Margarita dell’agenzia di viaggi FTLO Travel. Adatto anche ai neofiti, questo ritiro è scandito da sedute di yoga, passeggiate per le piantagioni di mezcal e degli ottimi margarita, racconta la sua ideatrice Tara Cappel. L’ingrediente principale, in questo caso, è la condivisione di uno stesso interesse e la possibilità di viverlo insieme in un modo più profondo, punto di partenza di ogni vero retreat

Il retreat racconta un bisogno comune: rallentare senza isolarsi, prendersi cura di sé senza rinunciare alla dimensione collettiva. Che sia una lunga preparazione ottolenghiana, un diario che racconta il cibo o un margarita sorseggiato dopo lo yoga, l’intento non cambia. Trasformare pochi giorni in un’opportunità. E se il viaggio, un tempo, serviva a mettere distanza, oggi diventa un modo per riavvicinarsi agli altri e a sé stessi.

L'articolo Il retreat culinario è un modo per prendersi cura di sé, ma cucinando e mangiando proviene da Linkiesta.it.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News