Sburlati (Confindustria Moda): “L’Epr un’opportunità di business per l’Italia”

Ottobre 8, 2025 - 18:00
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Sburlati (Confindustria Moda): “L’Epr un’opportunità di business per l’Italia”
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Dati, tracciabilità, nuove tecnologie, metodi armonizzati: sono questi i macrotemi su cui brand e filiera lavorano in sinergia per una transizione green del comparto moda.

E sono stati anche gli argomenti, tra i tanti altri, della dodicesima edizione dell’evento 4sustainability – sistema multidimensionale di implementazione diventato un marchio di assurance delle performance green delle aziende – ‘Tracing Fashion to a Responsible Future’, annuale momento d’incontro per gli operatori del settore che fanno il punto su progressi e obiettivi in termini di sostenibilità, ormai diventata la grande sfida del settore.

Al centro del panel, dati, strategie, case study e metodi, e uno sguardo critico sulla strada che ancora c’è da fare. Questa volta a ospitare l’evento è stato lo stabilimento produttivo di Eurojersey, azienda del Gruppo Carvico specializzata in tessuti tecnici e indemagliabili, a Caronno Petrusella, in provincia di Varese.

Protagonista dell’iniziativa è stato Ympact, ecosistema targato 4sustainability che connette i brand alle loro filiere, permettendo di tracciare i dati chiave di prodotti e processi, monitorare la compliance di filiera, misurare e ridurne gli impatti, ottimizzare l’operatività delle aziende. Il tutto in linea con le richieste del mercato e gli sviluppi normativi.

Si tratta dell’unica piattaforma che può implementare il framework 4sustainability, attraverso cui le aziende possono misurare le proprie performance sulle dimensioni chiave della sostenibilità del settore. Questo brand riunisce le aziende del gruppo YHub, che ha visto l’ingresso nella compagine societaria di Foro delle Arti (holding di Brunello Cucinelli spa), Matteo Marzotto, Federico Marchetti, Giorgio Armani spa e Fondazione del Tessile Italiano.

Dopo i saluti introduttivi dei ‘padroni di casa’ Francesca Rulli e Andrea Crespi, rispettivamente ideatrice del framework 4sustainability e direttore generale di Eurojersey, tanti i relatori che si sono avvicendati sul palco. Ha aperto le danze Valentina Boschetto Doorly, associate partner Italy del Copenhagen Institute for Futures Studies, che ha illustrato i quattro mega trend che caratterizzano il nostro periodo storico  – cambiamento climatico, variazione demografica, tecnologia e intelligenza artificiale, deglobalizzazione – e spiegato, per ciascuno di essi, le implicazioni per il settore moda.

Focus poi sul Digital Product Passport (DPP), reso obbligatorio dal regolamento europeo ecodesign (Espr): un tema al centro del dialogo tra Michele Zuccheri, head of business development per Certilogo, e Carolynn Bernier, coordinator del CIRPASS-2 Consurtium, moderato da Martina Schiuma, global strategic and partnership di  Ympact.

E poi il tema della raccolta sistematica dei dati, affinché diventi un punto di partenza per autentici percorsi migliorativi, su cui hanno dibattuto Elisa Gavazza, Southern Europe and quality management director Zdhc e Daniele Massetti, regional lead Italy per Apparel Impact Institute, Alessandro Barrani, industrial sustainability manager di Prada ed Elisa Santi, sustainability manager di Beste.

Si è poi parlato di due diligence di filiera mettendo a confronto il punto di vista della consulenza, rappresentata da Deloitte con il partner Franco Amelio, con cui Ympact ha appena lanciato un white paper sulle buone pratiche di monitoraggio e quella di un brand come Giorgio Armani.

La sua sustainability director, Rossella Ravagli, ha sottolineato come il sistema di monitoraggio dei fornitori debba partire da un commitment importante da parte dell’azienda. Per consolidare la propria architettura e consolidare le buone pratiche adottate da tempo, il Gruppo Armani ha razionalizzato il parco fornitori, imposto clausole contrattuali chiare ed effettuato controlli non annunciati. A partire da quest’anno, inoltre, tutto il processo è supportato da Ympact per la raccolta dati e la tracciabilità, volta a digitalizzare e ottimizzare le procedure adottate.

