Quell’Italia stanca della politica urlata, e alla ricerca di un centro moderato

Ottobre 8, 2025 - 09:00
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Quell’Italia stanca della politica urlata, e alla ricerca di un centro moderato

Di cosa parliamo quando parliamo di centro? Parliamo, in poche parole, dell’antidoto al radicalismo, a destra e a sinistra, nel tempo – degli opposti estremismi. Infatti, il centro, o per meglio dire i centri, sono per il momento minoritari, sovrastati dall’eccitazione dei Roberto Vannacci, Matteo Salvini e Ignazio La Russa da una parte, e dal populismo dei Giuseppe Conte, Maurizio Landini e giovani del Nazareno dall’altra. 

Le mitiche piazze, in un certo senso, raccolgono e rilanciano il populismo di sinistra, pur senza portargli voti, perché alla fine si tratta dello stesso girotondo di sempre, e anzi, sarà certo un caso, ma dopo le grandi manifestazioni pro-Pal, la destra ha vinto nelle Marche e in Calabria. Dall’altra parte, a destra, si forma una maggioranza silenziosa che non si sente ma poi si vede nelle urne. È un po’ uno scenario da anni Settanta: però all’epoca c’erano due grandi partiti di massa che incanalavano spinte e controspinte nell’alveo della politica. 

Oggi, invece, tutto è lasciato andare al vento di altre dinamiche extrapolitiche, a partire da Tv e social, senza un principio d’ordine razionale. In questo impazzimento generale è comprensibile che una parte dell’elettorato reclami un’offerta politica non estremista, se possibile autorevole e costruttiva. Cioè quello che per comodità definiamo «centro», reazione uguale e contraria alla politica urlata, aggressiva, volgare, superficiale.

In questi tre anni di governo, Fratelli d’Italia ha dimostrato di non saper costituire una risposta seria in questo senso, perché, malgrado certe più o meno abili tattiche dorotee di Giorgia Meloni, resta un partito in sé estremista, da La Russa a Galeazzo Bignami, ad Andrea Del Mastro: la pellaccia è quella. Della Lega non parliamo nemmeno. Resta Forza Italia a tenere la barra di un certo tipo di moderatismo, a quanto pare, con successo (Calabria) perché interpreta in qualche modo quella domanda di «centro» che esiste nell’elettorato di destra: è un pezzetto di berlusconismo che è sopravvissuto al suo inventore, e pochi lo immaginavano.

Dall’altra parte, molta gente si sta stancando dello schiacciamento populista di un Partito democratico troppo subalterno a Giuseppe Conte e al movimento di piazza purchessia, così che non solo non produce idee nuove, ma finisce per abbracciare un personaggio come Francesca Albanese, definita nel 2022 dal Simon Wiesenthal Center «un’enciclopedia anti-israeliana ambulante». 

Nel cosiddetto campo largo, per varie ragioni storiche, sarà sempre preponderante la cultura della sinistra, adesso una sinistra settaria e incline all’estremismo che, in quanto tale, come detto, sta scontentando molte persone, e soprattutto non conquista voti dall’altra parte. Non essendoci ragionevoli aspettative che il Pd di Elly Schlein cambi linea o faccia autocritica (nemmeno dopo due schiaffi), scaturisce l’esigenza politica, e non solo elettorale, di un’area più ragionevole, dialogante, moderna. 

Vedremo cosa succederà nei rapporti tra le varie formazioni centriste, se Carlo Calenda potrà riavvicinarsi a un centrosinistra meno estremista, cosa che lui esclude. E poi: riuscirà la Casa riformista lanciata da Matteo Renzi a fornire questo tipo di offerta politica? In Calabria, Casa riformista è entrata nel Consiglio regionale, a differenza dell’Alleanza verdi e sinistra della professoressa Donatella Di Cesare. È un piccolo segno di una domanda, non ancora di una tendenza chiara. Ma l’impressione è che la dialettica sarà sempre più tra forze tranquille e forze che urlano.

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Redazione Redazione Eventi e News