Perché il blocco navale imposto da Israele davanti alla Striscia di Gaza è illegale

Settembre 27, 2025 - 15:00
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Perché il blocco navale imposto da Israele davanti alla Striscia di Gaza è illegale

Non è un mistero per nessuno che il governo italiano si stia dicendo molto preoccupato dal fatto che la Global Sumud Flotilla continui imperterrita ad avanzare verso Gaza; il primo compito del governo italiano e, aggiungerei, di ogni governo degno di questo nome, è principalmente ed imprescindibilmente quello di tutelare le molte persone italiane presenti a bordo delle unità della Flotilla, senza, naturalmente, trascurare i rapporti diplomatici con lo Stato d’Israele.

Bene ha fatto, dunque, il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, riferendo prima alla Camera e poi al Senato sull’attacco verificatosi nei i giorni 23 e 24 settembre a diverse unità della Flotilla, condannando giustamente quanto accaduto. In questo preoccupante clima geopolitico che si è venuto a creare, Crosetto ha anche affermato, tra le altre cose, che il governo non è in grado di garantire la sicurezza degli attivisti nel momento in cui le barche dovessero lasciare le acque internazionali ed entrare in quelle controllate da Israele con il “blocco navale” imposto davanti la Striscia di Gaza, che è proprio l’obiettivo principale della Flotilla; sappiamo bene che, da anni, Israele considera la forzatura del blocco navale un “atto ostile”.

Cerchiamo ora di capre cos’è questo blocco navale proclamato da Israele e se ci sono i presupposti giuridici per poterlo effettivamente e legittimante proclamare.

Il blocco navale in questione va avanti dal 2009 e nessuna imbarcazione può approdare nei porti di Gaza o entrare nelle sue acque territoriali – misurate in 12 miglia nautiche dalla costa ; ricordiamo che l’approdo a Gaza risulta già essere limitato ancor prima del 2009, facendo risalire questo limite dai primi anni Novanta; infatti, le prime limitazioni alla navigazione al largo della cosiddetta “Striscia di Gaza” furono codificate nel 1995 in seguito accordi conosciuti col nome di “Oslo II”, che seguirono ai più generali accordi di Oslo, i primi in cui Israele e Palestina si riconoscevano come legittimi interlocutori e impostavano l’autogoverno dei palestinesi.

Dopo il 7 ottobre 2023 – la data dell’attacco di Hamas in Israele – è stata vietata ogni tipo di navigazione, estesa anche ai pescherecci di Gaza. Il blocco navale, quindi, oramai dura in modo continuati da 16 anni, producendo effetti pesanti sull’intera popolazione palestinese, che si vede preclusa anche la più pacifica delle attività: la pesca. Occorre richiamare il fatto che attualmente tutte le Ong, importanti esperti di diritto internazionale e molti governi ritengono illegale il blocco navale imposto da Israele, e sottolineano come gli effetti del blocco, tra i quali emergono tra i più devastanti l’impossibilità di far pervenire aiuti, anche alimentari, hanno causato una carestia che miete miglia di vite umane, specialmente tra le fasce più fragili della popolazione: bambini e anziani.  

Alla luce delle conclusioni cui sono addivenuti illustri esperti del diritto internazionale marittimo, non si può configurare alcun blocco navale lecito se si considera che non ricorre alcun conflitto armato marittimo tra Israele e altri Stati; mentre appare ormai chiaro a tutti che l’occupazione della Striscia di Gaza tende all’eliminazione fisica – anche per fame – dei suoi abitanti e che questa, unita all’imposta deportazione di massa (già in atto) della popolazione verso immensi campi di concentramento posti nel nulla (nowhere direbbero gli americani), non possono essere scambiate in alcun modo come fasi di un conflitto armato.

Dopo queste considerazioni appare davvero assai incomprensibile la prudenza manifestata dal governo, per bocca del suo Ministro della Difesa che, nonostante le drammatiche evidenze dei fatti odierni, continua ad avere un atteggiamento prono, al limite del servilismo, verso il governo israeliano che continua a calpestare il diritto internazionale con azioni e atteggiamenti che trascurano volutamente e con arroganza i dettami cui la società civile, all’indomani della II Guerra Mondiale, ha con tenacia e moltissima fatica voluto e saputo costruire.

«Il ministro della Difesa Crosetto – commentano nel merito gli ambientalisti di Greenpeace – invia due fregate a “protezione” della Global Sumud Flotilla, ma poi precisa alla Camera che la Marina militare si fermerà di fronte alle “acque israeliane”. No, signor Ministro, secondo i parametri della Convenzione Onu sul diritto del mare, le acque davanti a Gaza sono dello Stato Palestinese, che però l’Italia non ha ancora riconosciuto. Oltre a garantire adeguata protezione ai connazionali a bordo della Global Sumud Flotilla, il governo Meloni si mobiliti per fermare il genocidio, revocare il Memorandum di cooperazione militare con Tel Aviv, interrompere l’invio di armi, imporre sanzioni mirate contro Israele e faccia pressione perché si arrivi alla soluzione Onu “Due popoli, due Stati”».

 

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia