La giustizia populista, dai bambini di Bibbiano alla famiglia nel bosco

Novembre 27, 2025 - 15:00
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La giustizia populista, dai bambini di Bibbiano alla famiglia nel bosco

A differenza dell’intero governo, non ho alcuna intenzione di entrare nel merito di un caso tanto delicato e difficile come quello dell’ormai famosa «famiglia nel bosco», sebbene le più recenti notizie sulla precedente fuga per sottrarsi ai servizi sociali, ma soprattutto sul rifiuto di svariate e più che confortevoli soluzioni abitative in attesa di ristrutturare la loro casa al fine di assicurarne minimi standard di igiene e abitabilità, la tentazione me la farebbero venire.

Il punto è che la presidente del Consiglio, il vicepresidente del Consiglio, il ministro della Giustizia non hanno esitato a fare di questa vicenda un caso nazionale, scatenando una violenta campagna dei giornali di area contro la giudice che si è occupata del caso, esattamente come hanno fatto non solo con tutti quei pm che si sono permessi di indagare loro o i loro partiti (reazione certo non nuova, tanto meno a destra) ma anche contro qualunque magistrato, tribunale, corte dei conti o di cassazione abbia preso una decisione semplicemente sgradita. E questo è un notevolissimo salto di qualità, che non andrebbe sottovalutato, anche rispetto ai tempi di Silvio Berlusconi, che le campagne contro i magistrati le riservava solo a quelli che indagavano lui.

Qui poi c’è un salto di qualità ulteriore, giacché non si tratta nemmeno di annullare o comunque vanificare una decisione del governo, come nel caso dei centri albanesi, ma semplicemente di una decisione tra mille analoghe che per motivi del tutto casuali, legati al ciclo delle notizie, è finita nella macchina infernale del cospirazionismo populista a sfondo pedo-giudiziario, un classico di questi tempi orrendi e del nazional-populismo che li caratterizza, dai deliri di QAnon negli Stati Uniti (la teoria, fortissima nel mondo trumpiano, secondo cui i vertici del partito democratico si riunivano nei sotterranei di una pizzeria di Washington per compiere riti satanisti su bimbi innocenti), alla nostra, indimenticabile, Bibbiano. Quella campagna violentissima che unì, nel modo peggiore, il peggio della politica italiana, da Casapound al Movimento 5 stelle, dalla Lega a Fratelli d’Italia, con Giorgia Meloni che nei video si vantava: «Siamo stati i primi ad arrivare e saremo gli ultimi ad andarcene». Prima che l’esito delle inchieste smentisse l’intera campagna.

Il modello è sempre quello – e non è né Mario Draghi né Mario Pannunzio – ma Viktor Orbán (cioè Vladimir Putin) o se preferite Donald Trump, ultimo e più capace interprete dello stesso spartito che minaccia la democrazia liberale in ogni angolo del mondo. La brutalità e il cinismo con cui il governo, con partiti e giornali al seguito, è intervenuto su un singolo caso giudiziario, così delicato, mi pare il più grande spot per il No al referendum sulla Giustizia che si potesse immaginare.

Questo è un estratto di “La Linea” la newsletter de Linkiesta curata da Francesco Cundari per orientarsi nel gran guazzabuglio della politica e della vita, tutte le mattine – dal lunedì al venerdì – alle sette. Più o meno. Qui per iscriversi.

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