La democrazia non funziona perché siamo imbecilli, ma c’è la libertà d’espressione con cui baloccarci

Se avete aggiornato la app, vi sarete accorti che è successo ciò che chiunque osservi i social network desiderava da anni: Instagram è diventato TikTok. Hanno finalmente copiato l’algoritmo cinese, finalmente sanno cosa ci interessa, finalmente violano ben benino la nostra privacy in qualunque modalità necessaria pur di mostrarci roba che ci interessi.
Non vorrei che ci fosse qualche lettore che a questo punto prende questa mia paginetta per un contenitore di notizie: non ho idea di come funzioni con la privacy (a caso, come tutto, come sempre, immagino), non ho idea di quanto ci spiino, non ho idea di niente. Ma so che per anni, come tutti, ho sospirato che TikTok sì che mi sapeva e mi proponeva cose irresistibili, e gli algoritmi californiani no.
Voglio dire, Elon Musk sono anni che mi fa comparire solo ventenni, che oltretutto scopro essere ventenni solo quando clicco su tweet (o come si chiamano ora) che dicono povera me, non sono mai piaciuta a nessuno, morirò sola, non ho mai dato un bacio, e ci clicco pensando siano dodicenni, e vedo le bio con scritto «23» e in genere devono rianimarmi, perché si può sapere cos’hai fatto tra i 16 e i 23 se non darla in giro: hai passato i più potenzialmente mignotteschi anni della tua vita a inoltrare meme?
Insomma, Instagram ha finalmente raggiunto i cinesi nella zona di quelli capaci di farmi comparire video che abbia voglia di guardare, e in questi giorni, tra un Redford e l’altro, mi ha fatto comparire un pezzetto di Matteo Renzi intervistato l’anno scorso da un podcaster (o altra categoria imprecisata di venditori di scimmie di mare).
Renzi raccontava un aneddoto che faceva così. Xi Jinping in visita in Italia, Renzi al governo, lui e Gentiloni e non so chi altro a cena col cinese. E Renzi che chiede se la Cina arriverà mai al nostro standard di democrazia e diritti umani (precisa varie volte che erano alla quarta bottiglia di Cannonau, perché come ogni mitomane intelligente sa che ci sono limiti alle autorappresentazioni di piglio cui siamo disposti a credere).
E il cinese che gli dice ma tu l’hai visto cos’è successo con Brexit? Ma tu l’hai visto cos’è successo con Hillary Clinton? E conclude che loro forse non arriveranno al nostro modello di democrazia, ma che tra trent’anni neanche noi ce l’avremo più, quel modello. E, con la stessa sospirosa ammirazione con cui per anni abbiamo guardato all’algoritmo cinese che sì era efficiente, io e gli stronzi di cui mi circondo ci guardiamo e diciamo: ma magari.
Perché è chiaro, è evidente, è palese che la democrazia non funziona, e a farcelo capire è proprio la libertà d’espressione, quel balocco occidentale su cui tanto ci si scanna tra gente pagata per dir la propria. Se non ci fosse troppa libertà d’espressione, se sui social io non vedessi un paese reale che nella vita non avrei incrociato mai, io mica saprei quant’è scema l’umanità, e quanto sia raccapricciante che ogni voto conti uguale.
Il voto di quello che neanche ha finito di leggere qui e già si sta precipitando a commentare con la sua brava citazione di Churchill sulla peggior forma di governo escluse tutte le altre, sentendosi per questo istruito, mica tale e quale a mia nonna quando diceva «Tanto va la gatta al lardo» (ma mia nonna almeno non aveva il PhD di cittadinanza).
Il voto di quello che quando qualcuno dice qualcosa che non gli piace risponde «Dunning-Kruger», o risponde «straw man», o risponde «ad hominem», scambiando ognuno di questi crampi dell’intelletto per un segno del suo essere un piccolo Umberto Eco.
Il voto di quello che, sotto a un post su “I tre giorni del Condor”, scrive che dopo la bruttissima notizia della morte di Redford ora vuole proprio recuperare questo film che non ha visto. Ma, se in cinquant’anni dall’uscita non hai trovato il tempo e la voglia di vedere uno dei film più famosi tra quelli girati da Redford, esattamente perché la notizia è stata bruttissima? Ti affliggono in generale le morti in culla degli ottantanovenni?
Il voto del giornalista che impagina un articolo sulla morte di Redford avendo ricevuto indicazioni del tipo «è morto questo attore americano famosissimo, nella pagina con l’articolo mettiamo una foto di Obama che da presidente gli mette al collo la medaglia della libertà», e lui esegue, e nella pagina sulla morte di Redford compare una foto di Barack Obama che mette la medaglia della libertà al collo di Tom Hanks.
Il vero problema di mettersi a discutere dei limiti del suffragio universale e di quanto sia auspicabile una deriva cinese è che si finisce come quelli che commentano dicendoti «Dunning-Kruger» e «straw man»: a pensare che il problema siano gli altri. Che, così come parcheggiatori in doppia fila son sempre gli altri, evasori fiscali son sempre gli altri, raccomandati son sempre gli altri, anche imbecilli sian sempre gli altri.
Invece bisogna deprimersi ben bene accettando il fatto che diamo tutti quotidiana dimostrazione d’essere imbecilli, e bisogna perciò dare tutto il potere a un’oligarchia le cui decisioni siano sganciate dal consenso d’un elettorato che è incapace di decidere ciò che è giusto, sa solo decidere o quel che gli conviene nel brevissimo periodo o quel che gli fa fare bella figura a cena (se tutti quelli che presentano programmi elettorali si rendessero conto che nessuno li legge perché tutti votiamo a seconda di cosa ci fa poi ben figurare col nostro giro d’amicizie, risparmieremmo un sacco di tempo).
Solo che i posti a sedere, nel settore della platea riservato alle oligarchie potenziali, sono tragicamente vuoti: dove sono le élite non declinanti cui affideresti non dico il governo del mondo ma anche solo l’amministrazione d’un condominio?
Ho mentito, il suffragio universale è un problema minore. Il guaio non è tanto che questa gente voti (tanto, l’offerta è appunto quella che è): il guaio è che questa gente faccia tutto il resto, dal ridarti la roba sporca se proprietari di lavasecco allo sbagliarti la diagnosi se medici.
Il guaio è che un mondo fatto solo di imbecilli è un mondo dal quale neppure la Cina può salvarci. E comunque non so come abbiano fatto in California, ma qui non potremmo mai giocare ai piccoli cinesi: mica facciamo la rivoluzione, noialtri.
A meno che, certo, non venga un governo che si macchi di gravissime colpe quali mettere fuori legge lo spritz, i cuoricini, la blefaroplastica, e altri diritti che l’occidente ritiene molto importante aver conquistato, e ai quali non è per nessuna ragione disposto a rinunciare.
Toglieteci la sanità pubblica e le pensioni, ma non azzardatevi a smettere di chiederci «Aperol o Campari?» (questo è il punto in cui un commentatore che si percepisce normodotato mi dice che sono una pericolosa destrorsa che vuole eliminare il servizio sanitario nazionale: un commentatore il cui voto conta quanto il mio).
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