Pmi italiane in ritardo rispetto all’Europa: senza una regia perdono in competitività

Roma, 26 set. (askanews) – Le Pmi italiane continuano a soffrire di un divario competitivo rispetto alle controparti europee dovuto a fattori come mancanza di competenze interne, scarsa organizzazione strategica, assenza di una pianificazione chiara, a medio e lungo termine, per lo sviluppo del business. Questo ritardo si riflette in aree chiave come produttività, innovazione digitale e accesso alle risorse. Secondo l’Osservatorio CRIF, informa una nota, il tasso di default delle imprese italiane ha raggiunto il 2,53%, con previsioni di ulteriore aumento fino al 3,9% entro il 2026. Inoltre, l’Italia ha registrato una crescita economica dello 0,7%, inferiore alla media dell’area euro dello 0,9% (Economy and Finance). Questa performance è stata influenzata anche da un utilizzo inefficiente dei fondi europei. Non è un caso l’utilizzo dei fondi Pnrr prosegue con grande lentezza. A fine 2024, secondo Assonime, l’associazione fra le società italiane per azioni, sono stati utilizzati solo 58,6 miliardi, ovvero il 30% delle risorse a disposizione.
Il problema, però, non sono solamente i Fondi ma la scarsa cultura imprenditoriale. Spesso le aziende non sanno neppure come utilizzare i fondi e, nelle richieste di finanziamento, questa mancanza di visione blocca la sua erogazione. Oppure, una volta ottenuti, vengono sperperati senza una chiara visione delle reali necessità della stessa impresa. Diversamente da quelle europee, oltretutto, le attività imprenditoriali italiane operano senza una regia capace di coordinare strumenti diversi, in un disegno unico. Per colmare questo gap sta prendendo piede una nuova figura professionale: l’Opportunity Manager, ideata da Nadia Maselli e Riccardo Falezza – Co-Founder & CEO di Find Facility Net, organizzazione specializzata nel fornire supporto allo sviluppo e all’innovazione delle imprese.
“Non un semplice consulente finanziario come ce ne sono molti – spiega la Maselli – ma un professionista che funga da regista della crescita aziendale, integrando finanza agevolata, innovazione, sostenibilità, digitalizzazione e controllo gestionale in un percorso coerente. Un professionista che ha il compito di cogliere e coordinare le opportunità di sviluppo non solo attraverso i bandi, ma anche grazie a sinergiche pianificazioni economiche in grado di recuperare liquidità”. Il metodo OM, al centro del progetto, rappresenta la vera innovazione: attraverso otto aree strategiche – finanza e controllo di gestione, processi produttivi, sostenibilità, digitalizzazione e IT, marketing e vendite, risorse umane, innovazione e direzione strategica – l’azienda viene analizzata, monitorata e accompagnata passo dopo passo. “Il modus operandi – sottolinea Riccardo Falezza – parte da un’analisi interna approfondita per identificare inefficienze e punti di forza, definisce obiettivi misurabili tramite KPI (Key Performance Indicators) e segue l’implementazione dei progetti con monitoraggio e interventi correttivi in tempo reale. È un modello olistico che considera l’impresa come un sistema interconnesso, capace di tradurre complessità in strategie concrete e sostenibili”.
“Volevamo andare oltre la classica consulenza tradizionale”, aggiungono i due manager. “Molte PMI si perdono nei meandri della burocrazia o affrontano le sfide in maniera isolata, senza un disegno complessivo. Con il nostro metodo aiutiamo gli imprenditori a trasformare ogni opportunità – un bando, una tecnologia, un piano di sostenibilità – in un tassello di un progetto unitario”. La novità è che l’OM non consegna solo un report ma resta accanto all’azienda condividendone rischi e risultati. È un approccio che garantisce misurabilità e trasparenza. Non a caso è prevista anche una clausola di soddisfatti o rimborsati, proprio per rafforzare questo patto di fiducia. In un Paese dove oltre il 90% delle imprese ha meno di 10 dipendenti e non può permettersi una struttura manageriale completa, l’Opportunity Manager diventa il ponte tra la frammentazione delle competenze interne, la complessità dei mercati e la crescita economica aziendale. Il restante 70% del Pnrr è ancora lì a disposizione delle aziende.
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