Quello dell’Adamello si sta trasformando in un ghiacciaio “temperato”
Stiamo studiando il ghiacciaio dell’Adamello. I ghiacciai delle medie e basse latitudini stanno assumendo sempre più carattere di ghiacciai temperati, cioè ghiacciai che fondono parzialmente durante il periodo estivo e in cui l’acqua percolante è in grado di asportare il contenuto chimico del ghiaccio, invalidando le analisi isotopiche e chimiche. Per questo motivo, i ghiacciai temperati sono stati considerati archivi climatici di secondaria importanza rispetto ai ghiacciai “freddi” in cui la temperatura è sempre significativamente al di sotto del punto di fusione. Tuttavia, recenti studi hanno rivelato che alcuni ghiacciai temperati sono in grado di preservare record climatici basati su particelle insolubili relativamente “grandi”, che non vengono dislocate dall’acqua di fusione.
È questo il caso del ghiacciaio dell’Adamello, il più esteso delle Alpi italiane. Nel 2021, una carota di ghiaccio lunga 224 m è stata estratta dal Pian di Neve, il plateau sommitale del ghiacciaio dell’Adamello. Lo studio preliminare della carota ha messo in evidenza come nel ghiaccio si conservino, per ogni anno, un livello autunnale-invernale costituito quasi esclusivamente da ghiaccio e un livello primaverile-estivo ricchissimo sia di polveri (frammenti microscopici di rocce e occasionali vetri vulcanici) che di particelle vegetali. Queste ultime sono per lo più costituite da polline, spore di felci e di funghi, microcarboni, diatomee e fitoliti. Data la ricchezza di particolato, si è scelto di adottare un approccio nuovo per lo studio di questa carota di ghiaccio e di contare tutte le particelle contemporaneamente.
Questo metodo richiede molto tempo ma fornisce una quantità rilevante di dati che permettono di interpretare, stagione per stagione, gli eventi accaduti nell’intorno del ghiacciaio e anche a maggior distanza. Quanto fatto finora ha permesso di ricostruire variazioni di vegetazione e occasionali incendi avvenuti nell’intorno del ghiacciaio oltre ad eventi di trasporto dal deserto del Sahara, che portano polveri, polline, diatomee, fitoliti e spicole di spugne. Questo studio mostra le potenzialità dei ghiacciai temperati e ne rivaluta l’importanza in un contesto di riscaldamento globale.
di Clara Mangili, Università Milano - Bicocca
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