Perché i sistemi di monitoraggio funzionino, però, devono essere armonizzati tra loro, onde evitare che i fornitori rischino di trovarsi sommersi da richieste eterogenee, ripetitive e puramente compilative. L’armonizzazione è il concetto che guida Ympact nella definizione di 4s ETHIC, il nuovo pillar 4sustainability attraverso il quale il fornitore può attestare la propria compliance (ambientale, sociale e reputazionale) in linea con le richieste del mercato, della due diligence e del protocollo di legalità. Sul tema si sono confrontati Luca Sburlati, presidente di Confindustria Moda nonché guida del Gruppo Pattern, Paolo Tondi, Italy certification sales manager di Bureau Veritas Andrea Sianesi, professor of operations and supply chain management al Politecnico di Milano.

Luca Sburlati, presidente di Confindustria Moda, ha messo in chiaro come il settore – che in Italia dà lavoro a 1,2 milioni di persone e vale il 5% del pil, secondo i dati di Cassa Depositi e Prestiti – debba fare fronte alla concorrenza dei grandi colossi cinesi dell’ultra fast fashion, che possono permettersi prezzi stracciati in virtù dei loro bassissimi standard ambientali e sociali e dell’assenza di dazi doganali sulle piccole spedizioni, su cui l’Unione europea sta lavorando.

Il made in Italy, “attualmente sotto attacco”, può passare dalla reattività alla proattività, lavorando insieme per un grande piano che guardi ai prossimi dieci anni. Tre le misure su cui accelerare – ha spiegato – ci sono il sistema di responsabilità estesa del produttore (Epr), il monitoraggio delle fabbriche (comprese quelle dei fornitori) e un sistema di auditing comune.

Sul regime Epr (di ‘responsabilità estesa del produttore’) in particolare, Sburlati è stato molto chiaro, come ha sottolienato a Pambianconews a margine del panel: “Con Confindustria Moda abbiamo messo in chiaro che la proposta per l’Epr italiano deve essere rapidamente approvata. I consorzi sono pronti a partire da tempo, e l’avvento del nuovo assetto si trasformerà in un’opportunità di business che prenderà la forma di una nuova filiera, che darà nuova vita ai prodotti tessili”.

Gli fa eco Crespi: “Questo cambiamento di paradigma è necessario per ottimizzare il fine vita dei prodotti, in un processo che può creare nuovo materiale anche per altri settori”. Lo schema di decreto, in seguito all’approvazione del testo legislativo comunitario a Bruxelles, è ora nelle mani del ministero dell’Ambiente; ciascuno Stato membro ha 30 mesi per recepire la normativa europea, “e noi – concordano i due manager – speriamo di essere tra i primi”.

Alcuni Paesi sono riusciti già un paio d’anni fa a giocare d’anticipo sul testo Ue, come Francia, Olanda e Ungheria, mentre l’Italia (prima della classe nella raccolta differenziata) era rimasta al palo ma ora conta di dare il via all’Epr tra la fine del 2025 e, più verosimilmente, l’inizio del 2026.

Tra le misure più rilevanti intraprese in questi mesi c’è anche il Protocollo d’intesa per la legalità dei contratti di appalto nelle filiere produttive della moda, sottoscritto alla Prefettura di Milano a fine maggio e a cui ha contribuito anche Andrea Sianesi, professore di operations and supply chain management presso il Politecnico di Milano. Sianesi ha sottolineato che, grazie alla collaborazione di tutti gli attori, il protocollo di legalità ha il potenziale per “trasformare il made in Italy nel campione mondiale della sostenibilità sociale, perché tutela chi opera responsabilmente e isola chi non lo fa”. A patto, però, che non manchino incentivi a favore delle produzioni sostenibili.

Ha chiuso l’evento Matteo Ward, CEO di Inside Out Fashion Textiles & Home, che ha invitato la platea a riflettere sull’unica risposta possibile alle sfide della contemporaneità e del comparto: una presa di coscienza che si trasformi in un’azione collettiva.

“I numeri parlano: la filiera sta cambiando”, riassume a Pambianconews Francesca Rulli -. “La nostra esperienza è esplicativa: noi negli ultimi cinque anni siamo passati dal lavorare con tre-quattro brand a cinquanta e con la nostra piattaforma Ympact, partita meno di tre anni fa, all’inizio del 2026 conteremo cinquemila fornitori italiani”.

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Redazione Redazione Eventi e News