Le startup militari europee stanno raccogliendo investimenti senza precedenti

L’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato le priorità di un intero continente. Non solo sul piano politico e militare, ma anche economico e industriale. La guerra ha spinto governi, investitori e imprese a riconoscere che la difesa non è più un settore marginale o da delegare agli Stati Uniti. Ne è nato un ecosistema di start-up militari che cresce a ritmi mai visti in Europa, portando innovazioni direttamente sui campi di battaglia ucraini e attirando miliardi di euro di capitali privati.
Secondo i dati raccolti da PitchBook, citati in un lungo approfondimento del Financial Times, dal 2022 a oggi le start-up europee della difesa hanno ottenuto 2,4 miliardi di euro di finanziamenti, di cui 1,4 miliardi soltanto nei primi sette mesi di quest’anno. Nel 2020 la cifra era di appena trenta milioni: un salto che fotografa come è cambiato il clima. Se fino a pochi anni fa i fondi di venture capital guardavano con sospetto alle aziende che sviluppavano droni o software militari temendo critiche etiche, ritorni finanziari incerti e iter burocratici complessi, oggi queste stesse imprese vengono considerate strategiche, non solo per i profitti che possono generare, ma per la loro capacità di incidere sulla sicurezza europea.
Tre start-up hanno già superato la soglia simbolica del miliardo di euro di valutazione: Helsing, che integra intelligenza artificiale e droni armati; Quantum Systems, specializzata in droni da ricognizione e combattimento; Tekever, produttrice di velivoli senza pilota per sorveglianza e intelligence. Non si tratta più di piccole realtà sperimentali, ma di aziende che producono armi e sistemi impiegati al fronte, dai droni d’attacco ai software di analisi in tempo reale dei dati di combattimento.
La Germania guida più di tutti questa trasformazione. È il secondo Paese fornitore di armi all’Ucraina dopo gli Stati Uniti e ha liberato risorse illimitate per la difesa. Helsing, valutata dodici miliardi di euro, è nata come società di software e ha acquistato un costruttore di aerei. Nel Regno Unito aziende come Tekever e Stark hanno annunciato l’apertura di stabilimenti, a conferma che la domanda è stabile e in crescita.
In Ucraina la guerra ha reso possibile un fenomeno unico: le start-up possono testare le proprie tecnologie in condizioni reali di combattimento, con un feedback immediato dai soldati. È il caso di Wild Hornets, nata nel 2023, che costruisce droni kamikaze finanziati via crowdfunding e collabora con reparti d’élite dell’esercito ucraino. La società afferma di aver neutralizzato oltre millesettecento obiettivi russi, inclusi carri armati e sistemi di artiglieria. «Le aziende che vinceranno saranno quelle capaci di essere praticamente nell’azione», ha spiegato al Financial Times Rana Yared, partner di Balderton Capital, uno dei principali fondi europei di venture capital con sede a Londra. Tradotto: non bastano idee brillanti o prototipi da laboratorio: ciò che conta è poter dimostrare che un drone, un sistema autonomo o un software funzionano davvero sotto il fuoco nemico.
Un altro fattore decisivo è il ruolo dei veterani. Una articolo di Reuters spiega che un quarto delle nuove imprese di difesa in Europa è guidato da ex militari. La loro esperienza diretta corregge errori che a un ingegnere civile potrebbero sembrare dettagli, ma che al fronte possono costare vite. Matt Kuppers, ex ufficiale tedesco e oggi cofondatore di Defence Invest, ha spiegato come un sistema anti-drone austriaco fosse stato progettato senza considerare il surriscaldamento della canna, che ne riduceva la precisione: un difetto che solo un soldato con esperienza operativa poteva rilevare.
L’urgenza di fornire strumenti all’Ucraina, l’afflusso di capitali privati e la competenza militare di chi ha combattuto hanno rivoluzionato i tempi di sviluppo. Tecnologie che un tempo richiedevano anni per essere approvate e prodotte ora vengono modificate in poche settimane, direttamente in base alle esigenze dei soldati ucraini. Non più cicli lenti e burocratici, ma un processo continuo di progettazione, test e adattamento sul campo.
Come in tutte le start-up alcuni prototipi falliscono miseramente, con perdite economiche pesanti: una soldatessa ucraina ha raccontato a Reuters che un veicolo senza pilota costato trecentomila euro si è rivelato inutile al fronte. Le procedure di acquisto restano dominate dai grandi contractor tradizionali, poco inclini a collaborare con start-up agili ma ancora fragili. E in Europa l’opinione pubblica deve ancora metabolizzare l’idea che l’innovazione tecnologica passi anche attraverso la produzione di armamenti.
La direzione, però, è segnata. La Nato ha lanciato un fondo da un miliardo per sostenere nuove imprese militari, i bilanci della difesa nazionale continuano a crescere e l’Europa, sospinta dalla resistenza ucraina, sta costruendo il proprio ecosistema strategico. Kyjiv ha mostrato quanto il continente fosse impreparato, costringendolo a un risveglio che fino al 24 febbraio 2022 sembrava impensabile.
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