Omicidio Cinzia Pinna, cosa è successo: il party con droga e alcol, il “buco” di 5 ore e l’ipotesi dello stupro

Settembre 26, 2025 - 15:00
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Omicidio Cinzia Pinna, cosa è successo: il party con droga e alcol, il “buco” di 5 ore e l’ipotesi dello stupro

Un filo sul tavolo del soggiorno, una striscia bianca di polvere e decine di bottiglie di vino sparse in casa: così i carabinieri del Ris hanno ritrovato l’abitazione di Emanuele Ragnedda, mentre nell’azienda di Conca Bentosa giaceva il corpo senza vita di Cinzia Pinna, nudo e segnato dal sangue. L’uomo avrebbe tentato invano di cancellare le tracce, lavando cuscini e superfici, ma il delitto aveva ormai lasciato segni ovunque, persino sulle scale esterne.

Secondo le prime ricostruzioni, il contesto sarebbe stato quello di un party a base di alcol e probabilmente droga, conclusosi in tragedia. Lo stesso Ragnedda ha dichiarato: “Aveva un oggetto contundente, mi ha aggredito e ho dovuto difendermi”. Tuttavia, i magistrati non hanno creduto a questa versione, anche perché l’uomo disponeva di una pistola sportiva, mentre la donna era disarmata.

La ricostruzione delle ore mancanti

Le indagini si concentrano adesso sul “buco nero” di 5 ore, tra l’uscita di Cinzia da un locale di Palau e il suo arrivo all’azienda agricola. Testimoni hanno raccontato di una lite e di urla, altri hanno ripreso la donna con un cellulare mentre barcollava. Le telecamere hanno poi immortalato il momento in cui saliva sull’auto di Ragnedda. Da lì, nessuna traccia fino al ritrovamento del cadavere.

Emanuele Ragnedda
Omicidio Cinzia Pinna, cosa è successo: il party con droga e alcol, il “buco” di 5 ore e l’ipotesi dello stupro (foto ANSA) – Blitz quotidiano

Il racconto della coinquilina è stato fondamentale: “Ti chiamo più tardi e se non rientro, ti telefono”, le aveva detto Cinzia prima di sparire. Quando non ha più risposto a messaggi e chiamate, l’allarme è stato immediato. Alla fine, grazie alle immagini e all’analisi dei movimenti, i carabinieri hanno chiuso il cerchio, individuando Ragnedda come principale sospettato per omicidio e occultamento di cadavere.

La fuga e la resa

Dopo il sequestro dell’azienda, l’uomo ha tentato di rifugiarsi prima su una barca e poi in una villa di famiglia a Baja Sardinia. Il padre Mario aveva provato a convincerlo a consegnarsi, ma Emanuele era agitato e disperato, tanto da urlare: “Mi ammazzo”. Barricato con una pistola, ha resistito fino all’arrivo dei carabinieri in giubbotto antiproiettile. Solo allora, tra urla e momenti di tensione, ha deciso di arrendersi, aprendo la porta e consegnandosi alle forze dell’ordine.

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