La violenza sulle donne è (anche) economica. Ecco i numeri

Novembre 27, 2025 - 07:32
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La violenza sulle donne è (anche) economica. Ecco i numeri

C’è una forma di violenza sulle donne che non lascia lividi e non rompe le ossa. È silenziosa, vischiosa, ramificata. Eppure toglie respiro, prospettive e dignità. È la violenza economica, ed è molto più diffusa di quanto crediamo.

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Lo ha raccontato con crudezza una sala gremita ieri sera alla Bocconi, dove Pomellato ha presentato i risultati della ricerca “Il prezzo della libertà”, realizzata insieme alla SDA Bocconi School of Management in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Un’indagine che non lascia spazio ad ambiguità: in Italia, la libertà economica femminile è ancora fragile. E quando manca, è terreno fertile per ogni altra forma di abuso.

Sette donne su dieci: quando la violenza diventa sistema

Il dato più allarmante? «Sette donne su dieci hanno vissuto o assistito a episodi di violenza o discriminazione economica», spiega Sabina Belli, CEO di Pomellato. Significa che la maggior parte delle italiane ha sperimentato almeno una volta un limite, un controllo, un condizionamento associato al denaro o al lavoro.

La natura subdola della violenza economica vive nelle pieghe del quotidiano: nei “ti gestisco io lo stipendio”, nei “il tuo lavoro vale meno”, nei “tanto guadagno più io”. Frasi che per molte diventano normalità.

Da sinistra, la Ceo di Pomellato Sabina Belli con Claudia Segre all’evento Il Prezzo Della Libertà organizzato da Pomellato & SDA Bocconi all’università Bocconi di Milano il 25 novembre 2025. (Photo by Benedetta Bressani/Getty Images for Pomellato)

Tre forme (tutte pericolose) di violenza economica

La ricerca Bocconi individua tre modalità con cui questa forma di abuso si manifesta. E colpiscono tutte senza distinzione di classe sociale, età, livello di istruzione.

Restrizione economica

Il partner decide, controlla, limita. Il 39% delle donne subisce un controllo diretto sulle scelte economiche. Il 51% vede svalutato il proprio lavoro. Il 48% non ha libero accesso ai propri conti o ai propri beni. È una violenza che non urla, ma sussurra: “senza di me non puoi farcela”.

Sabotaggio economico

Qui il controllo si sposta sulla vita professionale: ostacolare, rallentare, scoraggiare. Il 48% sperimenta una competizione che toglie fiducia e il 53% subisce interferenze “protettive” che tolgono autonomia. È la forma più mascherata: sembra cura, invece è annullamento.

Sfruttamento economico

Quando il potere diventa appropriazione. Il 47% delle donne vede i propri successi usati per rafforzare l’asimmetria di potere. Mentre il 60% racconta partner che trasformano la forza economica in un’arma identitaria, come se virilità e controllo fossero sinonimi. È qui che la libertà femminile viene piegata in modo più esplicito.

Anche l’attrice Chiara Francini è intervenuta sul palco all’evento Il Prezzo Della Libertà. (Photo by Benedetta Bressani/Getty Images for Pomellato)

Maternità e lavoro: il punto cieco dell’Italia

Non basta guardare alle coppie per capire il problema. La violenza economica è anche, e soprattutto, sistemica. La ricerca lo dice senza mezzi termini: una donna con figli che non lavora perde 34.000 euro all’anno rispetto a una madre occupata. Il tasso di non occupazione delle madri tra i 25 e i 44 anni è il doppio rispetto alle donne senza figli. E il 32% delle italiane crede che, se la madre lavora full time, la famiglia ne soffra.
È un Paese che punisce la maternità, che trasforma la cura in un debito e il lavoro in un lusso. Eppure, ricorda la professoressa Paola Cillo, «le donne che lavorano sono più soddisfatte della propria vita e della propria famiglia».
La libertà, anche qui, non è un dettaglio.

Serve una cultura dell’indipendenza

Le donne in Italia investono molto meno, tengono più risparmi fermi sul conto, rinunciano più facilmente a strumenti finanziari evoluti e acquisiscono più fiducia quando il conto è cointestato.
«L’educazione finanziaria è prevenzione», ricorda Claudia Segre della Global Thinking Foundation. E probabilmente è anche il primo passo verso la libertà. «Il patriarcato non si abolisce per decreto», afferma il magistrato Fabio Roia, presidente del Tribunale di Milano. La violenza economica è radicata in un sistema patriarcale ancora pervasivo, in cui il potere maschile viene associato al denaro e alla gestione delle risorse.

E c’è un’altra verità: molte donne non denunciano gli abusi perché credono di non poterselo permettere. Qui entrano in gioco strumenti come reddito di libertà, microcredito, welfare aziendale: utili, ma da rafforzare.

Alessia Cappello all’evento Il Prezzo Della Libertà. (Photo by Benedetta Bressani/Getty Images for Pomellato)

Il ruolo delle imprese: Pomellato e l’importanza di “alzare la voce

Nella sua testimonianza, Sabina Belli, Ceo della Maison di gioielleria, è netta: «C’è bisogno di trasparenza salariale, uguale stipendio per uguali competenze e congedo parentale per entrambi i genitori».

Un messaggio che non è slogan: è una chiamata all’azione. Pomellato, che da anni sostiene CADMI, ribadisce la necessità di alleanze tra istituzioni, aziende e società civile. Perché la violenza economica non si combatte solo riconoscendola. Si combatte ricostruendo opportunità. Il 25 novembre è appena passato. Ma il lavoro, quello vero, comincia adesso.

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