In quanti modi si può «avvisare»? Risponde la Crusca

Tratto dall’Accademia della Crusca
Sotto un unico titolo sono riunite qui due risposte a domande che riguardano due lemmi omonimi, avvisare ‘informare’ e il toscanismo avvisare/avvisarsi ‘essere adatto al viso’.
Risposta
In questa duplice risposta, dopo una breve introduzione di carattere lessicografico ed etimologico (a cura di entrambi gli autori), cerchiamo di sciogliere nella prima parte della trattazione alcuni dubbi che ci sono stati espressi riguardanti l’uso intransitivo del verbo avvisare ‘informare’ e poi di trattare di alcuni aspetti relativi al verbo in questione. Si tratta di domande sulla liceità dell’espressione fare avvisato ‘avvertire’ e sul significato del termine avvisatura ‘avviso’ (a cura di Kevin De Vecchis). La seconda parte riguarda, come dichiarato, l’omonimo avvisare ‘essere adatto al viso’. Si ripercorre la storia del termine e la sua diffusione areale (a cura di Matilde Paoli).
Prima di entrare nel merito delle risposte, è bene offrire sin da subito un quadro il più possibile esaustivo, che tenga conto dell’etimologia e dei significati di avvisare e degli altri predicati omonimi presenti nella nostra lingua.
Il verbo avvisare ‘dare notizia, avvertire; informare, rendere consapevole, far sapere; annunciare’ (d’ora in avanti avvisare1) è attestato sin dal XIV sec. e deriva dal “fr. ant. avis (1135), comp. di à ‘a’ e fr. ant. vis, dal lat. vīsu(m) (part. pass. di vidēre) ‘ciò che sembra buono’” (DELI). Con questo significato, avvisare1 è un verbo transitivo che solitamente viene costruito in italiano secondo la struttura avvisare qualcuno di qualcosa (es. “Tizio avvisa Caio del proprio ritardo”). È possibile usare avvisare anche in principali che reggono proposizioni completive (es. “Tizio avvisa Caio che farà tardi”). Il GDLI registra per il nostro verbo anche altri significati, per lo più propri dell’italiano antico (per una panoramica completa si consiglia di consultare il TLIO), considerati oggi letterari o arcaici. Segnaliamo, ad esempio, le seguenti accezioni: “Figur. Pensare, credere, reputare, ritenere; giudicare, stimare. – Più spesso intr., anche con la particella pronom.”; “Intr. con la particella pronom. Figur. Ant. Porre mente, far attenzione, badare”; “Ant. Ammaestrare, ammonire”. Riportiamo un esempio dalle Tre Corone (Dante, Petrarca e Boccaccio) per ciascun significato:
Se per veder la sua ombra restaro, / com’io avviso, assai è loro risposto: / faccianli onore, ed esser può lor caro (Purgatorio V, 34-36)
Ma ’l tempo è breve, e nostra voglia è lunga: / però t’avisa, e ’l tuo dir stringi e frena, / anzi che ’l giorno, già vicin, n’agiunga. (Francesco Petrarca, Triumphi, a cura di Marco Ariani, Milano, Mursia, 1988, p. 261)
E così forse ad una ora a voi m’obligherò ragionando, e disobligherò consigliando, ovvero per le cose a me avvenute amonendo e avisando. (Giovanni Boccaccio, Elegia di madonna Fiammetta, a cura di Carlo Delcorno, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a cura di Vittore Branca, 10 voll., Milano, Mondadori, 1964-1998, V/2, 1994, pp. 3-412: p. 83)
Registrato dalla lessicografia italiana contemporanea (Devoto-Oli e Zingarelli 2025), seppur pressoché ormai uscito fuori dall’uso, è avvisare2 ‘osservare con attenzione’, derivato del “fr. ant. aviser, comp. di à ‘a’ e viser ‘vedere’, dal lat. parl. *visāre, intens. di vidēre ‘vedere’” (Zingarelli 2025), di cui risultano attestazioni che coprono un arco temporale che va da Dante fino a Foscolo, che lo usa nella forma pronominale con il significato di “accorgersi; avvedersi, capire, intendere; accertarsi”:
Bizzarra cosa! Disse la signora, e sorrise, avvisandosi com’essa per un gruppo d’accidenti da nulla erasi trovata così sola meco due volte. (Ugo Foscolo, Viaggio sentimentale, in Id., Prose varie d’arte, a cura di Mario Fubini, Firenze, Le Monnier, 1951, p. 65)
Segue avvisare3, registrato dal GDLI, e dallo Zingarelli 2025 (in cui il lemma avvisarsi è affiancato da una crux che ne indica la definitiva scomparsa dall’uso; così anche in GRADIT 2avvisarsi con la marca “ob[soleto]”), col significato “rifl. Ant. Affrontarsi, mettersi a fronte a fronte in ordine di battaglia” e il cui etimo è riconducibile a viso ‘volto’, che deriva dal “lat. vīsu(m), astratto del v. vidēre (dal part. pass. vīsu(m)) ‘cosa vista, immagine, ‘visione, apparizione’” (DELI). Riportiamo un esempio di Boccaccio, tratto dal TLIO:
Di che, quantunque si sbigottissero i Fiorentini, nondimeno, fatte loro schiere, s’avvisarono con la gente de’ Sanesi. (Giovanni Boccaccio, Esposizioni sopra la “Comedia” di Dante, a cura di Giorgio Padoan, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, cit., VI, 1965, p. 530)
Al quadro si potrebbe aggiungere anche avvisare ‘essere adatto al viso’ che non è registrato dalla lessicografia italiana contemporanea e di cui si dirà meglio nella seconda risposta qui pubblicata.
