Rischio blackout: ecco perché le imprese italiane devono considerare anche la cogenerazione


Blackout, non più soltanto un problema estivo: la rete elettrica italiana mostra crescenti fragilità che minacciano la competitività industriale. La cogenerazione emerge come strumento per garantire continuità, efficienza e sostenibilità nella transizione energetica
I blackout, un tempo circoscritti e sporadici, sono diventati fenomeno diffuso e ricorrente.
L’incremento dei consumi elettrici da parte di aziende e utenze civili, sommato a infrastrutture ormai obsolete, ha reso evidente un problema strutturale: la rete nazionale non è stata progettata per sostenere i picchi di domanda né per fronteggiare condizioni climatiche estreme, sempre più frequenti.
Il rischio non si limita alla stagionalità. Secondo un’analisi di Centrica Business Solutions, la congestione peggiorerà nel corso del 2026, con conseguenze significative per l’accesso alla rete e per la stabilità del sistema.
Per le imprese, ciò significa affrontare un quadro di crescente incertezza: interruzioni produttive, danni a macchinari, perdite di materie prime e costi non pianificati.
Una rete elettrica sotto pressione
Il tema non riguarda solo l’Italia. L’Agenzia Internazionale per l’Energia prevede che la domanda globale di elettricità aumenterà del 3,3% nel 2025 e del 37% nel 2026.
A spingere questa crescita sono l’elettrificazione dei trasporti, con veicoli elettrici sempre più diffusi, e l’espansione dei data center, alimentata dall’avanzata dell’intelligenza artificiale.
In questo scenario, la rete italiana mostra ritardi strutturali. Il rapporto Adeguatezza 2024 di Terna segnala il calo della capacità termoelettrica, che resta essenziale per la stabilità e richiama l’urgenza di potenziare i sistemi di accumulo.
Senza interventi, l’integrazione massiccia di energie rinnovabili intermittenti – fotovoltaico ed eolico in primis – rischia di compromettere l’equilibrio complessivo.
Investimenti e nuove misure
Il Piano di Sviluppo 2025 di Terna prevede 23 miliardi di euro di investimenti per incrementare la capacità di scambio tra zone di mercato da 16 GW a circa 39 GW. Tuttavia, si tratta di progetti a lungo termine, la cui realizzazione richiederà oltre un decennio.
Nel medio periodo, misure innovative come il Macse (Meccanismo di Approvvigionamento di Capacità di Stoccaggio Elettrico), in funzione dal settembre 2025, rappresentano un passo importante.
Consentiranno di gestire i flussi tramite time shifting e di ridurre la congestione, creando un mercato dedicato alla capacità di accumulo su larga scala.
Nonostante ciò, la resilienza della rete resta lontana dall’essere garantita. Le aziende non possono più permettersi un atteggiamento attendista: la stabilità operativa deve essere perseguita anche con soluzioni complementari alla rete pubblica.
La cogenerazione come risposta industriale
In questo quadro, la cogenerazione – o Combined Heat and Power (Chp) – si configura come tecnologia strategica. Il principio è semplice: produrre simultaneamente energia elettrica e calore utile da un’unica fonte di combustibile, spesso gas naturale, recuperando energia termica che altrimenti andrebbe dispersa.
I benefici sono molteplici:
- continuità operativa; integrata con sistemi di load shedding e di accumulo, la cogenerazione può operare in modalità isola, garantendo energia ai processi critici anche in caso di blackout
- efficienza energetica; i rendimenti complessivi sono superiori alla produzione separata di elettricità e calore, con una significativa riduzione dei consumi
- riduzione dei costi; l’ottimizzazione dei flussi energetici comporta un risparmio misurabile sulle bollette
- stabilità dei costi; l’autoproduzione mitiga la dipendenza dalle fluttuazioni di mercato
- sostenibilità ambientale; la riduzione dei consumi si traduce in minori emissioni di CO2, a beneficio della strategia Esg aziendale
La vera forza della cogenerazione emerge quando è integrata in sistemi più ampi di gestione energetica. I sistemi di load shedding consentono di disconnettere in modo selettivo carichi non essenziali – illuminazione di aree secondarie, compressori non critici, climatizzazione di magazzini – per concentrare le risorse disponibili sulle linee produttive strategiche.
L’integrazione con sistemi di accumulo a batteria (Bess) o supercondensatori permette la creazione di micro-reti aziendali, capaci di garantire autonomia anche per periodi prolungati. In prospettiva, queste configurazioni rappresentano un tassello fondamentale per la transizione verso modelli industriali resilienti e sostenibili.
Le prospettive per l’industria italiana
Il quadro che si delinea non lascia spazio a interpretazioni ottimistiche. I blackout non sono più un fenomeno circoscritto, ma il sintomo di una vulnerabilità strutturale che tenderà a intensificarsi. Le imprese italiane rischiano di trovarsi intrappolate in un sistema che rallenta la transizione energetica e compromette la competitività.
In questo contesto, l’adozione di tecnologie di cogenerazione, integrate in soluzioni di gestione intelligente dell’energia, appare non come un’opzione ma come una necessità strategica.
La tradizione manifatturiera italiana, abituata a coniugare innovazione e resilienza, può trovare in queste soluzioni un percorso di continuità storica e di rilancio competitivo.
Il tempo degli interventi d’emergenza si avvia alla conclusione. Ciò che serve oggi è un approccio strutturale: investimenti mirati, tecnologie già disponibili e una visione industriale capace di trasformare una vulnerabilità in un’occasione di rinnovamento.
Crediti immagine: Depositphotos
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