Valentino, Alessandro Michele illumina Parigi con le sue lucciole di speranza

Come si resta rilevanti all’interno di una fashion week con otto debutti? Alessandro Michele – come sempre – gioca la carta della narrazione che va oltre la collezione, delle riflessioni che valicano le descrizioni, dei riferimenti culturali che sorpassano quelli meramente stilistici. Per la sfilata primavera estate 2026 Valentino è tornato all’Institut du Monde Arabe di Parigi, la location è però l’unica assonanza con lo show di sei mesi fa. La riproduzione di un bagno pubblico piastrellato illuminato da luci rosse è stata sostituita da un ampio spazio tenebroso e apparentemente vuoto. La collezione ‘Fireflies’ (lucciole, ndr) viene preceduta dalla voce di Pamela Anderson, seduta in prima fila con Lana Del Ray, Giancarlo Giammetti, Colman Domingo, Alessandro Borghi e Luca de Meo, nuovo CEO di Kering.
“Il primo febbraio del 1941, in un’epoca oscura in cui imperversa la guerra e le contraeree strappano il silenzio ai cieli, un giovane studente della Facoltà di Lettere di Bologna invia una lettera a un amico di infanzia”, narra l’attrice canadese. Tra le altre cose, scrive: “nella notte di cui ti ho parlato, abbiamo visto una quantità immensa di lucciole, che facevano boschetti di fuoco dentro boschetti di cespugli, e le invidiavamo perché si amavano, perché si cercavano con amorosi voli e luci”. Lo studente è in realtà Pier Paolo Pasolini e le lucciole da lui rappresentano ai suoi occhi, la capacità di resistere alla notte più buia, “luminescenze erratiche e gravide di vita, frammenti intermittenti di poesia incarnata, baluginii inafferrabili e, per questo, capaci di sopravvivere al buio del fascismo imperante”, spiega Michele nella lettera condivisa dopo il défilé.
Già dai primi look è evidente un repulisti stilistico, i modelli che sfilano lungo il percorso quadrato indossano abiti inconfondibilmente ideati dal designer romano senza però la consueta abbondanza di elementi iperdecorativi. Color blocking, superfici metalliche, trasparenze, fiocchi, rouches, panneggi. Il lessico creativo di Michele è al completo ma in forma essenziale. I rimandi all’heritage di Valentino sono ancor più amalgamati al nuovo dna della maison. La leggerezza dello styling esalta i ricami handmade, le applicazioni luccicanti, i dettagli sartoriali, le nuove versioni delle borse ‘DeVain’ e ‘Panthea’.
Nell’universo parallelo in cui sembrano svolgersi le fashion week Michele ha lanciato un messaggio inaspettato e, quindi, ancor più apprezzato nei giorni che hanno visto milioni di persone scendere in piazza per la pace in Palestina. Il designer porta alla luce un articolo di Pasoli del 1975 che scandaglia la situazione politica e la devastante omologazione culturale dell’epoca.
È vero, afferma, il fascismo degli anni trenta e quaranta è stato sconfitto. Ma quello stesso fascismo è stato in grado di risorgere in maniera radicalmente e imprevedibilmente nuova. Il riferimento è al conformismo che stava devastando i valori, le anime e i linguaggi: una nuova notte così impenetrabile da divorare completamente le differenze e le danze luminose delle lucciole in cerca d’amore. È la teorizzazione definitiva sulla ‘scomparsa delle lucciole’, spiega Michele.
Lo storico dell’arte Georges Didi-Huberman non crede al pessimismo dell’intellettuale bolognese e afferma che non è possibile arrendersi al suo tono apocalittico con il quale viene sancito il trionfo delle tenebre. La scomparsa delle lucciole profetizzata da Pasolini altro non sarebbe che l’incapacità di leggere nel buio alcuni segnali di speranza. Non sono morte le lucciole. È morta la nostra capacità di vederle. Non siamo più in grado di “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”, come scriveva Italo Calvino.
“Occorre dunque disarmare gli occhi e riaccendere lo sguardo. Solo in questo modo potremmo capire come il buio del nostro presente sia in realtà intramato da sottili sciami di lucciole: indizi che annunciano altri mondi a venire, tracce di una bellezza che resiste all’omologazione, epifanie sensibili capaci di riconnetterci all’umano. La moda, in questo senso, può diventare un’alleata preziosa. È suo il compito di illuminare ciò che ama nascondersi, portando in superficie timidi indizi di futuro. È sua la capacità di profanare l’esistente, sprigionando scintille di incanto e segni luminosi carichi di grazia. Si tratta di fugaci bagliori nelle tenebre, costellazioni di lucciole in grado di aprire varchi di possibilità e di nutrire politicamente l’immaginazione”, spiega sul finale la voce di Anderson mentre tutti i modelli riempiono lo spazio camminando confusamente prima di fermarsi e guardare in alto, in cerca delle lucciole che improvvisamente appaiono sulla sala (grazie allo studio Nonotak, autore anche degli ipnotici giochi di luce durante la sfilata).
“Sto cercando di fare i conti con l’esterno e il mio essere un fashion designer, Valentino ha sempre messo al centro la bellezza ed è ora mio compito dare senso a questa bellezza”, ha commentato Michele nel backstage prima degli scatti insieme a de Meo, Rachid Mohamed Rachid, CEO di Mayhoola for Investments, e Riccardo Bellini, neo AD di Valentino. “Siamo tutti delle lucciole, abbiamo bisogno di accendere la luce. Quando ero piccolo amavo correre nella natura, che però a volte sembrava remarti contro a causa del buio, ma c’era un momento in cui vedevo una lucciola e capivo dov’ero. Da trent’anni svolgo questo mestiere e mi chiedo cosa poter creare con la bellezza e cerco ancora di accendere la luce”.
Nei giorni scorsi lo stilista aveva etichettato i rumours relativi a una possibile uscita dalla maison come gossip perché “alla gente piace spettegolare. La moda è diventata pop, ma l’asticella della conversazione si è tragicamente abbassata”.
“Il mio lavoro è pubblico e chi ha un’opinione dovrebbe esprimerla, è una forma di libertà, fondamentale in questo momento storico – ha spiegato a Wwd -. Quello che sento mancare è il rispetto necessario in una conversazione; siamo diventati pericolosamente aggressivi, arroganti e prepotenti. Vorrei che il linguaggio diventasse meno denigratorio e che il mondo tornasse a essere gentile”.
Michele riesce a polarizzare i pareri di addetti ai lavori, fashionisti e semplici curiosi come pochi. Cori da stadio e previsioni infondate andrebbero oscurati ma, allo stesso tempo, i social potrebbero essere una risorsa importante. Ad esempio per diffondere un messaggio di speranza, per spronarci a cercare nuove lucciole, per provare a diventarlo.
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