***
Rispondiamo ora alle varie domande che riguardano l’uso intransitivo di avvisare1. Come abbiamo visto avvisare1 col significato generico di ‘avvertire, dare notizia’ è un verbo transitivo e pertanto prevede che la persona avvisata dal soggetto sia espressa con l’oggetto diretto. Frasi del tipo avvisare a qualcuno di qualcosa, in cui la persona avvisata sembra avere la funzione di oggetto indiretto introdotto dalla preposizione a, non rispettano la norma grammaticale dell’italiano, ma presentano piuttosto un fenomeno morfosintattico, tipico di alcuni dialetti dell’area centro-meridionale d’Italia (con possibile risalita fino alle varietà regionali e popolari), oggi in espansione anche in italiano, nella varietà neo-standard e specie nelle varietà di parlato poco sorvegliato, in special modo “in presenza di frasi marcate (dislocazioni a sinistra, con o senza ripresa anaforica del clitico, e dislocazioni a destra, quasi sempre con anticipazione cataforica del clitico), soprattutto quando l’oggetto è rappresentato da un pronome tonico (tanto più se di prima o di seconda persona, singolare o plurale) e con determinati verbi” (D’Achille 2018: p. 292). Si tratta dell’accusativo preposizionale, un “fenomeno, […] per cui il complemento oggetto è preceduto dalla preposizione a: vai a chiamare a tuo fratello, ho incontrato a Maria, […] senti a me”, che avviene “quando il complemento oggetto designa un’entità definita” o un’espressione indefinita con “un’interpretazione specifica […] es. conosco a uno molto bravo” (Fiorentino 2010).
Questa spiegazione giustifica perfettamente la frase “si avvisa ai fedeli” segnalataci da un lettore proveniente da Pozzuoli (NA). Un altro esempio comunicatoci da un altro lettore, invece, sebbene faccia riferimento al medesimo uso intransitivo di avvisare, proviene dal settentrione (presso la stazione di Porta Nuova di Torino il lettore avrebbe sentito la frase “si avvisa alla gentile clientela che…”). Non avendo modo di verificare la trasmissione di questo messaggio né la sua provenienza (presupponiamo gli altoparlanti della stazione torinese), possiamo soltanto postulare alcune spiegazioni. La prima fa capo nuovamente all’accusativo preposizionale. Il fenomeno è, però, poco presente nei dialetti centro-settentrionali e solitamente occorre quando il tema è «posto in evidenza all’inizio di frase, almeno se l’oggetto è un pronome personale (“a me nessuno mi protegge”) o con alcuni verbi reggenti come convincere, disturbare, preoccupare (“a te proccupa”)» (Serianni 1989, II, 39; cfr. anche Berretta 1989; sull’accusativo preposizionale si veda la risposta di Manuela Cainelli). Inoltre, gli annunci pubblici delle stazioni rientrano solitamente in contesti in cui si fa un uso sorvegliato della lingua. Non possiamo, comunque, escludere che il messaggio sia stato pronunciato da un lavoratore delle ferrovie proveniente dal Centro-Sud o figlio di immigrati centromeridionali. Una seconda ipotesi chiama in campo l’interferenza di strutture linguistiche simili, quali “avviso alla gentile clientela”, in cui avviso è sostantivo, e “si comunica alla gentile clientela” (ma fanno da controesempio formule come “si informa la gentile clientela” e “si prega la gentile clientela”). In ogni caso, ribadiamo che l’unica forma possibile nell’italiano standard è avvisare qualcuno. Una terza ipotesi è che la a finale di avvisa sia stata nella pronuncia “allungata” tanto da venire intesa dall’ascoltatore come una preposizione.
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