Italia-Africa: investimenti ed opportunità nel continente al centro di un convegno alla Camera

Ottobre 16, 2025 - 20:30
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Italia-Africa: investimenti ed opportunità nel continente al centro di un convegno alla Camera

Le opportunità di investimento per le aziende italiane in Africa come strumento concreto per costruire possibilità di non dover emigrare dal continente e l’approccio economico come volano dello sviluppo umano: è su questi due assi che si è articolato il convegno “Diritto di restare e di rientro: opportunità per Italia e Africa”, promosso oggi alla Camera dal deputato di origini ivoriane Aboubakar Soumahoro. Un incontro che ha coinvolto rappresentanti istituzionali, imprenditoriali e finanziari di numerosi Paesi del continente, insieme agli del governo italiano per il Piano Mattei, nell’intento di sviluppare una riflessione sulla necessità di affiancare al cambio di narrativa sul continente africano un approccio più concreto, progettuale e di lungo raggio. Nel suo intervento di apertura il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ha definito il Piano Mattei “un modello virtuoso” di cooperazione e gli ha riconosciuto il potenziale di promuovere “uno sviluppo equilibrato delle relazioni economiche tra i Paesi”. Per la terza carica dello Stato, in questo quadro è fondamentale la sinergia fra decisori pubblici e settore privato. “Governi africani ed europei devono cooperare per accompagnare le imprese nella costruzione di un’economia in grado di generare occupazione e di consolidare il tessuto produttivo locale”, ha detto Fontana, per il quale “lo sviluppo economico non può prescindere da quello umano”. Un compito, ha aggiunto, “che chiama in causa anche le organizzazioni del Terzo settore e le comunità locali”, con l’obiettivo “di riuscire a spezzare la catena che trasforma il bisogno in esodo”.

Lorenzo Ortona, vicario coordinatore della Struttura operativa del Piano Mattei presso la presidenza del Consiglio, vede alcuni primi effetti positivi dello sviluppo del programma governativo sta avendo sulla narrativa del continente africano. “Ad un anno e mezzo dal suo avvio, non è un caso se oggi l’opinione pubblica italiana parla in termini molto più positivi di Africa”, ha detto Ortona, che ha in questo senso citato gli strumenti finanziari predisposti per agevolare l’attuazione dei progetti. Non ultima, la collaborazione con la Banca africana di sviluppo (Afdb), la quale “per ogni euro che l’Italia investe ne mette almeno altrettanti”. Per il sottosegretario all’Economia e alle finanze, Federico Freni, con il Piano Mattei l’Italia deve dimostrare di “credere” nell’Africa, dando impulso ad un approccio economico che richiede “coraggio e visione”. “Fare investimenti non è come fare beneficenza, richiede di credere” nel progetto in cui si investe, ha avvertito, leggendo nel “diritto di restare” (nel proprio Paese) “una sfida culturale” ed un “percorso in evoluzione che si declina anche in termini economici”.

Gli interventi dalla platea africana si sono focalizzati sulle criticità del passato nelle relazioni europee con il continente e sulla necessità di una maggior condivisione delle decisioni. Così Micheal Harry Yamson, membro della presidenza del Ghana, ha osservato che nell’elaborare progetti nel continente africano “ci concentriamo troppo su fattori economici e ci dimentichiamo che dietro ci sono persone”, mentre dall’Alto rappresentante del presidente della Liberia, il deputato Nthati Moorosi, è venuto uno sferzante appello all’Italia “a svolgere un ruolo di maggiore rilievo” in Africa, a fronte di numerosi Paesi dell’Africa occidentale “che non hanno controllo sulla loro valuta, perché dipendono ancora dalla Francia”. “Dotate i giovani africani di mezzi per ottenere la loro autonomia”, ha insistito Moorosi, sottolineando che da quest’ultima dipende la creazione di opportunità industriali utili a ridisegnare gli equilibri a livello globale. “Pensate a come si potrebbe ridurre il ruolo della Cina nelle industrie italiane o africane”, ha continuato, puntando il dito sulla forte pressione fiscale e sullo sfruttamento delle materie prime africane.

L’oro africano “viene usato per aumentare il valore delle materie prime del Regno Unito o di altri Paesi”, ha denunciato Moorosi, ricordando che la mancanza di relazioni eque ha spinto nell’ultimo periodo diversi leader del continente – in particolare nella regione saheliana – “a chiedere di restituire l’Africa agli africani”. “Al momento della costituzione di partenariati strategici dobbiamo tener presente che serve un contesto di rispetto e mutualità”, ha ammonito, chiedendo di “costruire ponti fra Italia ed Africa”. Più moderato il tono dell’intervento dell’ambasciatore del Mozambico in Italia, Santos Alvaro, per il quale l’Italia è “un partner affidabile e vitale” e che ha tessuto l’elogio del governo italiano per aver imbastito le basi di un equo partenariato con l’Africa. Alvaro ha suggerito un maggior coinvolgimento delle aziende italiane nel settore energetico del Mozambico, Paese che esporta attualmente energia elettrica ai Paesi limitrofi. “L’Italia può apportare la sua competenza nello sviluppo di sistemi fotovoltaici e nello stoccaggio di energia”, ha osservato, proponendo di istituire “una rete di specialisti” per rafforzare i punti di collaborazione fra Italia e Mozambico.

