Matthieu Blazy è il Big Bang creativo di cui Chanel aveva bisogno

L’universo di Blazy. La nuova galassia di Chanel. La maison di Rue Cambon cambia orbita. Tra i (tanti) meriti della prima collezione di Matthieu Blazy a capo dello storico brand francese c’è la riconoscenza dei fashion editor. Il set costellato di pianeti e satelliti allestito presso il Grand Palais facilita la titolazione delle review che riconoscono universalmente la necessità di una svolta planetaria (le metafore finiscono qui).
Il lascito di Karl Lagerfeld, che aveva plasmato per oltre 30 anni lo stile della maison fondata da Coco Chanel, era stato indubbiamente onorato da Virginie Viard, “braccio destro e sinistro” del Kaiser e direttrice creativa fino al giugno 2024. Lo scorso dicembre è stata annunciata la nomina di Blazy, designer apprezzatissimo da addetti ai lavori, e non solo, per le collezioni ricercate e innovative da Bottega Veneta.
Le aspettative – altissime – non sono state deluse grazie a una sfilata che ha riportato una joie de vivre assente nel marchio da ormai troppo tempo. Un’entusiasmo culminato dalla modella Awar Odhiang che ha ballato sulle note di ‘Rhythm is a dancer’ raggiunta da Blazy prima del canonico saluto finale. Il cambio di marcia è stato evidente sin dai primi look, you can feel it in the air. Nessun segno distintivo di Chanel è stato tralasciato ma ciascuno è stato rielaborato con una freschezza inedita. “Blazy non ha solo creato bellezza. Ha fatto qualcosa di più interessante. Ha riportato in vita Chanel”, scrive il New York Times.
Il cambiamento è stato annunciato dall’iconica borsa ‘2.55’ presentata per la prima volta in versione grunge, aperta e visibilmente vissuta, lontana dall’immagina di borsa pensata per ladies who lunch. E poi il tubino nero, il tailleur in tweed, il jersey, la camelia, le due C intrecciate. Le giacche dei tailleur con pantaloni corti erano ispirate a un blazer personale di Blazy, che lui stesso aveva tagliato in vita e modificato nei bottoni. Le camicie ampie, come quella indossata da Nicole Kidman in prima fila, sono state realizzate in collaborazione con Charvet, il camiciaio di Place Vendôme. Un’eleganza che antepone la praticità al bon ton, la modernità al classicismo: giacche in tweed dalle spalle marcate tagliate in vita e pantaloni morbidi. Tweed lavorato a maglia, tweed oversize e super light. Blazy, come nei tre anni alla conduzione di Bottega Veneta, eccelle nella sperimentazione dei tessuti, basta guardare le gonne decorate con applicazioni cucite a mano in un ipnotico caleidoscopio di colori. Al classico black & white di Chanel, protagonista della immancabile décolleté, si è aggiunto un rosso lacca animato ulteriormente da piume e rouches. Completi con pantaloni, gonne longuette, pencil dress, maxi shirt, bluse e abiti da sera. Finalmente un guardaroba completo per tutte le esigenze: “L’aspetto positivo con i codici di Chanel è che puoi ridurli e sono comunque Chanel”, ha spiegato lo stilista franco-belga, riporta Vogue Us. L’entusiasmo per questa collezione, applaudita in front row da Penélope Cruz, Ayo Edebiri, Pedro Pascal, Marion Cotillard, Tilda Swinton, Margot Robbie e Patty Pravo, solo per citarne alcuni, non svanirà velocemente. In ogni caso Blazy è ormai ufficialmente entrato nel carillon dei frenetici appuntamenti targati Chanel; il 2 dicembre sarà la volta del suo primo défilé Métiers d’Art a New York. Lo spettacolo è, quindi, appena cominciato.
È, infine, interessante constatare quanto sia ormai diventata prassi quotidiana ergersi a recensori di sfilate vantando nel curriculum la semplice iscrizione a un social network. Dal nuovo corso di Gucci by Demna fino all’esordio di Blazy imperversano commenti che decretano cosa sia Chanel e cosa no. Utenti che giudicano senza mezzi termini quanto una direzione creativa sia rispettosa o meno dell’heritage di una griffe. Demna non era abbastanza in linea con la storicità di Balenciaga mentre Pierpaolo Piccioli lo è fin troppo. Dario Vitale ha trasfigurato Versace, Maria Grazia Chiuri aveva semplificato i codici di Dior mentre Jonathan Anderson li ha inutilmente complicati e così via. I nostalgici dei bottoni in madreperla con la doppia C dorata strepiteranno via touch screen per un paio di giorni, poi sarà la volta di indignarsi per una nuova collezione.
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