Spie nella Commissione europea per conto di Orbán: a Bruxelles scoppia un nuovo caso Ungheria

Bruxelles – Nuovo capitolo del complicato rapporto tra l’Unione europea e Viktor Orbán: Budapest avrebbe spiato per anni la Commissione europea, attraverso agenti dei servizi segreti sotto copertura presso la Rappresentanza permanente d’Ungheria a Bruxelles. C’è di più, in quel periodo – tra il 2012 e il 2018 – a guidare il corpo diplomatico ungherese presso l’Ue era Olivér Várhelyi, attuale commissario europeo nell’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen e già commissario nella prima Commissione von der Leyen.
La rivelazione shock proviene da un’indagine condotta dal collettivo giornalistico ungherese Direkt36, in collaborazione con alcuni quotidiani, tra cui il tedesco Der Spiegel, l’austriaco Der Standard e il belga De Tijd. Una bomba a cui la Commissione europea ha dovuto reagire immediatamente: “Istituiremo un gruppo interno per esaminare queste accuse”, ha annunciato oggi un portavoce di palazzo Berlaymont, aggiungendo che l’esecutivo “prende molto sul serio tali accuse”.
A dire il vero, non è la prima volta che l’Ufficio Informazioni (IH) ungherese viene accusato di condurre operazioni di spionaggio su funzionari europei per conto di Orbán. Lo stesso Direkt36, l’anno scorso, aveva documentato un caso simile: tra il 2015 e il 2017, i servizi segreti di Budapest avevano sorvegliato e intercettato il personale dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), che al tempo stava investigando su una società di proprietà del genero del primo ministro per sospetto uso improprio di fondi comunitari. La vicenda è stata perfino oggetto di dibattito all’Eurocamera, nel gennaio 2025.
Questa volta però, le rivelazioni riguardano un bersaglio molto più ingombrante. E coinvolgono – o quanto meno lambiscono – anche l’uomo di fiducia di Orbán a Bruxelles, Olivér Várhelyi, che dal 2019 è membro del collegio dei Commissari di Ursula von der Leyen. Prima come commissario per l’Allargamento, attualmente come responsabile per la Salute e il benessere animale. Tra il 2015 e il 2019 però, Várhelyi si trovava già a Bruxelles in qualità di Rappresentante Permanente dell’Ungheria presso l’Unione Europea. È decisamente improbabile che, data la sua posizione, non fosse a conoscenza delle attività di spionaggio che si svolgevano nella sua ambasciata.
Sulla base di interviste condotte con decine di addetti ai lavori – ex membri della Rappresentanza permanente ungherese e dell’IH, diplomatici di altri Paesi membri di stanza a Bruxelles e funzionari stessi della Commissione europea -, l’inchiesta ha ricostruito uno schema per cui membri dell’intelligence ungherese, ufficialmente impiegati presso la Rappresentanza, cercavano di reclutare cittadini ungheresi che lavoravano nell’esecutivo europeo per carpire informazioni utili agli interessi del governo.
Secondo le testimonianze riportate da Direkt36, gli agenti sotto copertura diplomatica cercavano di corrompere i connazionali funzionari dell’Ue con denaro, opportunità di avanzamento di carriera o appelli al loro dovere patriottico. In realtà, l’obiettivo era garantire – come nel caso dello spionaggio ai danni di OLAF – che lo stesso Orbán ricevesse con anticipo informazioni su qualsiasi azione di Bruxelles che potesse minacciare i suoi interessi. Tra il 2012 e il 2018 infatti, i rapporti tra il leader sovranista e la Commissione europea precipitarono, con diverse dispute su libertà dei media, stato di diritto e indipendenza giudiziaria, uso improprio dei fondi Ue.
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