La nuova frontiera della guerra è la vulnerabilità cognitiva

Settembre 29, 2025 - 10:30
 0
La nuova frontiera della guerra è la vulnerabilità cognitiva

Una “guerra tiepida” che non si combatte con i carri armati ma con la manipolazione delle percezioni, dei flussi migratori e delle informazioni. Un libro che suona come un manuale civile e politico per comprendere e difendere la fragilità delle nostre democrazie.

Se un tempo gli aerei volavano alti tra New York e Mosca, a garantire un equilibrio fragile e razionale, oggi il pericolo è una variabile emotiva e fisica che non riusciamo più a elaborare. Non arriva solo dall’alto ma ci attraversa quotidianamente, insinuandosi negli schermi dei nostri telefoni, nei flussi migratori trasformati in arma, nelle percezioni di insicurezza che corrodono il rapporto fra cittadini e istituzioni. 

È in questa terra di mezzo che prende forma la “guerra tiepida”, e saggi come “La difesa della democrazia dalle minacce ibride” sono come prontuari medici per l’emergenza del diritto: tentativi di curare le ferite invisibili delle democrazie europee, dove ancora non si distingue con chiarezza tra aggressori e aggrediti e dove il fronte liberale e progressista sembra indulgere in una perenne adolescenza invece che prendere in mano il proprio destino.

Il libro mette a fuoco una dimensione che conosciamo senza saperla nominare: la manipolazione cognitiva come forma di conflitto. Non ci sono carri armati alle porte, ma deepfake che orientano campagne elettorali, droni che sorvolano le città europee per diffondere terrore più che per colpire obiettivi militari, narrazioni tossiche che trasformano il migrante nel nemico. In questo paesaggio ibrido, la disinformazione non è un effetto collaterale: è l’arma.

Ecco perché la categoria di «militanza cognitiva» proposta dall’autore è decisiva. Non un appello retorico alla resistenza, ma la consapevolezza che la difesa delle democrazie non può limitarsi agli apparati militari o di intelligence. «L’individuo libero – leggiamo – «deve diventare il primo presidio, perché se la minaccia principale è la manipolazione della percezione, la risposta non può che essere la responsabilità critica di ciascuno». 

C’è un passaggio del libro che colpisce per lucidità: quando si parla della «disinformazione del migrante» e della «disinformazione dell’elettore». Nel primo caso, intere comunità vengono spinte a intraprendere viaggi impossibili grazie a illusioni fabbricate ad arte. Nel secondo, i cittadini europei vengono bombardati da narrazioni tossiche che alimentano paure e risentimento, fino a credere che la democrazia sia incapace di proteggerli. È qui che la guerra tiepida diventa guerra quotidiana: una destabilizzazione lenta, che erode il patto di fiducia tra governanti e governati.

Un altro nodo cruciale messo in evidenza riguarda le cosiddette «norme-bandiera», quei provvedimenti legislativi che aumentano pene e fattispecie senza alcun reale effetto deterrente. Sono «atti simbolici che funzionano come messaggi politici più che come strumenti giuridici». È il paradosso della politica contemporanea: mentre le minacce sono complesse e ibride, le risposte restano piatte, ridotte a propaganda normativa che non risolve i problemi ma li ingigantisce.

Questo ad esempio vale anche per le sanzioni contro la Russia, misure sacrosante che però a oggi hanno colpito una dimensione invisibile per gli europei e non si sono concentrate nel modificare attivamente il paradigma propagandistico della Russia di Putin. Addirittura il nostro sistema mediatico è così disfunzionale da far sembrare la resistenza del Cremlino ai nostri deterrenti come un atto di forza.

Leggere questo saggio significa immergersi nel tempo della realtà e accettare come ineluttabile che senza una difesa attiva della cittadinanza le democrazie possono collassare dall’interno. Eppure, nelle sue pagine, c’è anche un invito alla speranza. Se la vulnerabilità cognitiva è la nuova frontiera della guerra, allora può diventare anche la frontiera di una nuova cittadinanza, capace di trasformare la paura in partecipazione e la sfiducia in consapevolezza.

La libertà, ci ricorda questo libro, non è mai garantita una volta per tutte. E se oggi ci sentiamo esposti e fragili, è perché non abbiamo ancora compreso fino in fondo che la difesa europea non si gioca soltanto sul piano militare ma nel modo in cui sapremo difendere le nostre coscienze. È questa, la vera militanza che ci attende.

L'articolo La nuova frontiera della guerra è la vulnerabilità cognitiva proviene da Linkiesta.it.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News