La crisi idrica è una minaccia anche per il diritto allo studio

L’Italia si prepara ad affrontare un nuovo anticiclone subtropicale che, fino all’inizio della prossima settimana, porterà le temperature ben oltre la media del periodo. L’estate meteorologica è finita il 31 agosto, ma il caldo è ancora tra noi: una diretta conseguenza del cambiamento climatico di origine antropica.
In molte aree del Sud Italia il termometro segnerà più di trenta gradi, aggravando una crisi idrica che in certi territori è ormai diventata strutturale. Stando all’ultimo bollettino settimanale dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), tutti i distretti idrografici dell’Italia centro-meridionale stanno attualmente vivendo una condizione di severità idrica media (Sardegna, Appennino Centrale, Appennino meridionale) o alta (Sicilia).
In queste zone, le portate dei fiumi sono inferiori rispetto ai valori tipici del periodo e le temperature elevate continuano a richiedere un fabbisogno idrico superiore alla norma. Il risultato è che i volumi d’acqua accumulati negli invasi e nei serbatoi non sono sufficienti a garantire quelli che l’Ispra definisce «tassi di erogazione standard».
Una delle zone più a rischio è l’Irpinia, che – secondo l’Ispra – si trova in una condizione di severità idrica media. La provincia di Avellino, in Campania, sta attraversando una vicenda che conferma quanto il cambiamento climatico – unito a una cattiva gestione della rete idrica – possa concretamente stravolgere le nostre vite. Parliamo, nel caso dell’Irpinia, della quotidianità di centinaia di studenti.
A sottolineare l’impatto della crisi idrica sulla continuità scolastica è stato un recente appello firmato dai primi cittadini di Montefredane, Pietradefusi, Santa Paolina, Grottolella, Petruro Irpino, Solofra, Ospedaletto d’Alpinolo, Montemiletto, Paternopoli, Altavilla Irpina, San Potito Ultra, Mercogliano, Parolise e Montefalcione. Il loro obiettivo è scuotere la politica regionale e nazionale, nella speranza di dotare tutte le scuole di serbatoi e sistemi di autoclave in grado di assicurare un approvvigionamento idrico regolare.
I sindaci, a causa della carenza di acqua potabile, continuano ad approvare ordinanze comunali che – tra le altre cose – prevedono la chiusura temporanea degli edifici pubblici, scuole comprese. «L’anno scolastico è a forte rischio nei nostri Comuni», scrivono. Lunedì 15 settembre sono stati quarantacinquemila gli studenti a rientrare in classe dopo le vacanze estive. Gli altri sono ancora in attesa del via libera da parte delle amministrazioni.
Per evitare chiusure e riaperture continue servono adeguamenti infrastrutturali urgenti. Secondo Ciro Aquino, sindaco di Montefredane, il ministro dell’Istruzione «ha chiarito che la competenza per dotare le scuole di sistemi di approvvigionamento idrico nelle fasi emergenziali spetta alla Protezione Civile, mentre per gli interventi ordinari occorre rivolgersi alla Regione Campania».
La questione è arrivata anche a Montecitorio, con i deputati del Partito democratico (Pd) Toni Ricciardi e Irene Manzi che hanno presentato un’interrogazione a Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione, e Nello Musumeci, ministro della Protezione civile. «L’emergenza idrica che da mesi attanaglia la provincia di Avellino sta mettendo a serio rischio un diritto fondamentale come quello allo studio. Non possiamo permettere che la scuola diventi la prima vittima della siccità. […] I sindaci sono costretti a emanare ordinanze di chiusura delle scuole per motivi di sicurezza, compromettendo la continuità didattica e creando un precedente allarmante», si legge nel documento.
L’Irpinia si trova in questa situazione per diversi fattori che, mescolati tra loro, formano un’equazione complessa da risolvere nel breve periodo. La prima, come scritto sopra, è una crisi idrica diffusa e strutturale, aggravata da questi mesi caldi e non particolarmente piovosi: l’Italia, secondo i dati del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), si è appena lasciata alle spalle la quarta estate più calda dal 1800.
Il secondo motivo, più legato alla stretta attualità, è la rottura della condotta adduttrice di Cassano Irpino, che nei giorni scorsi ha lasciato più di sessanta Comuni senz’acqua per quasi ventiquattro ore. La condotta adduttrice non è altro che il sistema di tubi che trasporta l’acqua da un sistema idrico (una sorgente) a una rete di distribuzione locale. Il guasto ora è stato riparato e sono iniziate le manovre di riapertura e riempimento delle condotte. Il problema, però, va ben oltre gli incidenti di percorso.
La Campania ha un tasso di dispersione idrica che sfiora il cinquanta per cento (la media nazionale è intorno al quarantadue per cento). Ad Avellino, stando ai dati Istat del 2022, le perdite di acqua potabile sfiorano il cinquantacinque per cento, molto di più rispetto ad altre città campane come Napoli (33,7 per cento). La colpa è di una rete idrica obsoleta e danneggiata, sottoposta – anche a causa di investimenti inadeguati – a pochi lavori di manutenzione ordinaria.
C’è poi un tema squisitamente politico, legato a una sistematica sottovalutazione degli allarmi degli esperti. A maggio, l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale parlava già di un «livello di severità idrica per il comparto potabile “Medio con tendenza ad Alto”», segnalando un deficit di portata di circa milleduecento litri al secondo – rispetto alla media storica – nelle sorgenti di Cassano Irpino.
Le avvisaglie, come si legge in questo articolo su Orticalab, c’erano tutte, ma Regione Campania non ha emanato lo stato d’emergenza che avrebbe permesso alle autorità di intervenire tempestivamente (tramite, ad esempio, delle autobotti nelle zone più vulnerabili), scavalcando lunghe procedure burocratiche. Il caldo e le piogge irregolari dei mesi successivi hanno reso il quadro ancora più delicato.
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