Sul fronte imprenditoriale, il vicepresidente di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, Antonio Tomassini, ha portato l’attenzione sul coinvolgimento delle aziende che aderiscono all’associazione ai progetti avviati in Africa nel quadro del Piano Mattei. È il caso dell’iniziativa che prevede la digitalizzazione dell’autorità fiscale in Senegal, o ancora del progetto avviato con l’Università di Bari e con il centro culturale “Giuseppe Lazzati” di Taranto per istituire un corridoio universitario per rifugiati dell’area del Mediterraneo. Dal presidente del gruppo Trevi ed ex eurodeputato Antonio Maria Rinaldi è arrivato l’invito a lavorare sulle criticità del mercato africano – rischio valutario e difficoltà di accesso al credito in testa -, un ambito nel quale l’azione di Sace e delle agenzie europee ricopre a suo avviso “un ruolo strategico nel mitigare i rischi” di investimento. Rinaldi ha ricordato che il gruppo Trevi opera in Africa da oltre 50 anni ed in più di 90 Paesi nell’ambito delle fondazioni speciali e della produzione di macchinari – i due rami in cui è strutturata l’azienda -, con un’azione iniziata nel 1967 con l’intervento per le fondazioni di Lagos, principale centro commerciale nigeriano. Dalla Nigeria, dove per Rinaldi l’azione italiana ha “contribuito alla nascita di una classe manageriale locale”, il gruppo Trevi ha allargato i suoi progetti a numerosi Paesi del continente, dalla Libia all’Algeria, all’Egitto o al Mozambico.

Raffaello Matarazzo di Eni ha riportato l’attenzione sulla sfida energetica del continente africano, dove circa 600 milioni di persone – circa l’8 per cento della popolazione mondiale – non ha accesso all’elettricità. Una sfida sempre più urgente, ha osservato Matarazzo, a fronte di una richiesta africana che “corre più rapidamente” delle nostre capacità di creare accesso all’energia e che rende fondamentale lavorare con “una visione strategica di ampio respiro e progetti a lungo termine”. Eni opera in Africa dal 1954, in Egitto per la prima volta, e opera oggi in 13 Paesi del continente. “Oltre l’80 per cento del gas prodotto in questi Paesi va al mercato domestico per la produzione di energia”, ha sottolineato Matarazzo. Il convegno ha dato spazio anche all’aspetto finanziario. Maurizio Valfrè, direttore dell’Unione delle Banche arabe ed europee (Ubae), ha evidenziato come la salute economica sia “presupposto fondamentale per esercitare i diritti personali”, come lo è il diritto a restare nel proprio Paese, riferendo che l’istituto di credito che nel 2023 ha celebrato i primi 50 anni di attività ha realizzato negli anni “progetti per 150 miliardi di euro”. “Ci sentiamo particolarmente a casa ad intervenire in questo convegno”, ha cesellato Valfrè, per il quale le azioni di investimento in Africa rappresentano “una grande opportunità ma anche un’analoga responsabilità”, ricordando che entro il 2050 la metà dei nuovi nati del pianeta saranno africani.

Nel contesto della progressiva costruzione di una reciproca fiducia negli affari, l’imprenditore ivoriano Stanislas Zezé ha evidenziato la necessità di promuovere un maggior numero di “investimenti incrociati” fra Italia ed Africa. L’esperto di gestione dei rischi e fondatore della prima agenzia di rating africana, Bloomfield, esorta a “creare dei ponti e costruire joint venture”, strumento utile a “migliorare il racconto e proiettarsi sull’Africa”. La strada, indica l’esperto, è quella di promuovere un approccio finanziario all’Africa in valuta locale: nelle statistiche di affidabilità i Paesi del continente risultano danneggiati se valutati in una moneta che non è la loro, sottolinea, mentre investire nella valuta locale permetterebbe di apprezzare meglio il settore privato africano. Due a suo avviso le principali sfide da affrontare in quest’ambito: la trasformazione dell’economia – obiettivo per il quale “serve tempo”, data la recente indipendenza di diversi Paesi del continente – e l’investimento tecnologico in settori cruciali “quali l’insegnamento, lo sviluppo e la sanità”.

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